23 Gennaio 2024

Il credito alla liquidazione della quota sociale spettante al socio receduto non soggiace alla disciplina della postergazione di cui all’art. 2467 c.c.

di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDF

Cassazione civile, Sezione I, Ordinanza n. 30725 del 6 novembre 2023.  

Parole chiave: recesso – liquidazione – quote – finanziamento soci – postergazione – fallimento – creditori – interpretazione analogica – scioglimento del vincolo sociale – credito da finanziamento – credito da recesso

Massima: “L’esistenza e persistenza del rapporto sociale rappresenta il presupposto principale per l’insorgenza del credito da finanziamento, ai sensi dell’art. 2467 c.c., mentre, al contrario, il diverso credito da liquidazione della quota, nascente dal recesso del socio dal contratto sociale, poggia sul fatto diverso (ed opposto) dello scioglimento del vincolo sociale, non potendosi applicare al secondo il disposto normativo di cui all’art. 2467 cod. civ. in termini analogici”.

Disposizioni applicate: art. 2467 c.c.

La Cassazione civile, Ord. n. 30725 del 6 novembre 2023 affronta la questione relativa alla natura del “credito da recesso”, ossia del credito alla liquidazione della quota sociale spettante al socio receduto.

Nel caso in esame, Tizio recedeva nel 2009 dalla società Alfa chiedendo la liquidazione della propria quota sociale, che non gli veniva tuttavia versata. Sette anni dopo, l’assemblea della società deliberava la messa in liquidazione della società, poi dichiarata fallita.

Con decreto del Tribunale di Milano veniva dichiarato esecutivo lo stato passivo del fallimento, nell’ambito del quale il suddetto “credito da recesso” veniva ammesso come credito chirografario postergato. Tizio proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Milano, che però confermava la natura postergata del credito, ritenendo applicabile al medesimo la disciplina di cui all’art. 2467 c.c..

Ricorreva quindi Tizio per Cassazione sostenendo che il Tribunale aveva erroneamente applicato, in via analogica al di fuori di qualsiasi canone ermeneutico, il disposto dell’art. 2467 c.c. ad un credito avente natura del tutto diversa, così introducendo una nuova figura di credito postergato.

La Cassazione accoglieva il ricorso e cassava quindi il decreto impugnato, con remissione della decisione al Tribunale di Milano, in diversa composizione.

Più nel dettaglio, la Cassazione affermava l’impossibilità di applicare analogicamente il disposto normativo di cui all’art. 2467 c.c. al “credito da recesso”, in ragione del fatto che il presupposto principale per l’insorgenza del credito da finanziamento ex art. 2467 c.c. è rappresentato dall’esistenza e persistenza del rapporto sociale, mentre, al contrario, il diverso credito da liquidazione della quota, nascente dal recesso del socio dal contratto sociale, poggia sul fatto diverso (ed opposto) dello scioglimento del vincolo sociale.

Sottolineava inoltre la Suprema Corte che, al momento del recesso dal vincolo sociale, il socio diventa “terzo” rispetto alla società e vanta un diritto di credito nei confronti di quest’ultima, alla stregua degli altri creditori sociali, “per cui risulta, oltre che irragionevole, anche contrario allo stesso disposto normativo dettato dall’art. 2467 c.c., perorare la tesi della postergazione del predetto credito da liquidazione, come se – tramite una evidente fictio iuris, non suffragata da alcun sostegno normativo – si potessero ritenere ancora sussistenti rapporto e vincolo sociale con il socio receduto, nonostante lo scioglimento del predetto vincolo”.

In buona sostanza, il credito derivante da recesso non presenta alcuna “parentela” ontologica e “vicinanza” funzionale con il credito da finanziamento soci, e ciò per l’evidente ragione che, nel primo caso, il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell’evento troverebbe fondamento, mentre, nel secondo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l’insorgenza del credito.

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