18 Aprile 2016

Il rilancio del procedimento”municipale” di separazione e divorzio nell’epoca delle unioni civili

di Rita Lombardi Scarica in PDF


Il d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla l. 10 novembre 2014, n. 162 – la riforma sulla degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato – consente alle coppie in crisi di conseguire la separazione, il divorzio o la modificazione delle relative condizioni attraverso due nuove procedure, una dinanzi agli avvocati l’altra innanzi all’ufficiale dello stato civile. La fruibilità di quest’ultima, assai limitata all’atto della sua introduzione, è stata successivamente estesa. Una recentissima interpretazione giurisprudenziale, consentendo ai coniugi di non comparire personalmente innanzi all’ufficiale di stato civile, sollecita ulteriormente il suo utilizzo, il che potrebbe ripercuotersi sulla introducenda disciplina delle unioni civili.

Il d.l. n.132 del 2014, recante “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” (su cui, tra gli altri, v. Dalfino (a cura di), Misure urgenti per la funzionalità e l’efficienza della giustizia civile, Torino, 2015; Consolo, Un d.l. processuale in bianco e nerofumo sullo equivoco della”degiurisdizionalizazione”, in Corr.giur. 2014, 1173; Luiso, Processo civile efficiente e riduzione arretrato, Torino, 2014), convertito, con significativi emendamenti, in l. 10 novembre 2014, n. 162, ha operato significative riforme in materia di crisi matrimoniale (tra i primi commenti in argomento v. Lombardi, Separazione consensuale e divorzio congiunto senza l’intervento del giudice, in Quest. dir. fam., 2014; Danovi, Il d.l. n.132/2014: le novità in tema di separazione e divorzio, in Fam. dir., 2014, 949; Id., I nuovi modelli di separazione e divorzio: una intricata pluralità di protagonisti, in Fam. e dir. 2014, 1141; Lupoi, Separazione e divorzio all’epoca della degiurisdizionalizzazione, in Quest dir. fam., 2015; Poliseno, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, 1; Casaburi, Separazione e divorzio innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, ivi).

Il legislatore ha inciso sulla materia della separazione personale e dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio introducendo nel sistema italiano due nuovi procedimenti diretti al conseguimento della separazione, del divorzio e alla modificazione delle relative condizioni: la  convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati” e il procedimento innanzi all’ufficiale dello stato civile” (art. 6 e 12 d.l. cit.).

Siffatti modelli sono stati costruiti per operare fuori dalla sfera giurisdizionale e, dunque, fruibili esclusivamente ove i coniugi sono in pieno accordo tra loro in ordine alla modifica del proprio status, in ordine alle condizioni di separazione o divorzio o alle relative modifiche, in ordine al modello procedimentale da utilizzare.

E’ evidente, comunque, che essi hanno determinato una rottura con l’epoca in cui la modificazione dello status di coniuge rientrava nell’ambito della giurisdizione costitutiva necessaria, anche in presenza di pieno accordo tra i coniugi (cfr. l’art. 158, co. 1, c.c., l’art. 711, co. 4, c.p.c., l’ art. 4 l. n. 898/1970)

In origine l’accesso ad ambedue i procedimenti era consentito soltanto alle coppie senza figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti, maggiorenni incapaci, portatori di handicap. Inoltre il secondo di essi risultava ulteriormente limitato anche dalla insussistenza nell’accordo di patti di trasferimento patrimoniale tra coniugi.

In sede di conversione del d.l. n.132/2014 il primo procedimento è stato significativamente innovato: si è ampliato il suo ambito applicativo anche alle coppie con figli minorenni o bisognosi di tutela; si è fissata la necessaria assistenza di due avvocati; si è introdotto il controllo del pubblico ministero sull’intesa raggiunta dai coniugi attraverso gli avvocati, controllo di intensità variabile in base all’ assenza di figli minori o bisognosi di tutela (nulla osta – vaglio della regolarità formale dell’accordo) o alla loro presenza (autorizzazione – vaglio della regolarità formale dell’accordo e della rispondenza all’interesse dei figli); si è prevista la trasmissione degli atti al presidente del tribunale nell’evenienza in cui il p.m. ravvisi la non conformità degli accordi all’interesse delle prole (art. 6 l. 162/2014; v. Lupoi, Separazione e divorzio, 2 ss.) .

