Contratto preliminare di compravendita a effetti anticipati, superamento del termine essenziale e risoluzione del contratto
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Catanzaro, 11 febbraio 2025, n. 247, Giudice Ferraro
Parole chiave
Compravendita immobiliare – Contratto preliminare – Consegna anticipata – Termine essenziale – Superamento del termine – Risoluzione del preliminare
Massima: “In tema di compravendita immobiliare, laddove il termine contenuto nel contratto preliminare sia essenziale, il suo superamento determina la risoluzione del contratto e, nel caso l’immobile sia già stato consegnato, implica la riconsegna del medesimo al venditore”.
Disposizioni applicate
Art. 1470 c.c. (nozione), art. 1457 c.c. (termine essenziale per una delle parti)
CASO
Il 13 settembre 2019 viene concluso tra due società un contratto preliminare di vendita di un immobile. Il venditore acconsente a consegnare l’unità immobiliare prima del rogito notarile. Viene previsto un prezzo complessivo di 270.000 euro, con una caparra iniziale di 10.000 euro. Vengono poi stabiliti tre acconti, rispettivamente di 12.000 euro, 18.000 euro e 24.000 euro. Il contratto preliminare prevede che andrà infine corrisposto il saldo prezzo di 206.000 euro. Il contratto preliminare prevede come termine essenziale per la stipula dell’atto notarile il 31 marzo 2023 (successivamente prorogato al 31 luglio 2023). La clausola contrattuale stabiliva testualmente che “la stipula dell’atto notarile di vendita avverrà entro e non oltre il 31 marzo 2023; il termine pattuito per la stipula del contratto definitivo ha natura di termine essenziale, ai sensi dell’art. 1457 c.c.”. Il termine, come detto prorogato al 31 luglio, viene tuttavia superato senza che si giunga al rogito, cosicché la società venditrice comunica la volontà di risolvere il contratto.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Catanzaro constata il superamento del termine previsto nel contratto, termine da considerarsi essenziale, e dichiara la risoluzione del contratto preliminare di compravendita dell’immobile. Inoltre, il giudice catanzarese stabilisce che gli importi pagati dall’acquirente, in parte a titolo di caparra e in parte a titolo di acconto, possono essere trattenuti dal venditore.
QUESTIONI
Il caso affrontato dal Tribunale di Catanzaro è una vicenda abbastanza ricorrente nelle compravendite immobiliari. Si tratta di operazioni a formazione progressiva, in quanto il contratto definitivo viene preceduto da un contratto preliminare. Il tempo intercorrente tra i due contratti può servire a diversi scopi, ma frequentemente serve all’acquirente per procurarsi la provvista necessaria per la compravendita.
Quando c’è un contratto preliminare, è importante fissare – nel testo del medesimo – il termine entro il quale dovrà essere concluso il contratto definitivo. Se è inserito un termine, va inoltre chiarito se il termine deve considerarsi come essenziale o dispositivo. La disposizione di riferimento è l’art. 1457 c.c., secondo cui “se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, … se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni” (comma 1); “in mancanza, il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione” (comma 2). Il meccanismo funziona dunque come segue: in presenza di un termine essenziale, se la parte adempiente “accetta” il ritardo già intervenuto, deve comunicare in tempi brevissimi all’altra che vuole comunque (ossia: nonostante il ritardo) l’esecuzione. Altrimenti, il contratto s’intende risolto.
Il problema che si pone con maggior frequenza nella prassi è quello di comprendere se il termine indicato dalle parti sia o meno essenziale. Al riguardo è intervenuta in più occasioni la Corte di cassazione. Ad esempio, secondo Cass., 15 luglio 2016, n. 14426, l’accertamento in ordine all’essenzialità del termine va condotto alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, di modo che risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo, che non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, riferita al tempo di esecuzione della prestazione, se non emerga dall’oggetto del contratto o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l’utilità prefissatasi. Nel caso affrontato dal Tribunale di Catanzaro, l’essenzialità del termine risulta con chiarezza: la clausola difatti specificava espressamente che il termine doveva intendersi come essenziale.
Di norma, presupposto per la risoluzione del contratto è la gravità dell’inadempimento. Il concetto viene espresso in modo negativo dall’art. 1455 c.c.: “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”. Questo requisito non è necessario se il termine concordato tra le parti è essenziale. Cass., 18 febbraio 2011, n. 3993, ha chiarito che, in presenza di un termine essenziale per l’adempimento della prestazione, la risoluzione del contratto opera di diritto, prescindendo dall’indagine in ordine all’importanza dell’inadempimento, che è stata anticipatamente valutata dai contraenti, dovendo in tal caso il giudice limitarsi ad accertare la sussistenza e l’imputabilità dell’inadempimento.
La conseguenza dell’intervenuta risoluzione del contratto di compravendita è la restituzione dell’immobile. Nel caso di specie, difatti, l’unità immobiliare era già stata consegnata al promissario acquirente. Di norma ciò non avviene, in quanto la consegna delle chiavi ha luogo solo al rogito notarile, quando viene saldato il prezzo di acquisto.
Ulteriore conseguenza dell’avvenuta risoluzione del contratto è il diritto del promittente venditore di trattenere la caparra che è stata versata. La caparra ha difatti esattamente questa funzione di garantire la serietà dell’impegno delle parti. Si ricorderà che, nel caso di specie, l’acquirente aveva versato – oltre alla caparra – alcuni acconti. Gli acconti non seguono di per sé il destino della caparra e, se il contratto preliminare si risolve, devono essere restituiti all’acquirente. Nel contratto oggetto della sentenza del Tribunale di Catanzaro era però inserita un’apposita clausola secondo cui “nel caso di risoluzione del presente contratto, tutte le somme versate dalla parte promittente acquirente saranno trattenute dalla parte promittente venditrice a titolo d’indennità, anche per l’utilizzo del bene, e risarcimento del danno, rinunciando sin d’ora la promissaria acquirente alla restituzione di qualsivoglia importo”. Il giudice catanzarese valorizza questa clausola e dichiara che il venditore può trattenere anche gli acconti ricevuti dal compratore.
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