31 Marzo 2020

L’inquadramento giuridico delle lettere di patronage

di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. sez. I, 9 dicembre 2019, n. 32026 – Pres. De Chiara – Rel. Fidanzia

[1] Obbligazioni e contratti – Lettera di patronage c.d. forte – Patronnant – Promessa del fatto del terzo – Fideiussione – Differenze – Inadempimento – Impegno ad eseguire la prestazione

[1] “In tema di “patronage” qualora il “patronnant” si limiti a promettere che il patrocinato farà fronte alle proprie obbligazioni, pur in presenza di una lettera di patronato cd. forte, egli non assume anche l’impegno di eseguire personalmente la prestazione, come avviene nella promessa del fatto del terzo dove, in caso di inadempimento, il promittente è obbligato ad indennizzare il creditore, mentre quando il patrocinatore abbia assunto l’impegno direttamente e debba quindi adempiere l’obbligazione nel caso di inadempimento del patrocinato, ricorre un’ipotesi di fideiussione”.

CASO

[1] Quattro soci sottoscrivevano a favore di una banca alcune lettere in garanzia relative alla loro società di cui una dal seguente tenore «vi comunico che possiedo il …% del capitale della predetta società e che mi impegno a comunicarvi tempestivamente qualsiasi variazione che dovesse intervenire nella mia partecipazione, ed a far sì che, in caso di diminuzione o perdita di detta mia partecipazione, farò fronte al rimborso di eventuali esposizioni verso di voi». Due dei quattro soci, dopo avere estinto i debiti della società, ottenevano dal Tribunale di Genova un decreto ingiuntivo per agire in regresso nei confronti degli altri. Questi ultimi, quindi, proponevano opposizione innanzi al Tribunale di Genova che, in accoglimento delle loro domande, qualificava le dichiarazioni rilasciate dalle parti come lettere di patronage e non come garanzie fideiussorie, con la conseguenza che i soci non erano tenuti a rispondere direttamente delle esposizioni della società.

La Corte d’Appello di Genova investita del gravame, invece, rigettava l’opposizione ritenendo che la lettera sottoscritta dalle parti rientrasse nella categoria della garanzia fideiussoria, in quanto i soci, impegnandosi al rimborso delle esposizioni verso la società, avevano assunto il medesimo impegno oggetto dell’obbligazione principale. Avverso la predetta sentenza i soci opponenti proponevano ricorso per Cassazione affidandosi a molteplici motivi di doglianza.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione, dopo aver evidenziato le caratteristiche delle lettere di patronage e delineato le differenze con la garanzia fideiussoria, ha respinto tutti i motivi di ricorso ritenendoli in parte infondati e in parte inammissibili. La Suprema Corte, in particolare, ha affermato che il giudice d’appello ha correttamente ricondotto l’impegno assunto dai sottoscrittori di far fronte, in caso di diminuzione o perdita di detta partecipazione, al rimborso di eventuali esposizioni verso la banca, alla fattispecie della fideiussione, in quanto “l’impegno al rimborso delle esposizioni della società verso la banca costituisce proprio l’assunzione del medesimo costituente oggetto dell’obbligazione principale”. Nel caso in esame, infatti, i sottoscrittori della lettera, allo scopo di rafforzare il convincimento del creditore di essere soddisfatto, non si sono limitati ad assumere nei confronti della banca un obbligo di fare o la promessa dell’adempimento di un terzo (il che avrebbe comportato la qualificazione della sottoscrizione quale lettera di patronage) ma hanno assunto personalmente l’obbligo di rimborsare i debiti della società al ricorrere del presupposto della «diminuzione o perdita della partecipazione».

QUESTIONI

[1] La ricerca di forme e di strumenti di garanzia flessibili, idonei a soddisfare e a conformarsi alle esigenze negoziali manifestatasi nella prassi del commercio e della finanza, ha dato origine alle c.d. lettere di patronage o di conforto, con cui, in occasione dell’erogazione di un mutuo, dell’apertura di un credito o della stipulazione di un contratto di finanziamento, un soggetto, legato da particolari rapporti con il beneficiario della somma eroganda, rende dichiarazione in forma epistolare circa lo stato del debitore.

Per lettera di patronage, secondo la comune accezione, si intende un documento sotto forma di lettera di intenti a contenuto variabile che il patronnant rilascia a favore di una società, che normalmente appartiene allo stesso gruppo societario o su cui esercita un certo potere di controllo, per agevolarla nell’ottenimento o mantenimento di finanziamenti da parte di una banca. Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità fin dalle primissime pronunce sul tema (Cass. civ. n. 10235/1995) la specifica funzione che assolvono le lettere di patronage non è tanto di quella di garantire l’adempimento altrui, nel senso in cui tale termine viene assunto nella disciplina della fideiussione, nelle quali il garante assume l’obbligo di eseguire la stessa prestazione dovuta dal debitore, quanto quella di rafforzare nel creditore cui la dichiarazione è indirizzata il convincimento che il patrocinato farà fronte ai propri impegni. In sostanza, le lettere di patronage sono strumenti giuridici diretti a rafforzare la protezione dei diritti del creditore ed il loro riconoscimento nell’ordinamento si giustifica per la loro idoneità a realizzare interessi meritevoli di tutela a norma dell’art. 1322, co. 2, c.c..

