13 Ottobre 2020

A tutto podcast: anche gli avvocati scoprono il valore dell’audio

di Mario Alberto Catarozzo - Coach, Formatore, Consulente – CEO di MYPlace Communications Scarica in PDF

La pandemia e la rivoluzione delle abitudini che ha portato con sé hanno accelerato un processo di digitalizzazione già in atto anche nel mondo legal. Il marketing e la comunicazione sul web hanno così preso piede a tutti i livelli organizzativi del mondo legale: dagli studi di piccole dimensioni (le c.d. boutique del diritto) agli studi di ampie dimensioni (le c.d. law firm) si sono dotati di sito Internet, presenza sui social e attività di business development.

BUSINESS DEVELOPMENT

Il passaparola non finirà, ma diventerà residuale e non reggerà più l’approvvigionamento di nuova clientela per lo studio, anche questo è oramai noto a tutti. La conseguenza è che più o meno tutti gli studi legali oggi si stanno dotando di strumenti di marketing soprattutto per il mondo web, consci che lì risiede la principale risorsa da utilizzare per il futuro. Gli studi che prima avevano tergiversato per realizzare il proprio sito Internet hanno trovato il tempo e la voglia di metterci mano e così anche per la presenza sui social. Una volta presenti, tuttavia, non si è certo arrivati a compimento del progetto di business development, perché la macchina va fatta funzionare e necessita di carburante per girare e produrre risultati. Il carburante del marketing per professionisti e del legal marketing in particolare è rappresentato dai contenuti, giuridici o paralegali, ma è dai contenuti che passa la promozione di sé stessi e del proprio studio.

Quali sono per un legale i contenuti e quali gli strumenti dunque?

CONTENT MARKETING

Concettualmente fare marketing oggi non è molto distante dalle abitudini del passato, nel senso che alcuni (pochi) professionisti già in epoche pregresse avevano capito che avere la cattedra universitaria, scrivere libri, fare interviste, stringere mani e partecipare a convegni e tavole rotonde rappresentava un utile biglietto da visita per costruire il proprio nome e farlo girare. Quel nome oggi si chiama brand e il luogo dove farlo girare non sono più le piazze e i circoli, ma il web. Inoltre, i libri da scrivere non sono più soltanto cartacei, ma anche digitali, così come gli articoli, le interviste e le tavole rotonde e la formazione. La sostanza non è molto cambiata per i professionisti, quanto sono cambiati gli strumenti, i canali e le occasioni.

Anche oggi, come in passato, il nostro nome si costruisce con i contenuti, dimostrando bravura, aggiornamento, qualità e professionalità. Come in passato, il cliente poco gradisce la pubblicità diretta, quali pagine di giornali, cartelloni pubblicitari, banner o simili. Gradisce, invece, leggere contenuti smart, vedere il proprio consulente tra i relatori di un convegno, oppure tra gli autori di una pubblicazione, sintomo di professionalità e autorevolezza.

Se un tempo erano le università e gli editori a fare da terzi garanti della propria professionalità, ospitando gli scritti del professionista, oggi è Google e i social a rendere giustizia (o così dovrebbe essere) della notorietà e autorevolezza del professionista, restituendo scritti, interviste, immagini e commenti che dimostrano la popolarità dello stesso. I like e i followers dovrebbero poi completare il tutto dando il senso della visibilità del professionista sulla nuova comunità del web, da cui tutto oramai passa.

QUALI CONTENUTI

 Se il content marketing resta dunque la modalità professionale per eccellenza per comunicare la propria professionalità al pubblico, dobbiamo chiederci quali contenuti e quali strumenti realizzano in concreto questa opzione.

Ebbene, accanto al classico scritto, quali articoli, commenti, note a sentenza, abbiamo altri strumenti più “moderni” che sono anche più fruibili e incisivi per il pubblico. Parliamo dei video e dei podcast. I video sono sicuramente i più seguiti dal pubblico del web, perché attraggono maggiormente l’attenzione. Il punto è che ciò vale per settori diversi da quello giuridico, dove il video presenta musiche, scene dinamiche e quindi è piacevole da vedere, più che leggere un testo. In ambito legale, tuttavia, i video sono generalmente pesanti, noiosi e statici. Vediamo così relatori dietro una cattedra, piuttosto che speaker ingessati dietro una telecamera a declamare mono-tono norme e regole poco appetibili per un pubblico di destinatari spesso non tecnici. Detto in altro modo, il video va bene se è bello da vedere, altrimenti diventa pesante e poco attrattivo.

Esiste quindi una alternativa al video e allo scritto? Certo che sì: si chiama podcast.

IL NUOVO ORIZZONTE LEGAL: I PODCAST

Eccoci giunti al nuovo trend che dal mondo della musica, poi della radio e infine dei talk show sta coinvolgendo settori finora estranei, come il mondo delle professioni. Parliamo dei podcast, audio mp3, facilmente gestibili sia in fase di produzione, che di ascolto.

Produrre un podcast è concettualmente molto semplice, basta avere un microfono, un luogo silenzioso dove registrare e un software per la post produzione. Vediamo i singoli strumenti di cui dotarci per un risultato professionale.

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