13 Febbraio 2024

Patti successori e donazione con la clausola si praemoriar

di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDF

Cassazione civile sez. II, sentenza 13 dicembre 2023, n.34858 (CARRATO – Presidente –Fortunato – Relatore)

(Articoli 458 e 1353 Codice civile)

Di Corrado De Rosa

Massima: “La donazione con clausola sospensiva di premorienza del donante produce effetti immediati e concerne singoli beni valutati dai contraenti nella loro consistenza ed oggettività al momento del perfezionamento, con conseguente attualità dell’attribuzione la cui efficacia è solo differita alla morte; pertanto, la violazione del divieto dei patti successori può derivare solo dalla persistenza di un residuo potere dispositivo del donante, tale da minare l’irrevocabilità della disposizione e la sua immediata efficacia vincolante, e non dalla maggior o minore probabilità del verificarsi dell’evento condizionante. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte territoriale che aveva escluso la nullità di una donazione di quote societarie con clausola di premorienza del donante realizzata da un soggetto in fase di malattia terminale e al quale restavano solo pochi mesi di vita)”.

CASO

La sentenza in rassegna riguarda una controversia tra padre e figlia perché il primo aveva chiesto al Tribunale di Pordenone di dichiarare la nullità, per violazione del divieto di patti successori, della donazione sotto condizione sospensiva di premorienza del donante effettuata dal figlio dell’attore e fratello della convenuta. La donazione aveva ad oggetto quote di società. Al donante era stata da tempo diagnosticata una malattia, ormai in stato terminale. La donataria, nella stessa data, aveva donato le proprie quote di società al fratello sotto condizione sospensiva della propria premorienza. La convenuta resisteva sostenendo che dopo la morte del donante era stata sciolta la comunione ereditaria mediante un atto di assegnazione di beni immobili con cui le parti avevano accettato gli atti dispositivi compiuti in vita dal defunto, rinunciando all’azione di riduzione: un atto di assegnazione di beni mobili in cui le parti davano per regolata e definita ogni controversia, senza che sorgessero ulteriori diritti a compensazioni, versamenti, conguagli in denaro tra loro;  un “atto riepilogativo” con cui le parti  avevano dichiarato di “di aver sciolto la comunione ereditaria su tutti i beni mobili e immobili di proprietà o nel possesso del de cuius, di aver definito spese e rimborsi e dunque ogni e

qualsiasi controversia presente e futura avente per oggetto la massa ereditaria, senza che nessuno

possa pretendere o rivendicare in futuro ulteriori diritti a compensazioni, versamenti, assegnazioni,

conguagli in denaro o quant’altro, rinunciando espressamente all’azione di riduzione eventualmente

loro spettante in ordine alla sua eredità”. La convenuta affermava di aver comunque accettato tacitamente del fratello mediante il compimento di atti di disposizione dei diritti successori.

Il Tribunale respingeva tutte le domande e la decisione veniva impugnata davanti alla Corte d’Appello di Trieste che la confermava. La Corte territoriale osservava che “il gravame, nella parte in cui riproponeva l’eccezione di nullità delle donazioni per motivo illecito, era inammissibile, non essendo la questione oggetto di domanda, ritenendo che, comunque, non vi fosse prova che il donante avesse disposto delle quote sociali con l’unico scopo di aggirare il divieto di legge.” Rigettava, inoltre, l’eccezione di nullità della donazione effettuata dal de cuius, ritenendo che “l’atto costituisse una disposizione sottoposta a condizione sospensiva si praemoriar e non di una donazione mortis causa, immediatamente vincolante tra le parti, giacchè l’evento morte del donante non era elevato a causa dell’attribuzione, ma incideva esclusivamente sull’efficacia della donazione senza impedire la produzione di effetti limitati o prodromici, peculiari del contratto sottoposto a condizione sospensiva.”

Il soccombente ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione affidato ad un unico motivo: la violazione degli articoli 458 e 1353 c.c. da parte dei precedenti giudici, che ritiene non abbiano tenuto in debito conto le gravi condizioni di salute del figlio ai fini della “ricerca dello scopo pratico voluto dai contraenti” con la donazione oggetto di causa. Secondo il padre lo scopo sarebbe stato “consistente nell’intento di eludere il divieto di patti successori e di regolare la futura successione, in considerazione della decisiva circostanza che il donante aveva disposto nella piena consapevolezza che gli rimanevano pochi mesi di vita e che la sua premorienza era ormai certa”.

