17 Giugno 2025

Testamento olografo: riflessioni sul requisito dell’autografia

di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDF

Tribunale di Ferrara, Sezione civile, Sentenza 04/03/2025, n. 233

Massima: “In materia di testamento olografo, la presenza delle firme di testimoni apposte in calce al documento, dopo la sottoscrizione del testatore, non inficia la validità del testamento stesso. L’autografia richiesta dall’art. 602 c.c. per la validità del testamento olografo riguarda esclusivamente la parte contenente le disposizioni di ultima volontà, che devono essere redatte e sottoscritte interamente di pugno dal testatore. Le firme dei testimoni, se collocate in una parte diversa del documento e non influenti sul contenuto delle disposizioni, non costituiscono motivo di nullità.[1]

(Articoli di riferimento: 602 c.c.)

CASO

Il signor [omissis] ha promosso giudizio nei confronti dei signori [omissis], deducendo e chiedendo che venisse accertata e dichiarata la nullità del testamento olografo redatto dal signor [omissis], sul quale risultavano apposte, in pari data e sulla medesima scheda testamentaria, le sottoscrizioni di due testimoni.

A fondamento della domanda l’attore ha dedotto che il testamento olografo, contenente la revoca di ogni precedente disposizione testamentaria, fosse affetto da nullità per violazione dei requisiti prescritti dalla legge, in particolare per carenza di autografia del testatore.

Il signor [omissis], costituitosi in giudizio, ha resistito alle censure della parte attrice contestando che la presenza delle sottoscrizioni di due testimoni in calce al testamento olografo impugnato potesse integrare il difetto di autografia, dal momento che le firme dei testimoni erano state apposte in parte distinta e separata del documento.

SOLUZIONE

In merito alla dedotta nullità del testamento olografo redatto e sottoscritto dal de cuius, sul quale compaiono anche le firme di ulteriori soggetti, il Tribunale si è pronunciato nei termini che seguono.

Ai sensi dell’art. 602, comma 1, c.c., il testamento olografo, per essere valido, deve essere redatto per intero, datato e sottoscritto dal testatore. Tali requisiti formali sono diretti a garantire l’autenticità e la personalità dell’atto, nonché a tutelare la libertà testamentaria, escludendo il rischio di contraffazioni, alterazioni o interferenze da parte di terzi. In particolare, l’autografia deve riguardare l’intero contenuto del documento testamentario e non solo la sottoscrizione, risultando essenziale affinché le disposizioni possano considerarsi espressione genuina e spontanea della volontà del testatore. La violazione di tali requisiti comporta la nullità del testamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, c.c..

Nel caso di specie, parte ricorrente ha dedotto l’asserita nullità del testamento per difetto di autografia, assumendo che le firme di due testimoni, apposte in calce alla scheda testamentaria, avrebbero condizionato la formazione della volontà del testatore, inficiando così la validità dell’atto. Tuttavia, tale deduzione non è risultata fondata. Dagli atti di causa risulta documentalmente provato e non contestato che le sottoscrizioni dei testimoni siano state apposte successivamente alla redazione e sottoscrizione del testamento da parte del de cuius, il quale ha redatto integralmente di proprio pugno il contenuto dell’atto. È altresì pacifico che i predetti soggetti non abbiano aggiunto né modificato alcuna parte del contenuto testamentario, né inserito annotazioni all’interno della scheda.

Quanto all’ulteriore profilo dedotto da parte attrice, concernente la presunta influenza psicologica esercitata dai testimoni sul testatore in sede di redazione del testamento, il Tribunale ha rilevato come tale circostanza, pur ipoteticamente rilevante sotto il profilo del dolo determinante di terzi, non sia stata in alcun modo specificamente allegata né adeguatamente provata. La mera affermazione, priva di riscontri, secondo cui i testimoni “erano inevitabilmente presenti alla stesura del documento e ben avrebbero potuto inficiarne i contenuti”, risulta del tutto generica e inidonea a dimostrare l’esistenza di artifizi o raggiri idonei ad alterare la volontà testamentaria.

