6 Ottobre 2020

Passaggi generazionali

di Giulia Maria Picchi - Senior partner Marketude Scarica in PDF

Questione interessante e credo di grande momento quella dei passaggi generazionali negli studi professionali.

Proprio qualche giorno fa, ha attirato la mia attenzione il “Rapporto 2019 sull’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili” redatto dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti in cui, tra gli altri dati, mi ha colpito quello della composizione per età degli iscritti.

La suddivisione in tre classi (mi avrebbe fatto piacere ragionare su un dato meno aggregato ma tant’è) indica che il 16.9% degli iscritti ha meno di 40 anni, il 64.7% tra 41 e 60 e il 18.4% oltre 60.

Letto in altro modo, ci sono più iscritti oltre i 60 anni che iscritti con meno di 40.
O ancora: quasi un quinto dei commercialisti è alla soglia o ha felicemente (spero per loro) fatto l’ingresso nella c.d. terza età …almeno finché non aggiornano il concetto e spostano i limiti più avanti -e non mancano già autorevoli proposte in tal senso.

Quale che sia l’etichetta con cui ci si sente maggiormente a proprio agio, la questione dell’età e del conseguente passaggio di consegne penso che meriti di essere affrontato con lucidità e lungimiranza -e non trovo grandi evidenze in tal senso, almeno stando al mio (senz’altro limitatissimo) osservatorio.

A differenza di quelle realtà in cui è molto stringente la regola dell’up or out o dove sono ben delineati i percorsi di carriera o, ancora, dove viene deciso “sulla carta” quando i professionisti devono diventare of counsel, la maggior parte degli studi ruota attorno a una o poche figure chiave, in genere i fondatori, che arrivato il momento in cui sarebbe prudente cominciare a pianificare un avvicendamento, dimostrano di non avere nessuna intenzione di farsi da parte e cedere il bastone del comando.

Complici la forma fisica, l’esperienza, le grandi capacità e -diciamocelo- la loro necessità di mantenersi attivi, anche solo provare a insinuare l’idea che sarebbe opportuno pensare al futuro dello studio immaginando chi potrebbe guidarlo al loro posto suscita, come minimo, una serie più o meno suggestiva di gesti scaramantici e, al massimo, la vaga promessa di fare una riflessione più avanti.

Eppure, tornando alla ricerca, la stragrande maggioranza dei professionisti (64.7%) si colloca in una fascia di età in cui non solo un commercialista ha (o dovrebbe avere) ampiamente acquisito la capacità di prendere in mano le redini dell’attività che svolge ma anzi, non vede l’ora di farlo, stanco di essere considerato “il giovane di studio”.

Arrivati a questo punto, propongo tre ordini di riflessioni.

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