SOLUZIONE

Con la sentenza in commento i giudici di legittimità, dopo aver esaminato e ritenuto priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la sua tardività formulata dalla controricorrente, hanno respinto le doglianze del padre. La Cassazione conferma l’operato dei precedenti giudici di merito perché “la premorienza del donante è, per sua natura, evenienza incerta anche ove il donante versi in condizioni di malattia irreversibili (non potendo escludersi, in linea di principio, che premuoia il donatario per cause accidentali, improvvise, impreviste e indipendenti dal suo stato di salute sicché la donazione non diviene efficace), né è – in tal caso – prevedibile la durata della vita residua, conservando utilità pratica la connotazione di irrevocabilità della disposizione” perciò la liberalità sottoposta a condizione sospensiva si praemoriar del donante è non contraria al disposto di cui all’art. 485 c.c.  Viene confermata la sentenza della Corte di merito che aveva stabilito che la donazione era immediatamente efficace e aveva ad oggetto quote sociali considerate nella loro consistenza e valore al momento della disposizione, dando vita a un vincolo giuridico produttivo di effetti prodromici.

I giudici di piazza Cavour affermano che in tema di patti successori, per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 cod. civ. occorre accertare:

1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta;

2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa;

3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello “jus poenitendi”;

4) se l’acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa;

5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo “mortis causa”, ossia a titolo di eredità o di legato.

Configurano un patto successorio, nullo ex art. 458 c.c., sia le convenzioni aventi ad oggetto una vera e propria istituzione di erede rivestita della forma contrattuale, sia quelle aventi per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta, tali da far sorgere un “vinculum iuris”, di cui la successiva disposizione testamentaria rappresenti l’adempimento.

QUESTIONI

La Cassazione torna sul tema dei patti successori e in particolare dell’ammissione della donazione con la clausola si praemoriar.

Il codice civile (art. 458 c.c.) sancisce un divieto generale per tutti i patti successori, ossia di tutti i negozi che attribuiscono o negano diritti su una successione non ancora aperta.

In dottrina si è ricollegato il divieto al principio espresso dall’articolo precedente (457 c.c.), in virtù del quale l’eredità  si devolve per legge o per testamento, con esclusione pertanto di una devoluzione ‘‘contrattuale’’. Dunque il testamento è l’unico strumento a disposizione del privato per disporre mortis causa del proprio patrimonio: si è in presenza di una ‘‘tipicità assoluta’’ del meccanismo negoziale a mezzo del quale può essere realizzata quella finalità.[1] Nessun negozio tra vivi può produrre in linea generale il medesimo risultato di ‘‘regolare’’ la successione nel patrimonio dell’ereditando. Di fatti il negozio col quale un soggetto dispone in vita di un proprio diritto, attribuendolo unilateralmente ad altro soggetto con effetti decorrenti dalla propria morte, concreta una disposizione mortis causa ed è valido solo se perfezionato con l’osservanza dei requisiti di forma previsti dalla legge; se l’attribuzione è invece frutto di un accordo, il negozio rientra nella categoria dei patti successori ed è nullo in ogni caso a norma dell’art. 458 c.c. [2]

La donazione per causa di morte è una figura che risale al diritto romano arcaico, che prevedeva una donazione revocabile, subordinata alla premorienza del donante al donatario per il caso di pericolo di morte (partenza per la battaglia, malattia). Una simile figura, nel nostro ordinamento, sarebbe in chiaro contrasto con il divieto del patto successorio, realizzando una negoziazione tra vivi con cui si dispone per il tempo successivo alla propria morte[3]. Anche se, dal momento che non è revocabile, per parte della dottrina[4] non incontrerebbe il divieto dei patti successori istitutivi, in quanto essi sono sanzionati proprio per l’irrevocabilità della disposizione mortis causa. Essa sarebbe comunque nulla per contrasto con il principio di irrevocabilità della donazione[5]: il potere di revoca realizzerebbe una condizione risolutiva meramente potestativa[6].

Diversa è la figura quella della donazione con condizione di premorienza del donante (si praemoriar), o con termine iniziale alla morte del donante (cum praemoriar). In tali casi infatti la morte non integra, secondo la dottrina, la causa della donazione, ma costituisce solo un riferimento alla produzione degli effetti[7].

Questa distinzione non è unanimemente accolta: alcuni osservano che tali ipotesi donative ‘‘assicurano’’ al donatario il bene per quando il donante non sarà più in vita, esprimendo quindi ‘‘la funzione tipica del testamento, cioè la liberalità successoria’’[8]. La donazione inoltre renderebbe, a differenza del testamento, irrevocabile la disposizione, violando il principio generale di libera revocabilità delle disposizioni a causa di morte, e anche ove fosse revocabile, conterrebbe una condizione risolutiva meramente potestativa.