Pertanto, accertata la presenza dei requisiti di forma prescritti ex lege e non emergendo elementi tali da configurare un vizio della volontà, la domanda di nullità del testamento olografo deve essere rigettata, in quanto infondata in fatto e in diritto.

QUESTIONI

Il testamento olografo rappresenta, notoriamente, la forma testamentaria più semplice e immediata, in quanto consente al testatore di redigere autonomamente e in totale riservatezza le proprie disposizioni di ultima volontà, senza necessità dell’intervento di un pubblico ufficiale né dell’osservanza di particolari formule solenni. La disciplina codicistica infatti, ai sensi dell’art. 602, comma 1, c.c., richiede esclusivamente l’integrale redazione manoscritta ad opera del testatore, la sottoscrizione e l’indicazione della data; requisiti formali, questi, la cui presenza – in particolare dei primi due, come si specificherà in seguito – è finalizzata a garantire l’autenticità soggettiva dell’atto e l’effettiva riferibilità delle disposizioni al disponente.

È altrettanto noto, però, che a tale snellezza formale corrispondono inevitabilmente alcune criticità: da un lato, sul piano contenutistico, in quanto il testatore – di regola privo di specifiche competenze giuridiche – può incorrere in ambiguità, improprietà espressive o incoerenze rispetto agli schemi normativi tipici; dall’altro, sul piano della sicurezza e conservazione del documento, che, in quanto semplice scrittura privata, resta esposto al rischio di smarrimento, sottrazione, distruzione, alterazione o falsificazione[2].

Si coglie qui l’occasione offerta dalla pronuncia in commento per svolgere alcune considerazioni in merito ai requisiti dell’olografia e dell’autografia, i quali costituiscono il presupposto indefettibile della forma testamentaria in esame.

Come anticipato, è imprescindibile, ai sensi dell’art. 602 c.c., che il testamento sia “olografo”, vale a dire interamente scritto a mano dal testatore. La scrittura di pugno dell’intero contenuto dell’atto – inclusa ovviamente la sottoscrizione – riveste carattere essenziale al fine di garantire l’autenticità soggettiva delle disposizioni testamentarie, ossia la loro effettiva riconducibilità alla volontà del disponente. Ne deriva che ogni forma di intermediazione meccanica o l’inserimento anche di una sola parola ad opera di terzi comportano il venir meno del requisito in esame, con conseguente nullità del testamento ai sensi dell’art. 606 c.c.[3].

Nel rispetto del requisito dell’olografia, si riconosce pacificamente che chiunque sia in grado di scrivere di proprio pugno e comprendere il significato delle disposizioni possa validamente redigere un testamento di tal tipo. È il caso, ad esempio, anche dei soggetti non vedenti, i quali, pur essendo esclusi dalla possibilità di redigere un testamento segreto (ex art. 604, ultimo comma, c.c.), sono pienamente capaci di fare testamento olografo, purché la scrittura e la sottoscrizione siano frutto di un atto consapevole. Di contro, si ritiene inidoneo alla redazione di un testamento olografo il soggetto analfabeta che si limiti a ricopiare, senza comprenderlo, un testo altrui: in tal caso, la volontà non è espressa consapevolmente e manca, pertanto, un elemento essenziale. In dottrina si fa riferimento, al riguardo, al principio dell’“olografia (rectius: autografia) cosciente”, a significare che è nullo il testamento redatto da chi, per ragioni soggettive (analfabetismo, incapacità di intendere e di volere), non sia in grado di comprendere il contenuto di ciò che scrive, pur trattandosi di scrittura materiale di proprio pugno[4].

