16 Gennaio 2024

Compravendita immobiliare e mancanza del certificato di agibilità

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. II, 2 agosto 2023, n. 23604 – Pres. Di Virgilio – Rel. Trapuzzano

Parole chiave: Compravendita – Immobile privo del certificato di agibilità o abitabilità – Cosa diversa da quella pattuita – Ipotesi – Conseguenze

[1] Massima: “In tema di vendita di immobili destinati ad abitazione, la mancanza del certificato di abitabilità o agibilità configura alternativamente l’ipotesi di vendita di aliud pro alio, qualora le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili, l’ipotesi del vizio contrattuale, sub specie di mancanza di qualità essenziali, qualora le difformità riscontrate siano sanabili, ovvero l’ipotesi dell’inadempimento non grave, fonte di esclusiva responsabilità risarcitoria del venditore ma non di risoluzione del contratto per inadempimento, qualora la mancanza della certificazione sia ascrivibile a semplice ritardo nella conclusione della relativa pratica amministrativa”.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1470, 1477, 1495

CASO

Gli acquirenti di alcuni appartamenti convenivano in giudizio la società venditrice perché venisse accertato l’inadempimento dell’obbligo contrattualmente assunto di procurare, entro un anno dalla stipula degli atti di compravendita, il rilascio dei certificati di abitabilità degli immobili.

La domanda veniva respinta in primo grado, mentre la Corte d’appello di Salerno, riformando sul punto la sentenza gravata, affermava che la mancata consegna agli acquirenti di detti certificati da parte della società venditrice, che pure ne aveva chiesto il rilascio, senza che tuttavia l’amministrazione comunale avesse emesso alcun provvedimento, costituiva inadempimento, non assumendo rilievo la formazione del silenzio-assenso sulle istanze presentate.

Avverso la sentenza di secondo grado ricorreva per cassazione la società venditrice, secondo la quale la consegna degli appartamenti e il loro godimento effettivo da parte degli acquirenti, unitamente alla richiesta di emissione dei certificati di abitabilità seguita dall’inerzia dell’amministrazione comunale per il tempo previsto ai fini della formazione del silenzio-assenso, costituivano circostanze idonee a escludere che potesse esserle imputato un inadempimento.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione, respingendo il motivo di ricorso proposto dalla società venditrice, ha analizzato le conseguenze derivanti dall’assenza del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto di compravendita.

QUESTIONI

[1] In una fattispecie in cui gli acquirenti di appartamenti privi, al momento della stipula della compravendita, dei relativi certificati di abitabilità avevano agito in giudizio nei confronti della società venditrice per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata consegna di tali certificati entro il termine contrattualmente pattuito, i giudici di legittimità hanno compiuto un’approfondita analisi degli effetti e delle ripercussioni che la carenza di tali certificati può esplicare nell’ambito della contrattazione immobiliare.

L’introduzione nel nostro ordinamento del certificato di abitabilità è riconducibile all’art. 221 r.d. 1265/1934, il quale stabiliva che gli edifici non potevano essere abitati senza autorizzazione del sindaco, concessa solo in quanto fossero state riscontrate, da un lato, la realizzazione della costruzione in conformità del progetto approvato e, dall’altro lato, l’insussistenza di cause di insalubrità. La norma è stata quindi abrogata e sostituita dall’art. 4 d.P.R. 425/1994, che ha posto in capo al proprietario dell’immobile l’onere di chiedere la certificazione di abitabilità, attraverso la produzione di una serie di certificati attestanti i requisiti di salubrità, igiene e conformità del bene al progetto. Successivamente, con gli artt. da 24 a 26 d.P.R. 380/2001, la disciplina del certificato di agibilità (espressione che ha sostituito la precedente dizione di certificato di abitabilità) è stata ulteriormente riformata, stabilendosi che il soggetto titolare del permesso di costruire o che ha presentato la denuncia di inizio attività (ovvero i rispettivi successori o aventi causa) è tenuto a chiederne il rilascio e prevedendosi la formazione del silenzio-assenso sulla domanda, in caso di mancata risposta dell’amministrazione entro trenta giorni dalla sua presentazione. Da ultimo, il d.lgs. 222/2016, modificando la disciplina in tema di agibilità, ha eliminato il riferimento al rilascio di un’apposita certificazione, poiché la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato, debbono essere attestate mediante segnalazione certificata da parte di un professionista abilitato.

In linea di principio, il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di agibilità.

Quanto alle conseguenze derivanti dalla sua eventuale carenza (sostanziale, per assenza delle condizioni che ne consentono il rilascio, o formale, per mancanza del documento in sé), la giurisprudenza ha escluso che essa determini la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto o per contrasto con una norma imperativa, potendo invece influire sul sinallagma negoziale.

Da questo punto di vista, secondo un orientamento che può definirsi consolidato, la mancata consegna all’acquirente del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene: pertanto, solo quando difettino – in termini assoluti e senza possibilità di sanatoria – i requisiti per ottenere l’agibilità, può ravvisarsi una fattispecie di aliud pro alio e la vendita può essere risolta, quand’anche, per ipotesi, la certificazione sia stata (in modo evidentemente illegittimo) rilasciata.

In proposito, occorre distinguere a seconda che l’inosservanza delle prescrizioni violate sia suscettibile o meno di sanatoria, dal momento che, nel primo caso, si avrà un vizio redibitorio oppure la mancanza di qualità essenziali, mentre solo nel secondo caso potrà dirsi integrata la vendita di un aliud pro alio.