La tesi rigorosa è stata accolta anche da due noti precedenti giurisprudenziali. La Cassazione, in particolare, ritiene sussistenti nella figura in oggetto tutti i caratteri del patto successorio. Inoltre, con riferimento alla donazione si praemoriar, esclude che possa invocarsi, in favore della liceità del negozio, l’effetto retroattivo della condizione di premorienza, perchè tale retroattività configurerebbe un acquisto ereditario risalente a tempo anteriore alla morte[9].

Diversa opinione[10], accolta da un altro precedente giurisprudenziale, ammette tali donazioni, poichè esse non realizzerebbero donationes mortis causa ma al contrario normali donazioni tra vivi sottoposte a termine o condizione, con la particolarità che l’evento è dato dalla morte del donante. E tale validità va affermata ogni volta che la morte costituisca non la causa dell’attribuzione, ma piuttosto un evento condizionante la produzione degli effetti definitivi, senza impedire la produzione degli effetti prodromici e preliminari[11].

Come è stato precisato in dottrina[12], la donazione non è in tal caso priva dell’effetto immediato dello spoglio, essa è ‘‘attuale ma condizionata’’, produce l’effetto negoziale di vincolatività fin da subito, per cui il donatario acquista una aspettativa di diritto e non di mero fatto[13], e quindi legalmente tutelata, con la possibilità di compiere atti conservativi e di disposizione del diritto condizionato (artt. 1356 ss. c. c.). Ove si trattasse di patto successorio, invece, l’aspettativa del beneficiario sarebbe di mero fatto, potendo essa venir meno, come visto, per effetto di successive disposizioni mortis causa in senso diverso. Ad esempio, è stato ritenuto valido un contratto preliminare con il quale un promittente alienante assumeva l’obbligo di trasferire al figlio naturale del coniuge, alla morte di costui, la proprietà di una quota di un bene che alla data della stipula era già ricompreso nella comunione legale dei beni e quindi nel patrimonio del coniuge promissario acquirente[14]. Tale strumento può essere utilizzato per dissimulare un patto successorio istitutivo vietato, ma occorrerebbe dimostrare che le parti in tal mondo hanno inteso provvedere alla futura successione del donante.

Infine, si osserva, anche se non è facile distinguere la donazione in oggetto da un patto successorio, devono essere applicati i criteri di interpretazione del contratto, ed in particolare l’art. 1367 c.c., per cui nel dubbio esso va interpretato nel senso che possa avere qualche effetto e non in quello per cui non ne avrebbe alcuno [15]. Quindi, nel senso della donazione inter vivos condizionata o a termine [16].

Non rientra invece nel divieto la donazione con clausola di premorienza, espressamente disciplina (art. 791 c.c.), che è risolutivamente condizionata alla premorienza del donatario, e quindi destinata a risolversi ove il donatario premuoia al donante. In questo caso la donazione realizza immediatamente l’intero effetto attributivo, mentre la condizione risolutiva è intesa a soddisfare un interesse del donante a recuperare il bene a preferenza dei successori del donatario.

Nella decisione in esame la Corte di Cassazione ribadisce il proprio orientamento domaninte[17] secondo cui il divieto di patti successori previsto dall’art. 458 c.c. trova applicazione rispetto agli atti mortis causa (diversi dal testamento) destinati “a regolare i rapporti che scaturiscono dalla morte del soggetto, senza produrre alcun effetto, neppure prodromico o preliminare fino a quando il soggetto è in vita”, mentre sono di regola sottratti al predetto divieto “i negozi in cui l’evento morte non è causa dell’attribuzione, ma viene ad incidere esclusivamente sull’efficacia dell’atto, il cui scopo non è di regolare la futura successione”, ma una situazione preesistente alla morte del disponente mediante un negozio da subito produttivo di effetti disponibili (ex art. 1357 c.c.) e tutelati (ex art. 1356 c.c.) a favore del beneficiario.