Va inoltre sottolineato come le modalità materiali attraverso cui si realizza l’elemento dell’olografia siano del tutto irrilevanti ai fini della validità dell’atto. È infatti pacificamente ammessa la scritturazione mediante qualsiasi strumento (penna, matita, gesso, carbone, ecc.) e su qualunque supporto (carta, stoffa, legno, ecc.), purché idonei a fissare in modo durevole e leggibile la scrittura, in modo tale da garantire l’individuabilità della grafia e la sua riferibilità al testatore, attraverso i caratteri della personalità e dell’abitualità. In linea teorica, il testamento potrebbe validamente essere redatto persino su una parete, con vernice o addirittura con il sangue, purché risulti leggibile, duraturo e scritto interamente di proprio pugno. Nel caso in cui il testamento sia redatto su supporto non trasportabile, si ritiene ammissibile la pubblicazione mediante riproduzione fotografica, sebbene in dottrina tale possibilità non sia esente da discussioni. Né rileva, in termini di validità, l’eventuale eccentricità delle forme espressive o dei mezzi utilizzati: il testatore può scrivere come preferisce (ad esempio in stampatello), potendo anche adottare modalità espressive inusuali o apparentemente bizzarre, non essendo il testamento atto destinato a produrre affidamento nei confronti di terzi durante la vita del disponente[5].

Il testamento olografo può inoltre essere redatto su più fogli distinti, a condizione che tra essi sussista un collegamento materiale (quale la numerazione progressiva, la presenza di una rilegatura o la conservazione in uno stesso involucro) oppure un collegamento sostanziale, ossia un’unità logico-concettuale tra le disposizioni tali da rendere inequivocabile la loro appartenenza a un unico atto testamentario riconducibile alla stessa volontà. Il documento può anche coesistere con altri scritti, come una missiva contenente indicazioni personali, oppure assumere la forma esterna di una lettera, indirizzata a chiunque, purché risulti interamente scritta a mano, datata e sottoscritta. In ogni caso, né la ricezione da parte del destinatario né l’effettivo invio della lettera assumono rilievo, non trattandosi il testamento di un atto recettizio[6].

Come già accennato, non è sufficiente che il testamento risulti interamente scritto di pugno: occorre, infatti, che esso sia effettivamente autografo, nel senso tecnico e giuridico del termine. È evidente che la mano che redige il documento non possa che essere quella del testatore medesimo, poiché solo in tal modo può dirsi rispettata la natura strettamente personale e non delegabile dell’atto. Il testamento infatti, per sua stessa essenza, si configura come atto unilaterale a carattere personalissimo, in quanto destinato a contenere le ultime volontà di un soggetto in vista della propria successione mortis causa. Diversamente dalle comuni scritture private, che possono anche essere redatte da terzi per conto dell’interessato e successivamente sottoscritte, il testamento olografo si contraddistingue per la sua unipersonalità, richiedendo che l’intera scheda sia redatta da un’unica persona, ossia il de cuius. Non a caso, ai fini della sua efficacia, il testamento olografo fa piena prova della sua provenienza solo ove siano riconosciute, con certezza, tanto la sottoscrizione quanto la grafia dell’intero contenuto[7].

Sotto il profilo più strettamente tecnico, il requisito dell’autografia richiede la sussistenza di due elementi fondamentali: da un lato, la personalità, intesa come sicura riferibilità del testo al testatore, cioè la sua inequivoca provenienza soggettiva; dall’altro, l’abitualità, ovvero la riconoscibilità della grafia come quella normalmente utilizzata dal medesimo soggetto nella sua ordinaria attività scrittoria. Tali elementi, nella loro combinazione, sono finalizzati ad assicurare l’autenticità e la spontaneità dell’atto, a garanzia tanto del testatore quanto dei destinatari delle disposizioni. Non è invece richiesto che la scrittura presenti particolari requisiti di regolarità o calligrafia; non è necessaria una grafia elegante, né una perfetta leggibilità, purché sia possibile, in concreto, decifrare il testo e desumerne la volontà del disponente. Il testatore può redigere validamente il proprio testamento anche utilizzando un linguaggio non tecnico, un dialetto locale o persino una lingua straniera, purché il contenuto risulti comunque intelligibile, almeno a posteriori, in sede interpretativa o perizia grafica. Il requisito dell’autografia non è dunque da confondersi con la “bella scrittura”, bensì attiene alla genuinità e riconoscibilità della mano che ha redatto l’atto[8].

