24 Gennaio 2017

Si consolida l’interpretazione che consente l’assegno di mantenimento e divorzile nel procedimento dinanzi al Sindaco

di Rita Lombardi Scarica in PDF

Con l’art. 12 del d.l. n.132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, il legislatore ha introdotto il procedimento su accordo delle parti dinanzi all’ufficiale dello stato civile per la separazione, il divorzio e le modificazioni delle relative condizioni. Il 3° comma di tale norma vieta l’inserimento nell’accordo di “patti di trasferimento patrimoniale”. L’espressione ha dato luogo a due diverse interpretazioni, l’una comprendendo nel divieto anche l’assegno periodico di mantenimento o divorzile, l’altra escludendolo. Un recentissimo intervento del Consiglio di Stato, nell’ottica di favorire l’utilizzo del modulo stragiudiziale, ha avallato la seconda interpretazione.

  1. Il d.l. n. 132 del 2 settembre 2014, recante «Misure urgenti di degiurisdzionalizzazione ed interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile», convertito, con significativi emendamenti, nella l. n.162 del 10 novembre 2014, ha introdotto due nuovi moduli procedimentali per consentire un più celere scioglimento del vincolo matrimoniale e, al contempo, per favorire la riduzione dell’accesso all’autorità giudiziaria: la «Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio» (art. 6) e il procedimento di «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile» [(art.12); su cui tra gli altri v. Lombardi, Separazione consensuale e divorzio congiunto senza l’intervento del giudice, in Quest. dir. fam., pubblicato dal 4 ottobre 2014; Lupoi, Separazione e divorzio all’epoca della degiurisdizionalizzazione, in Quest. dir. fam., 2015; Poliseno, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, 1; Casaburi, Separazione e divorzio innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, ibid., 46].

Ambedue i procedimenti, utilizzabili esclusivamente dai coniugi in pieno accordo – in ordine alla modifica del proprio status, alle condizioni di separazione o divorzio o alla modificazione di siffatte condizioni e al tipo di modulo procedimentale – inizialmente sono stati ricondotti all’ipotesi in cui la coppia non avesse figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti, maggiorenni incapaci, portatori di handicap.

Il secondo procedimento è stato condizionato altresì dalla mancanza nell’accordo tra le parti di patti di trasferimento patrimoniale (art. 12 co. 3, d.l. cit.)

Con la legge di conversione n. 162/2014 il primo limite è venuto meno per il procedimento di negoziazione assistita.

Diversamente entrambi i limiti sono stati mantenuti per il procedimento c.d. “autogestito” con cui le parti manifestano la loro volontà di separarsi, divorziare o modificare le relative condizioni dinanzi all’ufficiale dello stato civile, il quale recepisce il loro accordo (invero riguardo al primo limite alla circolare del Ministero dell’Interno n. 19 del 28 novembre 2014, che escludeva l’accesso a tal procedimento pur in presenza di figli di uno solo dei coniugi, è seguita la circolare n. 6 del 24 aprile 2015 che diversamente ha ritenuto che il riferimento è volto ai figli comuni ad entrambi i coniugi o ex coniugi: sul punto v. Crescenzi, La degiurisdizionalizzazione nei procedimenti di famiglia, in Quest. giust., 15 gennaio 2015, 11).

Esso difatti è stato modificato solo nei seguenti passaggi: a) è stato specificato che l’accordo va recepito dal Sindaco, il quale però è abilitato a farsi sostituire ex d.P.R. n. 396/2000; b) è stata prevista la facoltà per le parti di farsi assistere da un avvocato; c) si è disposto che nei procedimenti di separazione e divorzio (non anche in quelli di modifica delle relative condizioni) l’ufficiale di stato civile, ricevuto l’accordo delle parti, fissa un termine a comparire di fronte a sé oltre i trenta giorni dalla ricezione dello stesso per la conferma dell’accordo.

  1. Sennonché l’ambito applicativo del procedimento municipale in un primo momento era stato fortemente ristretto dall’indicazione interpretativa fornita dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 19/2014, la quale aveva escluso dagli accordi tra i coniugi formalizzati davanti all’ufficiale dello stato civile qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento, e qualunque altra utilità economica.