Anche il procedimento c.d. “municipale” (“autogestito” o “fai da te”: cfr. Lupoi, Separazione e divorzio, § 12) è stato ritoccato. Si è puntualizzato che l’accordo va recepito dal Sindaco (il quale però è abilitato a farsi sostituire ex d.P. R. n. 396/2000); si è introdotta la facoltà per le parti di farsi assistere da un avvocato (cfr. la circolare del Ministero dell’interno n.19 del 28 novembre 2014 la quale puntualizza che della presenza del legale occorre darne conto nell’atto da redigere); si è disposto che nei procedimenti di separazione e divorzio (non anche in quelli di modifica delle relative condizioni) l’ufficiale di stato civile, ricevuto l’accordo delle parti, fissa un termine a comparire di fronte a sé oltre i trenta giorni dalla ricezione dello stesso per la conferma dell’accordo.

Sennonché l’ambito applicativo di quest’ultimo modello era stato circoscritto significativamente dall’ indicazione interpretativa fornita dalla menzionata circolare n. 19/2014 che aveva escluso dagli accordi tra i coniugi “qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano patrimoniale, […] come l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento, ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti”.

Tale restrizione, che avrebbe reso la procedura applicabile solo ai casi di esclusiva modifica dello status di coniuge e completamente inutilizzabile per la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio, è stata eliminata con la circolare dello stesso ministero n. 6/2015 la quale ha specificato che il divieto non include l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento) che di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile). Inoltre si è precisato che i coniugi possono richiedere la modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio già stabilite, segnatamente “chiedere l’attribuzione di un assegno periodico (di separazione o di divorzio) o la sua revoca o ancora la sua revisione quantitativa”.

E’ poi caduto il limite di accesso al procedimento innanzi all’ufficiale di stato civile in presenza di figli di uno solo dei coniugi (di cui alla circ. n. 19; cfr. Crescenzi, La degiurisdizionalizzazione nei procedimenti di famiglia, in Quest. giust., 15 gennaio 2015) .

Il ricorso alle indicate procedure alternative è stato poi alimentato dall’introduzione del divorzio breve avvenuto con la l. n. 55/2015 che “premia” le coppie che si separano in via consensuale, e dunque anche attraverso i due nuovi moduli procedimentali, consentendo loro di proporre la domanda di divorzio in un tempo pari alla metà di quello da osservare in ipotesi di separazione giudiziale, ossia sei mesi invece di dodici mesi (v. il modificato art. 3 l. n. 898/1970; sul coordinamento tra la legge n. 55/2015 e i procedimenti di cui al d.l. n. 132/2014 si rinvia a Danovi, Al via il “divorzio breve”: tempi ridotti ma manca il coordinamento con la separazione, in Fam. dir., 2015, 607 ss., e a Lombardi, Il divorzio breve, Ravenna, 2015, 16 ss.; cfr. altresì le linee guida della Procura della Repubblica del tribunale di Milano sulla convenzione di negoziazione assistita).

Il procedimento innanzi all’ufficiale di stato civile viene ora ulteriormente definito, egualmente nell’ottica di favorirne l’accesso, dal decreto del 19 gennaio 2015 del tribunale di Milano che fornisce più di una significativa puntualizzazione in ordine al suo funzionamento.

Nella specie sottoposta ai giudici milanesi uno dei coniugi agisce in persona di un procuratore speciale designato con procura consolare e di poi non compare personalmente dinanzi all’ufficiale dello stato civile, sicché quest’ultimo rifiuta di dare corso al divorzio.

Il tribunale, adito con ricorso proposto da entrambi i coniugi (di cui uno in persona del procuratore speciale), in via preliminare si preoccupa di fissare la disciplina relativa al rifiuto dell’ufficiale civile di recepire l’intesa dei coniugi (di separazione o divorzio) e al suo regime impugnatorio.

Al riguardo chiarisce che: a) il rifiuto de quo rientra tra le facoltà dell’ufficiale dello stato civile riconosciute in via generale all’art. 7 del d.P.R. n. 396/2000; b) di conseguenza, il regime impugnatorio contro tale rifiuto è quello generale di cui agli artt. 95 e 96 del citato d.P.R. (e non quello di cui all’art. 98 c.c. indicato nel ricorso), ossia il ricorso al tribunale il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato previa audizione degli interessati e del pubblico ministero.

Il tribunale passa poi alla verifica del se sia ammessa o meno la procura speciale per perfezionare validamente l’accordo di separazione o divorzio dinanzi all’ufficiale dello stato civile (ma deve reputarsi che il dubbio si ponga anche per le modificazioni delle relative condizioni).

