11 Gennaio 2022

L’annullamento del contratto di appalto per dolo determinante

di Emanuela Ruffo, Avvocato

Tribunale di Milano 10 novembre 2021, Est. Vitale

Contratto di appalto – vizio del consenso – dolo determinante – annullamento contratto

[1] In tema di vizi del consenso deve essere annullato ex artt. 1427 e 1439 c.c. il contratto di appalto avente ad oggetto il rifacimento della pavimentazione di uno stabilimento industriale ove l’appaltatore, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto, abbia carpito il consenso del committente mediante modalità fraudolente costituite dall’utilizzo durante la prova campione di materiali o prodotti diversi da quelli convenuti per la prova. Il contratto di appalto successivamente stipulato è affetto da dolo determinante dell’appaltatore e deve essere annullato con conseguente onere restitutorio di quanto versato dal committente a titolo di anticipo sull’opera.

Disposizioni applicate

Art. 1662, comma 2, art. 1453, art. 1427, art. 1439, art. 1429 n. 2 c.c.

CASO

L’attore ha citato in giudizio la società committente per veder dichiarata la risoluzione del contratto di appalto stipulato tra le parti, avendo la convenuta violato l’obbligo di collaborazione e buona fede tra le parti e non consentito all’appaltatrice di eseguire le opere appaltate, rendendosi pertanto colpevole di grave inadempimento. L’attrice chiedeva altresì il riconoscimento del risarcimento del danno.

L’oggetto del contratto di appalto era la realizzazione di un’opera di pavimentazione di un capannone industriale.

La committente, dopo aver riscontrato alcune difformità nella colorazione del materiale fornito dall’appaltatrice aveva infatti interrotto i lavori di pavimentazione impedendo all’appaltatrice di proseguire e ultimare l’opera.

Nel giudizio si è quindi costituita la committente, la quale ha chiesto il rigetto delle domande attoree e l’accertamento ex artt. 1662, comma 2 e 1453 c.c. dell’inadempimento dell’appaltatrice. In via subordinata la committente ha insistito per l’annullamento del contratto di appalto per dolo determinante ex artt. 1427, 1439 e 1429 n. 2 c.c. o, in via di ulteriore subordine, per errore essenziale e riconoscibile.

La convenuta ha infatti dedotto che ad essere inadempiente era l’attrice, in ragione del fatto che a seguito della inadatta realizzazione dell’opera posta in essere dall’appaltatrice in altro cantiere, aveva scoperto di essere stata raggirata dalla società attrice, in quanto nel campione per la selezione che aveva effettuato l’appaltatrice stessa non era stato utilizzato il materiale ordinato, ma erano stati aggiunti dei pigmenti composti dalla stessa inducendo in errore la convenuta nella conclusione del contratto.

SOLUZIONE

Nella specie il Tribunale di Milano ha annullato il contratto di appalto avendo ritenuto provate le circostanze relative all’utilizzo, non dichiarato, da parte dell’appaltatore, nella fase della prova campione, di un materiale ulteriore rispetto al prodotto commerciale che era stato convenuto, ritenendo pertanto il Tribunale il successivo contratto di appalto concluso mediante il dolo determinante dell’appaltatore.

QUESTIONI

Nella sentenza in commento, il Tribunale ha ritenuto fondata e assorbente la domanda riconvenzionale della convenuta di annullamento del contratto per dolo ex art. 1439 c.c.

Sostiene il giudice di prime cure che contrattualmente le parti chiaramente avevano pattuito e specificato la tipologia di prodotto da utilizzare per la colorazione del pavimento, nonché lo spessore del rivestimento. L’appaltatrice aveva poi realizzato un campione, dichiarando che si trattasse del materiale e della colorazione indicata in contratto, mentre in realtà si è avuto modo di verificare che la colorazione utilizzata per il campione era stata creata con pigmenti ad hoc dalla stessa appaltatrice e, pertanto, non secondo le indicazioni convenute in contratto.

Secondo l’argomentazione del Tribunale, la condotta dell’appaltatrice – che discostandosi dalla tipologia e dalla colorazione espressamente prevista in contratto ha creato un diverso e simile prodotto per  effettuare la campionatura su cui poi si è basato l’ordine della committente – integra gli estremi del dolo contrattuale quale vizio del consenso ai sensi dell’art. 1439 c.c., a mente del quale il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato.

Il dolo, dunque, è causa di annullamento del contratto, allorché si sia concretato in artifici o raggiri o anche menzogne, che – ingenerando nella controparte una rappresentazione alterata della realtà – siano stati determinanti del consenso che altrimenti non sarebbe stato prestato (v. Cass. 2003, n. 5166, 2006, n. 6166).

Sul tema il tribunale ha richiamato altresì la pronuncia delle Sezioni Unite n. 1955/1996, secondo la quale, a norma dell’art. 1439 c.c., il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati siano stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe prestato il proprio consenso per la conclusione del contratto, ossia, quando, determinando la volontà del contraente, abbiano ingenerato nel deceptus una rappresentazione alterata della realtà, provocando nel suo meccanismo volitivo un errore da considerarsi essenziale ai sensi dell’art. 1429 c.c., con la conseguenza che a produrre l’annullamento del contratto non è sufficiente una qualunque influenza psicologica sull’altro contraente, ma sono necessari artifici o raggiri, o anche semplici menzogne che abbiano avuto comunque un’efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte e, quindi, sul consenso di quest’ultima.

Nel caso di specie è emerso che l’appaltatrice, in sede di campionatura, non ha utilizzato il materiale convenuto, ma una mistura creata appositamente da lei e apparentemente simile alla colorazione indicata in contratto, determinando quindi una falsa e distorta percezione della realtà ed ingenerando dolosamente nel committente l’erronea convinzione di aver commissionato la realizzazione di un pavimento mediante la posa in opera del prodotto convenuto.

Il giudice ha pertanto rilevato una condotta fraudolenta dell’appaltatrice, che ha indotto la committente a prestare il proprio consenso ad un contratto di appalto che non avrebbe mai concluso se avesse saputo sin dall’inizio che nella campionatura aveva utilizzato dei materiali non rispondenti al prodotto indicato in contratto.

I raggiri utilizzati dalla appaltatrice sono stati quindi determinanti nella conclusione del contratto, poiché incidenti su una qualità essenziale del prodotto oggetto dell’opera, essendo sufficienti ai fini dell’annullamento del contratto per dolo anche le semplici menzogne che abbiano avuto comunque un’efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte.

La pronuncia in commento è conforme all’orientamento di legittimità più recente, secondo il quale il nesso eziologico non può, in linea di massima, considerarsi integrato da una mera omissione, o da una incomprensione, o dalla presunzione di una errata percezione delle vicende dedotte contrattualmente, ma occorre che la condotta dolosa sia caratterizzata da un facere attraverso il quale si persegue intenzionalmente e fattivamente una perturbazione nella formazione del volere (cfr. Cass. Civ., ordinanza n. 25968/2021).

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Riforma del terzo settore