Ciò ne limitava la fruibilità ai soli casi di esclusiva modifica dello status di coniuge e la completa inapplicabilità per la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio.

Su sollecitazione della dottrina (tra gli altri Lombardi, cit., 3; Danovi, Il d.l. n. 132/2014: le novità in tema di separazione e divorzio, in Fam dir., 2014, 954; Casaburi, cit., c. 48; G. Finocchiaro, La parte può chiedere di fronte al sindaco l’assistenza del legale, in Guida al dir., 2015, fasc. 6, 18), la successiva circolare del medesimo Ministero n. 6/2015, ha affermato, invece, che non rientra nel divieto della norma la previsione nell’accordo di separazione o divorzio siglato dai coniugi dell’obbligo di pagamento di una somma di denaro quale assegno periodico (assegno di mantenimento/assegno divorzile). Inoltre si è precisato che le parti possono richiedere congiuntamente la modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio e chiedere l’attribuzione di un assegno periodico di separazione o di divorzio ed altresì la sua revoca o la sua revisione quantitativa.

Pertanto, secondo siffatta interpretazione, il divieto de quo attiene esclusivamente ai trasferimenti di beni una tantum, analogamente a quanto previsto dall’art. 5, co. 8, della l. n. 898 del 1970.

  1. La testè menzionata circolare interpretativa è stato oggetto di ricorso dinanzi al Tar Lazio il quale, con la sentenza del 7 luglio 2016 n. 7813, ha nuovamente dato una lettura estensiva del divieto di cui al 3° comma dell’art. 12 della l. cit., escludendo che l’accordo di separazione e divorzio sottoscritto davanti all’ufficiale dello stato civile possa contenere la previsione dell’assegno periodico sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento) che nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile). Il giudice amministrativo ha cioè ritenuto che la nozione di cui al cit. 3° comma dell’art. 12 l. cit. compresse ogni pattuizione di ‘contenuto economico’ siglata dalle parti, sia quelle ad effetti reali, che comportano l’effetto traslativo dei beni, che quelle ad effetto obbligatorio, che comportano l’obbligo di corrispondere una somma di danaro periodica.
  1. E però il Consiglio di Stato con sentenza del 26 ottobre 2016 n. 4478, è pervenuto ad opposta conclusione, ridando vita all’interpretazione espressa dalla circolare n. 19/2014. Segnatamente ha reputato che l’espressione «patti di trasferimento patrimoniale si riferisce, letteralmente, agli accordi traslativi della proprietà (o di altri diritti) con i quali i coniugi decidono, mediante il c.d. assegno una tantum […] di regolare l’assetto dei propri rapporti economici una volta per tutte e di trasferire la proprietà o la titolarità di altri diritti sui beni da uno all’altro, anziché prevedere la corresponsione di un assegno periodico».

Il procedimento municipale è stato quindi nuovamente riaperto ai coniugi che intendono disporre in ordine ad un assegno periodico (non l’attribuzione di somme una tantum) di mantenimento o divorzile (per un’analisi delle ragioni che favoriscono l’interpretazione della norma in questo senso v. Danovi, Il processo di separazione e divorzio, in Trattato di diritto civile e commerciale, IV, Milano, 2015; sulla possibilità per i coniugi di avvalersi della rappresentanza di un procuratore speciale dinanzi all’ufficiale di stato civile v. Lombardi, Il rilancio del procedimento “municipale” di separazione e divorzio nell’epoca delle unioni civili, in questa Rivista e in giurisprudenza Trib. Milano (decr.) 19 gennaio 2015).

5. Resta da segnalare che le contraddizioni interpretative innanzi illustrate potrebbero sortire l’effetto contrario a quello che aveva perseguito il legislatore del 2014; nel dubbio sull’entità del limite i coniugi potrebbero prediligere la via del ricorso al giudice, pur rimasta operativa (art. 158 c.c.; 710, 711 c.p.c.; art. 4 l. n. 898/1970). Si auspica allora che non si abbiano ulteriori ripensamenti.