19 Ottobre 2021

I limiti della garanzia per vizi nella compravendita immobiliare

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. VI, 16 giugno 2021, n. 17058 – Pres. Lombardo – Rel. Falaschi

Parole chiave: Compravendita – Vizi della cosa venduta – Facile riconoscibilità – Garanzia – Esclusione

[1] Massima: In caso di vendita di un bene immobile di non recente costruzione, i difetti materiali conseguenti al concreto e accertato stato di vetustà, ovvero alla risalenza nel tempo delle tecniche costruttive utilizzate, non integrano un vizio rilevante ai fini previsti dall’art. 1490 c.c., essendo la garanzia esclusa quando, a norma dell’art. 1491 c.c., il vizio era facilmente riconoscibile, salvo che, in quest’ultimo caso, il venditore non abbia dichiarato che la cosa era immune da vizi.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1490, 1491, 1492

CASO

L’acquirente di un immobile edificato negli anni sessanta agiva in giudizio nei confronti della venditrice, onde ottenere la risoluzione del contratto di compravendita, sostenendo che il bene vendutogli era afflitto da gravi vizi ascrivibili a infiltrazioni di umidità, tali da renderlo inidoneo all’uso.

Il Tribunale di Ancona accoglieva la domanda, ma la sentenza di primo grado veniva riformata all’esito del giudizio di appello, dal momento che veniva accolta l’eccezione di decadenza dalla garanzia per facile riconoscibilità dei vizi sollevata dalla venditrice.

L’acquirente proponeva, quindi, ricorso per cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione delle disposizioni dettate in materia di garanzia per vizi nella compravendita.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione non ha reputato meritevole di accoglimento il ricorso, ritenendo che i giudici di merito avessero fatto corretta applicazione del principio in base al quale l’acquirente di un bene non può invocare la garanzia per vizi quando questi ultimi, ovvero le loro cause, fossero facilmente riconoscibili applicando un minimo sforzo di diligenza.

QUESTIONI

[1] Nella vicenda sottoposta all’esame dei giudici di legittimità, l’acquirente di un immobile di risalente costruzione aveva chiesto la risoluzione del contratto di compravendita, in quanto il bene era risultato afflitto da gravi problemi di umidità.

La domanda, accolta in primo grado, veniva rigettata in appello, essendo stato accertato che la situazione dell’immobile era tale da consentire all’acquirente di rilevare facilmente fin da subito la presenza delle problematiche che solo successivamente aveva lamentato, tant’è vero che, nel corso delle trattative che avevano condotto alla conclusione del contratto, era stata convenuta una riduzione del corrispettivo, proprio in considerazione delle condizioni nelle quali versava il fabbricato.

Si trattava, infatti, di un appartamento inserito in un complesso condominiale di non recente costruzione, che, per il periodo in cui era stato realizzato, non presentava caratteristiche costruttive propriamente eccellenti, al punto che la venditrice aveva evidenziato che erano stati eseguiti alcuni interventi volti proprio a ovviare al problema dell’umidità; nel contempo, la medesima venditrice non aveva dato alcuna assicurazione circa l’inesistenza dei difetti poi denunziati.

In considerazione di tali elementi, il compratore avrebbe dovuto esaminare con particolare cura e attenzione lo stato e le condizioni di manutenzione dell’immobile, al fine di riscontrare, se non i fenomeni infiltrativi in seguito manifestatisi, quantomeno le possibili cause degli stessi, che, in quanto facilmente riconoscibili e percepibili con un minimo sforzo di diligenza, non consentivano (anche se, al limite, ignorate) di invocare la garanzia accordata dall’art. 1490 c.c., per effetto della regola dettata dall’art. 1491 c.c.

Infatti, secondo i giudici di merito, poiché le condizioni dell’immobile non apparivano rassicuranti e le anomalie costruttive erano percepibili anche dall’esterno, non occorrevano competenze tecniche particolarmente elevate per accorgersene e non si sarebbe dovuto effettuare uno sforzo eccessivo per individuarle.

In questo senso, l’inosservanza, da parte del compratore, dell’onere di diligenza normalmente esigibile – e da apprezzarsi caso per caso, avuto riguardo alle particolari circostanze della vendita, alla natura della cosa e alla qualità dell’acquirente – determina l’esclusione dell’operatività della garanzia per i vizi che fossero facilmente riconoscibili, ovvero di semplice percezione, in applicazione del principio di autoresponsabilità, salvo solo il caso in cui il venditore abbia dichiarato che il bene ne era immune.

A tale riguardo, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, per escludere l’applicabilità della norma di cui all’art. 1491 c.c., non è sufficiente la mera dichiarazione circa il buono stato o funzionamento della cosa venduta, ma è necessario che il venditore abbia dato una specifica assicurazione circa l’assenza di vizi, tale da determinare un particolare affidamento del compratore, indotto a soprassedere dall’esame della cosa e a non scoprirne, in questo modo, gli eventuali difetti (si veda, in questo senso, Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2020, n. 1627).

