13 Settembre 2022

Danni da cose in custodia: risarcimento per precipitazioni atmosferiche e caso fortuito

di Alessandra Sorrentino, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. III, ord., 11.02.2022, n. 4588 – Pres. De Stefano – Rel. Iannello

Danno da allagamento di immobili – Precipitazioni atmosferiche – Caso fortuito – Configurabilità – Condizioni – Diligenza del custode e funzionalità dei sistemi di deflusso – Rilevanza – Esclusione – Fattispecie

(art. 2051 c.c.)

Massima: “Le precipitazioni atmosferiche integrano l’ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell’art. 2051 c.c. quando assumono i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, da accertarsi – sulla base delle prove offerte dalla parte onerata (cioè, il custode) – con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cc.dd. dati pluviometrici) di lungo periodo, riferiti al contesto specifico di localizzazione della “res” oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico, restando, invece, irrilevanti i profili relativi alla diligenza osservata dal custode in ordine alla realizzazione e manutenzione dei sistemi di deflusso delle acque piovane”.

CASO

A causa di un allagamento, che aveva danneggiato numerosi immobili posti a piano terra ed interrato, i titolari a vario titolo degli stessi convenivano in giudizio la Società realizzatrice del complesso, per averlo realizzato in zona notoriamente soggetta allo scorrimento delle acque e senza adeguate soluzioni costruttive, e l’amministrazione comunale, quale ente proprietario e gestore delle opere di urbanizzazione primaria e delle strade limitrofe, onde chiedere il risarcimento dei danni subìti dagli immobili medesimi.

Il complesso immobiliare era stato realizzato dalla Società convenuta, a seguito di apposita convenzione con il Comune del luogo per l’attuazione e realizzazione di un progetto di localizzazione, che prevedeva la costruzione di strade e fognature da parte della Società, sotto la supervisione dell’Ufficio Tecnico del Comune.

In seguito, la Società cedeva al Comune le aree destinate ad opere di urbanizzazione.

Dopo le importanti e violente piogge verificatesi a settembre 2006, le acque meteoriche erano tracimate dai canali di scolo e sgrondo presenti nei terreni intorno al complesso immobiliare, raggiungendo, in aggiunta a quelle confluite sulla strada comunale e nelle campagne, il muro perimetrale del complesso, già danneggiato, determinandone il crollo, con conseguenti allagamenti.

Il Giudice di prime cure rigettò le domande, sostenendo, sulla scorta dei dati pluviometrici e “in base al raffronto analitico delle precipitazioni registrate quotidianamente e quindi mese per mese in tale periodo di tempo”, “il carattere assolutamente straordinario delle relative precipitazioni meteoriche”,  considerando che il dato pluviometrico registrato era “paria a circa il doppio del dato complessivo relativo alle precipitazioni dell’intera stagione autunnale dell’anno 2006” e che l’eccezionalità dell’evento, confermata anche dal ctu, “era in grado di assorbire totalmente il determinismo causale inerente ai danni lamentati”.

La Corte d’Appello, riformando la gravata sentenza, condannava in solido ex art. 2055 c.c. gli appellati al risarcimento del danno, posto in ogni caso il concorso colposo degli appellanti per non aver eseguito i necessari interventi su fogne ed opere di deflusso all’interno del complesso.

Avverso tale sentenza il Comune proponeva ricorso in Cassazione.

SOLUZIONE

Le precipitazioni atmosferiche integrano l’ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell’art. 2051 c.c., allorquando assumano i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, da accertarsi con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i c.d. dati pluviometrici), riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico.

L’evento, per potersi apprezzare oggettivamente come eccezionale, e potersi dunque riverberare anche sulla sua (im)prevedibilità, oltre a doversi valutare esclusivamente su basi scientifiche (dati pluviometrici), deve anche avere “tempi di ritorno” molto elevati.

Deve cioè essere suscettibile di ripetersi dopo intervalli misurabili non in anni ma in molti decenni: accertamento, questo, che prescinde dalla considerazione isolata del singolo episodio e deve invece inquadrarlo in una rilevazione statistica di lungo periodo, la quale solo è idonea ad oggettivizzarne le caratteristiche.

QUESTIONI

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 2051 c.c., oltreché dell’art. 1227 c.c., affermando di aver ampiamente fornito la prova del caso fortuito mediante i “dati pluviometrici”, che, come confermato anche dal ctu, attestavano che le precipitazioni del 26 settembre 2006 avessero il carattere della vera e propria alluvione, e quindi carattere di imprevedibilità oggettiva ed eccezionalità.

L’ordinanza in commento muove dall’art. 2051 c.c., norma alla quale – nel caso di specie – è riconducibile la responsabilità dell’amministrazione pubblica, quale ente custode del territorio comunale circostante, nonché delle opere di urbanizzazione primaria e dei sistemi di deflusso delle acque piovane all’esterno del complesso immobiliare.

A norma dell’art. 2051 c.c., “ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, delineandosi il custode della cosa, quale responsabile della stessa, indipendentemente dal dolo o la colpa nella vigilanza.

