7 Aprile 2020

È costituzionalmente legittima l’informazione antimafia interdittiva, i cui effetti possono estendersi all’attività privata delle imprese

di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDF

Corte Costituzionale, sentenza n. 57 del 2020

Parole chiave: informazione antimafia interdittiva – attività privata – impresa – cancellazione dall’albo – legittimità costituzionale

Massima: “L’informazione antimafia interdittiva adottata dal Prefetto nei confronti dell’attività privata delle imprese oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa non viola il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata perché, pur comportandone un grave sacrificio (nella specie era in gioco l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane), è giustificata dall’estrema pericolosità del fenomeno mafioso e dal rischio di una lesione della concorrenza e della stessa dignità e libertà umana”.

Disposizioni applicate: artt. 67, 83, 84, commi 3 e 4, 89 bis e 92, commi 3 e 4, d.lgs 159/2011; artt. 3 e 41 Cost..

Nel caso in analisi, la Corte costituzionale si è trovata ad analizzare, in seguito a questione sollevata dal Tribunale di Palermo, la legittimità costituzionale degli articoli 89 bis e 92, commi 3 e 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 – il cosiddetto Codice antimafia – in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.

Nella specie, il titolare di una ditta artigiana ha impugnato di fronte al Tribunale di Palermo un provvedimento di cancellazione dall’albo delle imprese artigiane, che era fondato su una nota della Prefettura di Palermo con la quale era stata comunicata l’adozione di informazione antimafia interdittiva nei confronti della suddetta impresa artigiana. Il provvedimento è stato così impugnato di fronte al giudice ordinario con riferimento alle sue conseguenze, ma non ai suoi presupposti (l’analisi dei quali spetta alla giurisdizione amministrativa).

L’informazione antimafia è un provvedimento amministrativo che, fondandosi su una serie di elementi sintomatici, esprime un motivato giudizio, in chiave preventiva, circa il pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno di un’impresa, interdicendole l’inizio o la prosecuzione di attività con l’amministrazione pubblica, o l’ottenimento di qualsiasi sussidio, beneficio economico o sovvenzione, e determinando la revoca di quelli già eventualmente in essere (cfr. quanto disposto dagli artt. 67, 84, commi 3 e 4, e 91, comma 6, Codice antimafia). Tale attestazione viene rilasciata dal prefetto competente territorialmente (v. art. 90 del Codice antimafia) ed i suoi effetti sono immediati.

Nel caso di specie, il giudice a quo ha ritenuto che la risposta sanzionatoria dell’informazione antimafia interdittiva, per la sua natura di provvedimento amministrativo, ponesse dubbi di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., in quanto assumerebbe gli effetti di un provvedimento giurisdizionale definitivo. Il Tribunale di Palermo, inoltre, ha posto dubbi circa la legittimità costituzionale sul potere dell’informazione antimafia di impedire lo svolgimento non solo dell’attività d’impresa con la pubblica amministrazione, ma anche dell’attività contrattuale privata nei casi indicati dall’art. 67 del Codice antimafia.

La Corte costituzionale ha anzitutto difeso la misura dell’informazione antimafia interdittiva sul profilo della legittimità sostanziale, anche perché gli interessi che tutela sono bilanciati dalla gravità del fenomeno mafioso, secondo quanto è emerso nella relazione conclusiva del 7 febbraio 2018 della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, con la quale è stata evidenziata la vulnerabilità dei mercati privati e in particolare di quei “settori connotati da elevato numero di piccole imprese, basso sviluppo tecnologico, lavoro non qualificato e basso livello di sindacalizzazione, dove il ricorso a pratiche non propriamente conformi con la legalità formale diviene prassi diffusa” (v. pag. 22 della citata relazione), a cui appartiene l’impresa nel caso di specie.

La Corte costituzionale ha poi sottolineato come l’informativa antimafia interdittiva (i) sia una misura dal carattere temporaneo (limitata a dodici mesi, ai sensi dell’art. 86, comma 2, Codice antimafia); (ii) sia suscettibile di impugnazione, quanto alla sussistenza dei presupposti, davanti al giudice amministrativo, al quale può essere peraltro richiesta la sospensione di tale misura in via cautelare; (iii) non possono esservi effetti sull’attività privata dell’impresa nei casi di cui all’art. 67, comma 5, Codice antimafia, ossia qualora per effetto delle misure interdittive verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia.

In conclusione, quindi, la Corte costituzionale non ha ravvisato profili di incostituzionalità nella scelta di affidare l’adozione della misura interdittiva in oggetto all’autorità amministrativa (in luogo di quella giurisdizionale).

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