Pertanto:

  • si è in presenza di un vizio redibitorio quando la cosa consegnata presenta imperfezioni che la rendano inidonea all’uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore;
  • si ha mancanza di qualità essenziali quando, in ragione delle alterazioni subite, la cosa appartenga, per sua natura o per gli elementi che la caratterizzano, a un tipo o a una specie diversa da quella pattuita, pur rimanendo nell’ambito dello stesso genere;
  • si ha consegna di aliud pro alio, idonea a fondare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c., quando il bene consegnato sia completamente eterogeneo rispetto a quello dedotto in contratto per natura, individualità, consistenza e destinazione, appartenendo a un genere diverso e rivelandosi pertanto funzionalmente inidoneo ad assolvere allo scopo economico e sociale suo proprio e, così, a fornire l’utilità perseguita tramite la compravendita.

Solo se l’immobile presenti insanabili violazioni di disposizioni incidenti eziologicamente sulle condizioni di igiene, salubrità e sicurezza e non sia oggettivamente in grado di soddisfare le esigenze concrete di utilizzazione – diretta o indiretta – del compratore, per differenza strutturale o alterazione qualitativa che determini la degenerazione del bene o il suo declassamento, rendendolo diverso senza possibilità di rimedio, è dunque ravvisabile un inadempimento qualificato che può giustificare la risoluzione del contratto.

Quando, invece, pur sussistendo dal punto di vista sostanziale la conformità alle norme igienico-sanitarie e di sicurezza che consente l’emissione del certificato di agibilità, non vi sia il documento che la attesta, sicché il bene ha comunque un’oggettiva attitudine a soddisfare le aspettative dell’acquirente, non si è in presenza di un grave inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c., tale da giustificare la risoluzione del contratto: per quanto, infatti, l’art. 1477 c.c. imponga al venditore di consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta, l’assenza o la mancata consegna del certificato integra una deficienza di carattere meramente formale, che non influisce sulla funzione economico-sociale dell’immobile.

Poiché, in ogni caso, di inadempimento pur sempre si tratta, l’acquirente potrà chiedere l’esatto adempimento e il risarcimento dei danni (in quanto dimostrati).

I giudici di legittimità, dunque, dichiarano non condivisibile l’orientamento secondo cui la mancata consegna del certificato di agibilità (inteso quale attestato legale dell’abitabilità dell’immobile), quand’anche siano osservate le prescrizioni igienico-sanitarie, di sicurezza e risparmio energetico, integra un’ipotesi di aliud pro alio, dal momento che l’attività amministrativa consistente nell’accertamento dello stato igienico-sanitario e di sicurezza degli ambienti, finalizzata al rilascio del certificato in parola, ha natura vincolata; sul piano civilistico, infatti, ciò che dev’essere valorizzato è l’effettivo rispetto delle prescrizioni alle quali è subordinato il rilascio del certificato, onde stabilire se vi sia o meno una grave inottemperanza del venditore, idonea a incidere sul sinallagma funzionale.

In altre parole, l’attestazione non rileva in sé, ma in quanto sia dichiarativa dell’osservanza delle prescrizioni che ne condizionano il rilascio; la sua assenza rappresenta un vizio che rende la cosa venduta difforme nel genere da quella pattuita – ossia un’ipotesi di aliud pro alio – solo quando difettino irrefutabilmente i requisiti sostanziali legittimanti il suo rilascio.

Ciò non esclude che l’acquirente che non abbia espressamente rinunciato a pretendere il rilascio o la consegna del certificato possa rifiutare la stipula fino a quando non lo riceva, trattandosi di soluzione che costituisce applicazione del principio di buona fede, con il chiaro scopo di assicurare la disponibilità di tutta la documentazione idonea a verificare la regolarità del bene oggetto di compravendita e a renderlo commercialmente appetibile sul mercato.

In conclusione, dalla mancanza del certificato di abitabilità (ovvero di agibilità) possono discendere le seguenti conseguenze:

  • se la mancanza è ascrivibile all’assenza, in senso sostanziale e funzionale, dei requisiti di conformità igienico-sanitaria, di sicurezza e di risparmio energetico volti a rendere abitabile o agibile l’immobile e si tratta di carenza insanabile, il bene assume connotazioni completamente diverse da quelle pattuite, appartenendo a un altro genere e rivelandosi funzionalmente inidoneo ad assolvere la propria funzione economico-sociale, ossia a fornire l’utilità richiesta, sicché l’acquirente sarà legittimato a chiedere la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio, senza soggiacere ai termini di decadenza e di prescrizione dettati dagli artt. 1495 e 1497 c.c.;
  • se i medesimi requisiti manchino dal punto di vista sostanziale, ma tale carenza sia sanabile, la cosa venduta sarà viziata, dal momento che le accertate difformità – proprio in quanto rimediabili – non assumono un’incidenza strutturale e funzionale sulla destinazione economico-sociale del bene, sicché l’acquirente sarà legittimato ad avvalersi dei rimedi previsti dalle azioni edilizie;
  • se, infine, la carenza ha un rilievo esclusivamente formale e documentale, perché i requisiti di conformità sussistono dal punto di vista sostanziale, il contratto non potrà essere risolto, poiché l’inadempimento non può essere considerato talmente grave da dare luogo a uno squilibrio funzionale del sinallagma negoziale, ma l’acquirente potrà fare valere l’inadempimento al fine di ottenere il risarcimento del danno di cui fornisca la prova.

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