10 Giugno 2025

Il giudice non può assegnare una parte della casa familiare al padre per soddisfare i suoi interessi di natura economica o abitativa

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. I, ordinanza del 09/05/2025 n.12249

(art. 9 L. n.898/1970 e art. 337 sexies c.c.)

Massima: “Il giudice non ha il potere costituire un diritto di abitazione per il padre sulla casa familiare assegnata al genitore collocatario nell’interesse dei figli. L’assegnazione della casa familiare si basa sul preminente interesse dei figli alla conservazione del proprio habitat domestico, restando esclusa ogni valutazione relativa alla ponderazione degli interessi di natura solo economica o abitativa dei genitori.”

CASO

Un uomo propone un ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio, chiedendo la riduzione dell’assegno di mantenimento della figlia, al momento maggiorenne non economicamente autosufficiente, e la revoca dell’assegnazione della casa familiare, in ragione delle difficoltà economiche in cui versava.

Il tribunale ha respinto le domande proposte ma la Corte d’Appello di Reggio Calabria, pur ritenendo che non sussistessero ragioni per revocare l’assegnazione della casa all’ex coniuge convivente con la figlia, ha “assegnato” una parte dell’immobile al padre, anche in considerazione delle sue esigenze abitative.

La Corte ha quindi previsto la suddivisione in due diverse unità assegnando il primo piano al ricorrente, considerando anche che il nucleo familiare originario esistente all’epoca del divorzio, si era ridotto perché già due figlie maggiorenni e autosufficienti avevano lasciato la casa.

La donna, rimasta contumace in appello si rivolge alla Corte di Cassazione la quale accoglie il ricorso. Secondo la ricorrente la decisione viola l’art. 337 sexies c.c. per la parziale assegnazione della casa coniugale al genitore non collocatario della prole e comunque comporta un potere dispositivo che il giudice non ha per legge.

Infine, in base agli accordi assunti in sede di divorzio, si prevedeva l’automatica cessazione della assegnazione solo quando tutti i figli fossero diventati autosufficienti.

SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE

L’assegnazione è solo a tutela degli interessi del figlio.

Secondo la Cassazione la Corte d’appello è incorsa in diversi errori.

L’assegnazione della casa familiare al genitore convivente con i figli è prevista dal legislatore in ragione del loro primario interesse alla conservazione dell’ambiente domestico. Non entrano in gioco quindi altri interessi, come quelli di natura economica di genitori e figli.

La Corte di merito si è limitata ad affermare che un’assegnazione parziale fosse confacente agli interessi della figlia perché il nucleo familiare si era ridotto e di conseguenza ci fosse spazio disponibile per il padre.

La Cassazione ritiene errata in diritto la decisione. In tema di assegnazione la legge non prevede un giudizio di ponderatezza tra interessi di natura economica dei coniugi o dei figli, ma il diritto viene attribuito tenendo conto delle esigenze dei figli di rimanere nel quotidiano ambiente domestico in seguito alla divisione del nucleo familiare (art. 337 sexies c.c.)

Non è esclusa nella prassi una assegnazione parziale della casa familiare, previa valutazione degli interessi dei figli, ma la restante parte dell’immobile non assegnato rimane regolata dal titolo di proprietà originario, e non dal provvedimento del giudice del divorzio che invece, come in questo caso, avrebbe disposto un diritto di abitazione in capo al padre.

QUESTIONI

Il provvedimento della Corte calabrese presentava effettivamente profili di novità.

La decisione, allo stato, può essere considerata praeter legem in quanto il giudice del divorzio interviene non a regolare la proprietà e i diritti reali tra i coniugi, ma solo nell’interesse dei figli decidendo sul mantenimento e sull’assegnazione della casa familiare al genitore con i quali convivono i figli. Solo in sede di accordi consensuali i coniugi possono regolare le loro questioni patrimoniali, anche trasferendo proprietà e diritti reali.

L’assegnazione della casa coniugale è quindi uno strumento di protezione della prole e non può conseguire altre finalità.

In assenza di figli, infatti, il giudice non potrà disporre l’assegnazione della casa coniugale.

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