Rimarcato che la questione non consta di precedenti, che al riguardo la dottrina non è unanime, che i dati normativi “sono scarni” –  segnatamente l’ art. 111, co. 2, c.c. che consente la celebrazione del matrimonio per procura se uno dei nubendi risiede all’estero (e concorrono gravi motivi) e l’art. 4 l. div. che non preclude la rappresentanza speciale –  i giudici di Milano traggono la soluzione dalla ratio della riforma del 2014, per la quale le nuove procedure devono offrire alle parti le stesse possibilità che competono in sede giurisdizionale e devono distinguersi per la semplificazione.

 

In questa prospettiva il tribunale (visto anche il parere del pubblico ministero nel medesimo senso) conclude che i coniugi dinanzi all’ufficiale di stato civile possono avvalersi della rappresentanza di un procuratore speciale – così come potrebbero munirsi di procura speciale davanti all’autorità giudiziaria – il quale, in virtù della stessa può svolgere tutte le attività che il rappresentato dovrebbe porre in essere al cospetto dell’autorità amministrativa. Conseguentemente accoglie il ricorso ordinando all’ufficiale dello stato civile di dare corso al procedimento instaurato dai coniugi ex art. 12 d.l. n. 132/2014.

Occorre però segnalare che sulla possibilità per i coniugi di avvalersi di un procuratore speciale nei procedimenti di separazione e divorzio su accordo delle parti innanzi al giudice non vi è uniformità di vedute: cfr. Trib. Pavia, 9 aprile 2003, decr., in Foro it., 2003, I, 2171, ove si afferma che i coniugi sono tenuti a prestare il loro consenso alla separazione dinanzi al presidente, onde non possono farsi sostituire da un procuratore speciale; contra Trib. Potenza, 12 novembre 2002, decr., in Giur. mer. 2003, 1429. Quanto al divorzio congiunto, posto che se i coniugi non compaiono dinanzi al collegio, e non sussiste un giustificato motivo, il ricorso è improcedibile (Trib. Trapani, 11 giugno 2001, in Giur. mer., 2002, 999; Trib. Busto Arsizio, 18 ottobre 1996, in Foro it., 1997, I, 3000), appare controverso se i coniugi possano farsi sostituire in udienza da un procuratore speciale. Difatti per un verso si è assunto che stante il carattere personale del divorzio i coniugi devono comparire personalmente (Cass., 11 novembre 1981, n. 5973, in Dir. fam., 1982, 437), per altro verso che la parte, previa autorizzazione del tribunale, possa essere rappresentata da un procuratore di propria fiducia (Trib. Verona, 2 aprile 1988, cit.). A favore della proposizione della domanda di separazione consensuale da parte di un procuratore speciale v. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1965, p. 338; Scardulla, La separazione personale dei coniugi ed il divorzio, Milano, 2008, 723 ss.  In giurisprudenza in tal senso v. Cass., 11 novembre 1981, n. 5973, in Dir fam., 1982, 473; App. Roma, 12 gennaio 1998, in Giust. civ., 1988, I, 587; App. Firenze, 20 febbraio 1992, in Dir. fam. 1992, 642. Per un approfondimento sul punto v. Lombardi, I procedimenti fondati sull’accordo delle parti, in Trattato della separazione e divorzio, II, cura di Lupoi, Rimini, 2015, 509 ss.

 

Resta ora da verificare se il principio enunciato dai giudici di Milano troverà seguito presso altri Comuni.

Ad ogni modo nella prospettiva dell’ingresso nel nostro ordinamento delle unioni civili la decisione segnalata appare rilevante. Difatti il testo sulla regolamentazione di tali unioni approvato il 25 febbraio 2016 al Senato (S 2081) rinvia oltre che alla l. n. 898/1970 e alle disposizioni di cui al titolo II del libro quarto del c.p.c., agli artt 6 e 12 del d.l. n.132/2014, ossia ai due nuovi istituti qui considerati.

Così fino a quando le adozioni saranno precluse a siffatte coppie verosimilmente il procedimento municipale rappresenterà il canale privilegiato per la soluzione delle loro crisi. Va, peraltro, segnalato che per queste ultime il legislatore prospetta il solo divorzio diretto, ossia lo scioglimento del vincolo senza previa separazione e dinanzi all’ufficiale dello stato civile, il che evidentemente riaccenderà il dibattito su tale tipo di divorzio anche per le coppie eterosessuali (previsto dal poi espunto co. 2 dell’art. 1 del ddl. sul divorzio breve).

 

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