Sotto altro profilo, per impedire al compratore di invocare la garanzia per vizi, per effetto di quanto stabilito dall’art. 1491 c.c., non è necessario che il difetto possegga la caratteristica dell’apparenza, ovvero che sia immediatamente percepibile ictu oculi, a seguito di un esame rapido e sommario del bene, dovendosi reputare idonei, a tali fini, anche quelli che, pur non emergendo a prima vista, sono nondimeno apprezzabili applicando un normale sforzo di diligenza, come tale esigibile dal compratore.

D’altro canto, pur non potendosi predicare in astratto fino a quale punto debbano spingersi gli accertamenti da effettuare per ritenere soddisfatto tale onere, si può, in linea di massima, escludere la facile riconoscibilità quando sia necessario ricorrere all’opera di esperti o all’espletamento di indagini penetranti demandate a tecnici del settore, in applicazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, dovendosi avere riferimento alla percepibilità da parte dell’uomo medio (si veda, da ultimo, Cass. civ., sez. VI, 6 febbraio 2020, n. 2756): in simili evenienze, pertanto, ossia quando per la percezione del vizio risulti indispensabile effettuare verifiche approfondite, che richiedono il possesso di specifiche competenze, non potrà affermarsi la facile riconoscibilità del difetto.

Per quanto concerne i risvolti di carattere processuale, mentre spetta al compratore che esercita le azioni edilizie fornire la prova dell’esistenza dei vizi (come autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 11748 del 3 maggio 2019, il cui commento si trova pubblicato nell’edizione del 10 settembre 2019), tocca al venditore dimostrare il fatto impeditivo dell’operatività della garanzia, ossia la facile riconoscibilità del vizio; sarà, invece, il compratore a dovere fornire la prova dell’eventuale dichiarazione del venditore volta ad assicurare l’assenza di vizi, onde potersi avvalere della clausola di salvezza recata dall’art. 1491 c.c.

Da ultimo, è opportuno evidenziare le differenze che caratterizzano la disciplina della garanzia per vizi quando la compravendita abbia per oggetto, rispettivamente, beni mobili o beni immobili.

In entrambi i casi, il termine per la denuncia del vizio è di otto giorni, ma se nella compravendita di beni immobili esso decorre sempre dalla scoperta, nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro il dies a quo coincide con quello del ricevimento dei beni da parte dell’acquirente, quantomeno per i vizi e i difetti di qualità apparenti.

A questo proposito, la recente pronuncia di Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 2021, n. 1616, ha fornito importanti precisazioni in relazione alla fattispecie in cui la cosa sia stata imballata dal venditore e consegnata al vettore o allo spedizioniere per il trasporto, affermando che, quando si tratta di vizi apparenti (cioè percepibili immediatamente, al semplice esame della cosa) e non occulti (ossia riscontrabili solo mediante indagini più complesse, ovvero emergenti solamente a seguito dell’utilizzo e dell’impiego della cosa), il termine di decadenza di otto giorni per la denuncia del vizio decorre, per effetto di quanto disposto dagli artt. 1510 e 1511 c.c., da quando i beni entrano nella disponibilità del compratore, vale a dire nel momento in cui sono rimessi al vettore o allo spedizioniere per il trasporto, quand’anche siano imballati e l’imballaggio non sia trasparente.

Infatti, la ratio della disciplina consiste nel non lasciare incerta la sorte del contratto, sicché il termine per la denuncia dei vizi deve farsi decorrere non già da quando l’acquirente esegue materialmente l’eventuale ispezione, bensì quando è nelle condizioni di farlo (anche non direttamente, ma tramite un terzo, che può essere, al limite, lo stesso vettore o spedizioniere di cui si avvalga per il trasporto, se del caso mediante indagini o esami a campione).

In questo modo, si evita che la decorrenza del termine possa essere artificiosamente procrastinata dal compratore (volutamente o meno) negligente.

Sempre con riguardo ai vizi che affliggono beni mobili, va ricordato, altresì, che, secondo quanto stabilito dall’art. 1513 c.c., in caso di divergenza sulla qualità o sulla condizione della cosa, il compratore (al pari del venditore) può chiederne la verifica nei modi stabiliti dall’art. 696 c.p.c. (vale a dire, proponendo ricorso per accertamento tecnico preventivo); non avvalendosi di tale possibilità, il compratore che, per esempio, abbia comunque impiegato i beni acquistati o vi abbia apportato unilateralmente le modifiche necessarie per renderli idonei all’uso, sarà tenuto a fornire una prova particolarmente rigorosa circa l’identità e lo stato in cui versava la cosa, in caso di contestazione del venditore, al fine di potere vedere accolta la domanda volta a ottenere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni.

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