La rilevanza giuridica delle lettere di patronage varia a seconda del loro contenuto. Tali dichiarazioni, infatti, possono avere un contenuto meramente informativo (ad es. circa l’esistenza di una posizione di influenza della società che rilascia la dichiarazione sull’altra, con il solo impegno di comunicare eventuali cambiamenti nella detenzione della partecipazione, o circa le condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie del patrocinato) e, in questo caso, si parla di lettere di patronage c.d. deboli. In tali ipotesi, un’eventuale responsabilità del patrocinante può essere affermata alla stregua dei principi dagli artt. 13371338 c.c., in materia di responsabilità precontrattuale atteso che il patronnant si inserisce nello svolgimento di trattative avviate tra altri soggetti allo scopo di agevolarne la positiva conclusione, creando ragionevoli aspettative sul buon esito dell’operazione. Incorre, ad es., nella responsabilità precontrattuale il dichiarante che attesta falsamente di detenere una partecipazione nella patrocinata o dichiara mendacemente la solvibilità del debitore.

Le lettere di patronage possono anche avere contenuto impegnativo e, in questo caso, si parla di lettere di patronage c.d. forti con le quali il patronnant non si limita a rappresentare fatti e circostanze pregresse o attuali, ma assume specifici obblighi nei confronti del destinatario della dichiarazione (ad es. la conservazione della propria partecipazione nella società debitrice, l’esercizio dell’attività di direzione e controllo, il mantenimento del patrimonio della società debitrice a livello tale da consentire la solvibilità), strumentali al rafforzamento del convincimento del creditore alla concessione di credito o al mantenimento del fido o all’estensione dell’esposizione creditoria (v. Cass. civ. n. 4888/2001; Cass. civ. n. 11987/2001).

La definizione dei profili di responsabilità connessi alla violazione degli obblighi assunti con dichiarazioni di conforto di tipo forte è strettamente connessa alla qualificazione giuridica di tali obblighi.

Secondo un primo orientamento, fatto proprio dalla sentenza in epigrafe, la dichiarazione impegnativa di conforto del patronnant è equiparabile ad una promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c. Tale qualificazione comporta, sul piano della responsabilità da inadempimento, l’obbligo del patronnant di indennizzare il destinatario della dichiarazione anche ove si fosse adoperato diligentemente per assicurargli l’adempimento dell’obbligazione restitutoria del patrocinato e anche se l’inadempimento non fosse imputabile al debitore.

Secondo altro orientamento, invece, la dichiarazione impegnativa di conforto del patronnant è una promessa del fatto proprio del dichiarante, inserita in un rapporto negoziale avente per oggetto una prestazione di facere atipica volta a realizzare indirettamente il risultato del soddisfacimento delle pretese creditorie. Così qualificato l’obbligo del patronnant, la violazione di esso, nell’ipotesi di inadempimento della prestazione restitutoria del patrocinato, espone il patrocinante a responsabilità di tipo contrattuale, la cui sussistenza presuppone l’accertamento del nesso eziologico tra l’inadempimento dell’obbligo del patronnant e l’inadempimento dell’obbligo del patrocinato. Tale accertamento deve essere effettuato attraverso un giudizio fattuale, teso a rilevare l’efficienza causale dell’inadempimento del patronnant sull’adempimento del patrocinato, e attraverso un successivo giudizio di tipo ipotetico-contrattuale, volto ad accertare l’idoneità dell’inadempimento da parte patronnant ad evitare l’incapacità solutoria del patrocinato e il conseguente danno del finanziatore.

Una parte della dottrina, invece, qualifica l’impegno del patronnant come obbligazione di risultato in cui il risultato è rappresentato dall’adempimento della prestazione restitutoria da parte del patrocinato. La responsabilità del dichiarante, in tal caso, sorgerebbe per effetto del mancato conseguimento, da parte del finanziatore, della prestazione dal debitore, a prescindere dai mezzi di diligenza e professionalità impegnati dal patronnant per consentire al patrocinato l’adempimento dell’obbligazione restitutoria.

Appare, invece, maggioritario, l’orientamento dottrinale, avallato anche dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la prestazione del patronnant appartiene al novero dei comportamenti che devono essere posti in essere con i mezzi di diligenza richiesti dalla natura dell’affare, dall’esperienza, dalla qualità e dalla professionalità del soggetto obbligato; sicché deve ritenersi sussistente la responsabilità del patronnant nell’ipotesi di prestazione non diligente, violativa del precetto di cui all’art. 1176 c.c.

Alla luce di quanto sopra illustrato, le differenze tra la lettera di patronage e la fideiussione, come ribadisce la Corte di Cassazione nella sentenza in commento, sono evidenti. Il patronnant non assume mai, come, invece, il fideiussore, l’impegno di eseguire personalmente la prestazione in caso di inadempimento del patrocinato. Infatti, anche nel caso in cui il patronnant non si limiti a dare mere informazioni, ma assuma degli impegni specifici e rilevanti ai fini dell’erogazione del credito, tali impegni hanno ad oggetto prestazioni di facere o di dare dal contenuto diverso da quello gravante sul debitore principale, e hanno come effetto quello di far sorgere in capo al garante non un obbligo di rimborso del credito concesso al patrocinato inadempiente, bensì, in caso di inadempimento, un obbligo risarcitorio nei confronti del destinatario della lettera di conforto.  La funzione della lettera di patronage, quindi, non è quella di garantire l’adempimento altrui, nel senso in cui tale termine viene assunto nella disciplina della fideiussione e delle garanzie personali specificatamente previste dal legislatore ove il garante assume l’obbligo di eseguire la stessa prestazione dovuta dal debitore, quanto quella di rafforzare, nel creditore cui la dichiarazione è indirizzata, il convincimento che il patrocinato farà fronte ai propri impegni.