Su questo terreno si innesta il delicato problema della possibile presenza di eterografie all’interno della scheda testamentaria. In linea generale si deve ritenere che la partecipazione materiale di terzi alla redazione dell’atto, anche solo parziale, determini la violazione del requisito dell’autografia e, di conseguenza, la nullità del testamento ex art. 606 c.c.. L’aggiunta da parte di soggetti diversi dal testatore di parole, espressioni o segni, con qualunque mezzo e anche in buona fede, compromette irrimediabilmente la validità del documento testamentario, in quanto inficia la garanzia di autenticità e integrità delle volontà espresse. È dunque fondamentale che la scheda sia frutto esclusivo della mano e della mente del testatore, senza alcun apporto esterno, neppure marginale.

In materia è necessario osservare che si versa nella fattispecie della c.d. eterografia non soltanto allorquando l’atto sia materialmente redatto da un soggetto diverso dal testatore, ma anche nel caso in cui un terzo si limiti a condurre la mano del disponente o a sorreggere lo strumento scrittorio, concorrendo così alla formazione dei caratteri, anche senza sovrapporsi esplicitamente alla volontà del de cuius. In simili circostanze, la mano del testatore risulta strumentalizzata, divenendo veicolo passivo e inerte, e ciò configura un’ipotesi di sostituzione materiale, piuttosto che di mero ausilio. Lo stesso deve dirsi nei casi in cui il testatore si limiti a ricalcare a penna un testo precedentemente redatto a matita da un terzo: anche in tali ipotesi si è in presenza di una forma surrettizia di eterografia[9].

La presenza anche solo parziale di elementi eterografi all’interno della scheda testamentaria ne comporta, per pacifico orientamento, la nullità integrale, essendo richiesto che il documento sia interamente redatto di pugno dal testatore, senza che possa attribuirsi rilievo alla minore incidenza contenutistica della parte non autografa. La validità dell’olografo non tollera, infatti, deroghe quantitative, essendo il requisito dell’autografia riferito all’interezza dell’atto. In senso contrario, tuttavia, si è ritenuto che non integri causa di nullità l’intervento del terzo che si limiti ad accompagnare la mano del testatore, con funzione meramente correttiva o stabilizzante (ad esempio per ridurre tremolii o scarti grafici), purché tale assistenza non incida sull’autenticità della volontà manifestata. In queste ipotesi, il contributo del terzo si esaurisce in un ausilio puramente materiale, che non altera né la riferibilità né la spontaneità dell’atto. Allo stesso modo, è ritenuto valido il testamento redatto dal testatore copiando una minuta predisposta da un terzo, qualora quest’ultimo si sia limitato ad assistere il disponente nella formulazione linguistica, e non vi sia stata alcuna compromissione della sorgente volitiva dell’atto. In questi casi, si ritiene salvaguardata l’autonomia decisionale del testatore[10].

Un profilo ulteriore e problematico riguarda la presenza di sottoscrizioni apposte da soggetti terzi nella scheda testamentaria.

In linea generale, va ribadito che i requisiti di olografia e autografia devono sussistere anche in relazione all’elemento della sottoscrizione, la quale deve essere apposta manualmente e personalmente dal testatore, coerentemente con quanto previsto per la redazione del corpo dell’atto. La mancanza della sottoscrizione autografa non può essere surrogata da altri elementi, anche se idonei a dimostrare la provenienza dell’atto: si è anzi sostenuto che, in tal caso, non si sarebbe in presenza di un testamento nullo, bensì addirittura inesistente, poiché verrebbe meno la funzione di solenne convalida delle disposizioni, intesa quale dichiarazione finale di volontà e consapevole completamento dell’atto. Ne deriva che il testamento olografo deve necessariamente recare la sottoscrizione del testatore, la quale deve consentire l’identificazione del suo autore senza margini di equivoco, costituendo manifestazione di paternità e di piena assunzione di responsabilità in ordine alle disposizioni patrimoniali. La sottoscrizione sarà quindi valida anche se apposta con pseudonimi, soprannomi, nomignoli o vezzeggiativi, purché questi siano divenuti elementi stabili e univoci di identificazione del soggetto. Così, ad esempio, sarà ritenuta idonea la firma “mamma”, se riferibile con certezza alla testatrice; analogamente, nel caso di religiosi, è ammessa la sottoscrizione con il nome attribuito dall’ordine; per soggetti noti con nome d’arte o pseudonimo, la firma sarà valida se idonea a ricondurre con sicurezza all’identità del testatore. Sarà invece invalida la sottoscrizione con pseudonimo non abitualmente usato o non riferibile in modo certo alla persona del disponente[11].