[1] cfr.: Cass. civ. 14 luglio 1983 n. 4827, in Giust. civ. mass., 1983, 7: ‘‘La delazione ereditaria può avvenire solo per testamento o per legge, senza, quindi, l’ipotizzabilità di un tertium genus, come il patto successorio che, ponendosi in contrasto con il principio fondamentale (e pertanto di ordine pubblico) del nostro ordinamento della piena

liberta` del testatore di disporre dei propri beni fino al momento della sua morte, è per definizione non suscettibile della conversione ex art. 1424 c.c., in un testamento mediante la quale si realizzerebbe proprio lo scopo, vietato dall’ordinamento, di vincolare la volontà del testatore al rispetto di impegni, concernenti la propria successione, assunti con terzi’’; A. Palazzo, Le successioni, in Tratt. dir. priv. a cura di I. Iudica-P. Zatti, 2a ed., vol.I, Milano 2000, p. 46.

[2]  Cass. civ. 24 aprile 1987 n. 4053, in Riv. not., 1987, 582: ‘‘Il negozio con il quale un soggetto disponga in vita di un proprio diritto, con effetti decorrenti dalla data della propria morte, attribuendo ad altro soggetto il godimento di un immobile (diritto di abitazione di un appartamento, qualificato nell’atto come comodato) a partire dal giorno in

cui esso dichiarante avrà cessato di vivere, anche se strutturato nella forma di atto ‘‘inter vivos’’ sottoposto alla condizione sospensiva della premorienza del titolare del diritto, concreta una disposizione successoria, in quanto la sua funzione è quella di permettere al dichiarante di disporre della propria successione per quanto avrà cessato di vivere ed è quindi nullo poiché urta contro il divieto dei patti successori’’

[3] U. Carnevali, Le donazioni, in Tratt. dir. priv. a cura di P. Rescigno, Torino, 1997, 552.

[4] C.M. Bianca, Diritto civile. II. La famiglia. Le successioni, cit., p. 493.

[5] L. Ferri, Disposizioni generali sulle successioni, cit., pp. 109 ss.

[6]  A. Torrente, Variazioni sul tema della donazione mortis causa, in Foro italiano,1959, I, 580.

[7] D. Cupini, A proposito dei patti successori e donazioni con clausola ‘si praemoriar’, in Notariato, 2005, p. 639; A.A. Carrabba, Le donazioni ‘mortis causa’, in Riv. not., 2006, pp. 1449 ss.

[8] C.M. Bianca, Diritto Civile. II. La famiglia. Le successioni, cit., p. 493.

[9] Cass. civ. 6 marzo 1950 n. 576; Cass. civ. 24 aprile 1987 n. 4053. Concordemente a dette pronunce, in dottrina, v. L. Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977, cit., p. 399; C.M. Bianca, op. loc. ult. cit..

[10] G. Capozzi, Successioni e donazioni, cit., p. 35;

[11] Cass. civ. 16 giugno 1966 n. 1547 in Giust. civ., 1967, I, 1351; Cass. civ. 9 luglio 1976 n. 2619.

[12] A. Torrente, La donazione, in Trattato dir. civ. e comm. a cura di A. Cicu-F.Messineo, Milano, 1956, 312 ss.; M.V. De Giorgi, I patti sulle successioni future, Napoli, 1976, 116 ss., Secondo questo orientamento, si ritiene ammissibile la validità di tali fattispecie, sul presupposto che le donazioni cum moriar e si praemoriar non realizzerebbero donationes mortis causa, bensì donazioni tra vivi delle quali hanno i classici requisiti dell’attualità e dello spoglio.

[13] G. Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano 1954, p. 46; F.Scaglione, Successioni anomale e contratto di società, Napoli 1998, p. 60; F. Santo ro Passarelli, Saggi di diritto civile, II, Napoli 1961, 849, 853,

[14]  Cass. civ. 16 febbraio 1995 n. 1683, in Giust. civ., 1995, I, 1501, secondo cui ‘‘In tema di patti successori, per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o

estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbono comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello ius poenitendi; 4) se l’acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato’’.

[15] Cfr. Cass. civ. 6 ottobre 1962, n. 2850, secondo la quale ‘‘la clausola contenuta in un contratto di donazione, con cui il donante dona tanta parte di un immobile quanto basterà a raggiungere il valore della quota disponibile dell’intero suo patrimonio, è nulla sia per la indeterminabilità dell’oggetto, fintanto che il donante rimanga in vita e non si formi la massa ereditaria, sia per il divieto dei patti successori, trattandosi di disposizione relativa a beni di una successione non ancora aperta’’.

[16] G. Capozzi, Successioni e donazioni, cit., p. 35.

[17] Ex multis Cass. SS.UU 18831/2019; Cass. 18189/2020

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Predisposizione e interpretazione del testamento: il ruolo dell’avvocato