Quanto al caso fortuito, nell’ordinanza in commento, i Giudici di legittimità hanno richiamato il principio di diritto, secondo cui le precipitazioni atmosferiche, dotate di un’efficacia di intensità tale da costituire la causa da sola sufficiente a determinare l’evento dannoso, integrano l’ipotesi di caso fortuito di cui alla citata norma (e non solo) laddove assumano i connotati della eccezionalità ed imprevedibilità (Cass. civ., 17.12.20014, n. 26545, Cass. civ., 24.09.2015, n. 18877, Cass. civ., 24.03.2016, n. 5877, Cass. civ., 28.07.2017, n. 18856).

Nell’ambito di tale contesto d’indagine e di valutazione circa la sussistenza del “caso fortuito”, è parimenti pacifico il principio di diritto per cui, al fine di poter ascrivere le precipitazioni atmosferiche nell’anzidetta ipotesi di esclusione della responsabilità ex art. 2051 c.c. , <<la distinzione tra “forte temporale”, “nubifragio” o “calamità naturale” non rientra nel novero delle nozioni di comune esperienza ma – in relazione alla intensità ed eccezionalità (in senso statistico) del fenomeno – presuppone un giudizio da formulare soltanto sulla base di elementi di prova concreti e specifici e con riguardo al luogo ove da tali eventi sia derivato un evento dannoso>>.

In tale ottica, l’accertamento del fortuito, rappresentato dall’evento naturale delle precipitazioni atmosferiche, deve essere essenzialmente orientato da dati scientifici di stampo statistico (in particolare i c.d. dati pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico (Cass. civ., SS.UU. 616/2019, Cass. civ., 5422/2021, Cass. civ., 15574/2021).

Tale principio si fonda sulle seguenti argomentazioni:

– in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da essa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima;

– il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode.

– il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento.

Con particolare riferimento poi all’ipotesi in cui l’eziologia dell’evento dannoso abbia origine da precipitazioni atmosferiche, la Corte di Cassazione in altra pronuncia (Cass. civ., 2482/2018) ha evidenziato quali criteri debbano presiedere alla valutazione dell’evento meteorico in termini di caso fortuito, e dunque come fatto idoneo ad assumere esclusiva efficienza causale nella determinazione del danno.

Sotto tale profilo, sulla scorta dei propri precedenti (in particolare Cass. civ., 25837/2017) ed in linea con i principi sopra ricordati, l’annotata ordinanza ha confermato che:

  • il caso fortuito di cui all’art. 2051 c.c. richiede il possesso dei caratteri dell’eccezionalità e della imprevedibilità, mentre quello della inevitabilità rimane intrinseco al fatto di essere evento atmosferico;
  • per caso fortuito deve intendersi un avvenimento imprevedibile, che si inserisce improvvisamente nella serie causale come fattore che determina in modo autonomo l’evento; il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è di per sé sufficiente a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza;
  • al fine di poter ascrivere le precipitazioni atmosferiche nell’ipotesi di esclusione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., la distinzione tra “forte temporale”, “nubifragio” o “calamità naturale” non rientra nel novero delle nozioni di comune esperienza ma – in relazione alla intensità ed eccezionalità (in senso statistico) del fenomeno – presuppone un giudizio da formulare solo sulla base di elementi di prova concreti e specifici e con riguardo al luogo ove da tali eventi sia derivato un evento dannoso (Cass. civ., 522/1987);
  • in tale ottica, l’accertamento del “fortuito”, costituito dall’evento naturale delle precipitazioni atmosferiche, deve essere orientato da dati scientifici di stampo statistico (in particolare i dati c.d. pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia;
  • nell’ambito di tale indagine rimangono estranei i profili inerenti alla colpa del custode nella predisposizione delle cautele (specifiche e/o generiche), volte a rendere la res idonea a non arrecare pregiudizio allo scopo.

L’ordinanza in commento ha cassato, con rinvio, la sentenza del giudice di secondo grado, il quale, nell’indagine volta a verificare la sussistenza oppure non del caso fortuito, non si era attenuto ai principi, sopra richiamati, dettati dalla Suprema Corte, ma al contrario aveva attribuito rilevanza ad elementi che avrebbero dovuto rimanere estranei alla propria indagine (la mancata prova da parte del custode della propria condotta diligente; l’inidoneità/inesistenza dei sistemi di deflusso).

Oggetto dell’indagine avrebbe dovuto, invece, essere l’evento meteorologico: avrebbe dovuto, cioè, la Corte di merito valutare se tale evento si dovesse considerare “eccezionale ed imprevedibile” sulla base di dati scientifici di stampo statistico (in particolare i c.d. dati pluviometrici), con riguardo al luogo di localizzazione della cosa custodita, al luogo cioè in cui da tali eventi sia derivato un evento dannoso. Dati obiettivi, quindi, “ritualmente somministrati dalla parte onerata (cioè dal custode), riferiti ad un lasso temporale amplissimo – quanto meno di numerosi decenni – e non limitato all’angusto intervallo preso in considerazione”.

E ciò anche perché il discorso sulla prevedibilità maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale certamente impone oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiché è chiaro che non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, purtroppo, drammaticamente prevedibili”.

L’accertamento, quindi, deve prescindere dalla considerazione isolata del singolo episodio e deve invece inquadrarlo in una rilevazione statistica di lungo periodo: in difetto di tale positivo accertamento, in base ai dati che la parte che invoca l’esimente dovrà sottoporre al giudicante, non potrà escludersi la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. .

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