La sottoscrizione deve essere apposta in calce alle disposizioni testamentarie. Sarà pertanto invalido un testamento nel quale la firma, pur presente in calce ad altri fogli, manchi nella pagina finale, a meno che non sussistano particolari circostanze (ad esempio, mancanza di spazio) che giustifichino la collocazione della firma nella pagina successiva o a margine, sempreché emerga comunque la chiara intenzione di chiudere l’atto. Al contrario, la firma apposta nel corpo del testo e non anche alla fine comporta la nullità del testamento, benché essa possa eventualmente attribuire efficacia alle sole disposizioni precedenti, qualora queste possiedano i requisiti per costituire atto separato e autonomo. Per il medesimo principio, eventuali aggiunte o postille redatte successivamente alla sottoscrizione e non nuovamente sottoscritte sono da ritenersi nulle[12].

Quanto alla presenza di ulteriori sottoscrizioni sulla scheda testamentaria, specie quelle di soggetti terzi, queste potrebbero configurare una interferenza indebita nell’atto personalissimo del testatore, con la conseguente nullità del testamento per compromissione del requisito dell’autografia, indipendentemente dalla circostanza che la sottoscrizione del testatore sia comunque presente[13]. Tuttavia, la giurisprudenza di merito in commento e la giurisprudenza di legittimità[14] hanno assunto un orientamento meno rigido, ritenendo che la mera presenza della firma di terzi non inficerebbe necessariamente la validità del testamento olografo, in assenza di una prova concreta di condizionamento della volontà del testatore, trattandosi di segno grafico isolato e inidoneo, di per sé, a intaccare l’autenticità dell’atto. Ciononostante, tale prassi si rivela inopportuna e potenzialmente foriera di contestazioni, potendo alimentare dubbi sull’effettiva genuinità del documento, con necessità, in ogni caso, di una valutazione caso per caso, alla luce delle circostanze specifiche.

[1] Massima tratta da One legale.

[2] Cfr. GENGHINI-CARBONE, Le successioni per causa di morte, Vicenza, 2022

[3] Cfr. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2023

[4] Cfr. Codice civile a cura di RESCIGNO, art. 602 c.c., Milano, 2006; CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, art. 602 c.c., Milanofiori Assago, 2016

[5] Cfr. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2023

[6] Cfr. Codice civile a cura di RESCIGNO, art. 602 c.c., Milano, 2006; CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, art. 602 c.c., Milanofiori Assago, 2016

[7] Cfr. Codice civile a cura di RESCIGNO, art. 602 c.c., Milano, 2006; CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, art. 602 c.c., Milanofiori Assago, 2016

[8] Cfr. GENGHINI-CARBONE, Le successioni per causa di morte, Vicenza, 2022

[9] Cfr. GENGHINI-CARBONE, Le successioni per causa di morte, Vicenza, 2022

[10] Cfr. Codice civile a cura di RESCIGNO, art. 602 c.c., Milano, 2006; CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, art. 602 c.c., Milanofiori Assago, 2016

[11] Cfr. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2023

[12] Cfr. Codice civile a cura di RESCIGNO, art. 602 c.c., Milano, 2006; CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, art. 602 c.c., Milanofiori Assago, 2016

[13] Cfr. GENGHINI-CARBONE, Le successioni per causa di morte, Vicenza, 2022

[14] Cfr. Cass. civ.,

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