Obbligo informativo del mediatore ai sensi dell’art. 1759 c.c.
di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., Sez. II, ord. 10/04/2025, n. 9395, Rel. Dott. L. Cavallino
Mediazione – obbligo informativo – responsabilità mediatore (art. 1759 c.c.)
Massima: “In virtù del principio di buona fede e correttezza, il mediatore immobiliare è tenuto a riferire alle parti tutte le circostanze conosciute o conoscibili attraverso la diligenza qualificata propria della sua professione, includendo quelle relative alle iscrizioni o trascrizioni sull’immobile. Tale obbligo di informazione sussiste sia nella mediazione tipica che in quella atipica.”
CASO
Tizio e Caio hanno convenuto avanti al Tribunale di Napoli Sempronio ed Alfa, esponendo che avevano concluso, con l’intermediazione di Alfa e nella qualità di promissarie acquirenti, un contratto preliminare di compravendita di immobile di proprietà di Sempronio, e che, dopo la stipula, avevano scoperto che l’immobile era gravato da ipoteca, diversamente da quanto promesso e dichiarato nel preliminare. Poiché la promittente venditrice non aveva provveduto a liberare l’immobile dal vincolo, hanno chiesto la condanna di Sempronio al pagamento di una somma pari al doppio della caparra, ex art. 1385 c.c. e hanno altresì chiesto che fosse dichiarata la concorrente responsabilità in capo all’agente immobiliare (Alfa) e che lo stesso fosse condannato alla restituzione della provvigione e al risarcimento del danno subito.
Il Tribunale ha accolto la domanda proposta nei confronti di Sempronio, dichiarando legittimo il recesso ex art. 1385 c.c. e condannando quest’ultimo al pagamento a favore delle attrici dell’importo pari al doppio della caparra; il Tribunale ha invece rigettato la domanda proposta nei confronti di Alfa.
Tizio e Caio hanno dunque proposto appello, chiedendo l’accoglimento della domanda di restituzione della provvigione e di risarcimento del danno proposta nei confronti di Alfa.
La Corte d’appello, dichiarando di accogliere parzialmente l’appello, ha dichiarato la responsabilità di Alfa per la mancata conclusione dell’affare e lo ha condannato alla restituzione della provvigione agli appellanti.
Avverso la sentenza Alfa ha proposto ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie parzialmente il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata, in relazione ad aspetto invero secondario ai fini della presente indagine, ribadendo al contempo principi assai rilevanti in materia di mediazione e di diritto alla provvigione da parte del mediatore.
QUESTIONI
La S.C. parte per la sua analisi da basi assodate. In linea generale, infatti, riafferma il principio in base al quale al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso; e questo risultato si ottiene quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 cod. civ., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Nel caso di specie, quindi, la circostanza che il contratto preliminare fosse stato concluso e che le promissarie acquirenti abbiano agito per ottenere l’accertamento della legittimità del loro diritto di recesso e del loro diritto di ottenere il doppio della caparra per l’inadempimento della promittente venditrice non era elemento che in sé escludesse il diritto del mediatore alla provvigione.
Detto questo, però, la Corte compie una riflessione ulteriore che la induce a capovolgere la conclusione appena abbozzata e sulla quale occorre soffermarsi.
Sulla scorta dell’art. 1759 c.c., il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui no-te, cioè quelle effettivamente conosciute relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, a prescindere dal motivo e dalle modalità con le quali sono state apprese, e anche quelle conoscibili mediante l’uso della diligenza richiesta dall’art. 1776, 2° co., c.c. ad un operatore professionale. L’estensione dell’obbligo informativo del mediatore è conseguenza, in estrema sintesi, della progressiva “professionalizzazione” della sua attività ad opera di diversi interventi normativi a partire dalla fine degli anni ’80. Sulla scorta di questa considerazione e rifacendosi alla previsione dell’art. 1175 c.c., quale fonte anch’essa di obbligazioni in via integrativa, si è da più parti ritenuto che il mediatore, quale esperto dei settori in cui opera, nello svolgimento della sua attività sia tenuto quindi a comunicare alle parti anche le circostanze a lui non note ma conoscibili mediante l’uso della diligenza ad un operatore professionale (ex art. 1776, 2° co., c.c.).
Per non dilatare eccessivamente i confini di questo obbligo conoscitivo, prima, e informativo, poi, del mediatore, si afferma ripetutamente che il mediatore, in assenza di uno specifico incarico, non sarebbe comunque tenuto a svolgere indagini tecnico-giuridiche, che si trovano al di fuori del suo campo di attività e che quindi non sarebbe tenuto a sapere e a diffondere circostanze che per essere conosciute presuppongano una siffatta attività.
Un’ipotesi di frequente applicazione è quella che inerisce al dovere del mediatore di conoscere la libertà dell’immobile oggetto di trasferimento da pesi o trascrizioni pregiudizievoli, procurandosi le relative visure catastali e ipotecarie.
In passato, la stessa S.C. (sent. 09/ 15926, sent. 06/15274) affermava non sussistere alcun obbligo del mediatore di procedere ad analisi di siffatta portata e quindi ne escludeva qualsiasi forma di responsabilità per non avere informato la parte dell’eventuale esistenza di pesi o trascrizioni pregiudizievoli. Ma nel tempo, a causa di una mutata sensibilità in ordine alla tematica in oggetto e in considerazione del fatto che l’obbligo conoscitivo e informativo, si è cominciato a dire, debba essere parametrato e quindi diversamente apprezzato in base alle caratteristiche dell’affare e in base al livello di organizzazione dello stesso mediatore, la Corte è giunta alla conclusione opposta. Oggi infatti è rinvenibile e ripetuta l’affermazione secondo la quale il mediatore, sia quando agisca in modo autonomo – mediazione tipica –, sia su incarico delle parti – mediazione atipica – è tenuto a comportarsi secondo buona fede e correttezza e perciò a riferire alle parti le circostanze, conosciute o conoscibili secondo la diligenza qualificata ex art. 1175 c.c. propria della sua categoria, idonee a incidere sul buon esito dell’affare, senza che le eventuali più penetranti verifiche a ciò necessarie postulino il previo conferimento di specifico incarico, tali essendo le circostanze afferenti alle iscrizioni o trascrizioni sull’immobile (Cass. 23/11371, Cass. 22/24534, Cass. 22/15577, Cass. 19/27482). E a tale ultimo indirizzo anche la decisione in commento presta adesione.
In ragione di ciò, la S.C. respinge la doglianza del mediatore sul punto (mentre accoglie il ricorso, appunto parzialmente, in relazione ad altro aspetto qui non analizzato).
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