23 Maggio 2023

L’efficacia probatoria della quietanza

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5945, Pres. Frasca – Est. Condello

[1] Quietanza – Natura – Confessione stragiudiziale alla parte – Fondamento – Conseguenze (art. 2735 c.c.)

Massima: “Il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria ex artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l’atto se non dimostrando, a norma dell’art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente la prova della non veridicità della dichiarazione”. 

CASO

[1] Una S.r.l. in liquidazione, dopo aver rinvenuto sette quietanze in originale relative a versamenti da essa effettuati in favore di due società, tutte firmate dal socio unico di entrambe le società e aventi identico contenuto («anticipazioni sugli utili che sarebbero derivati da una futura partecipazione nelle attività della s.r.l.») e dopo avere scoperto uscite di ingenti somme dalla cassa della società, formalmente contabilizzate come «prelievo amministratore», tutte incassate da soggetti con i quali non aveva mai intrattenuto rapporti, conveniva in giudizio, con distinti atti di citazione, le due società, il socio unico delle stesse e il precedente amministratore della s.r.l. attrice, chiedendo la restituzione delle somme, in quanto indebitamente versate.

Le parti convenute, costituendosi in giudizio, replicavano che tutti i pagamenti erano stati effettuati in esecuzione di un contratto di joint-venture con la s.r.l. attrice; in via riconvenzionale, spiegavano domanda di risarcimento dei danni nei confronti della medesima.

L’adito Tribunale di Bologna accoglieva parzialmente le domande di parte attrice e rigettava la domanda riconvenzionale.

La sentenza veniva impugnata, in via principale, da una delle due società convenute, limitatamente alla condanna al pagamento di somma di denaro scaturente da una quietanza, e, in via incidentale, dalla s.r.l. attrice.

La Corte d’Appello di Bologna rigettava entrambi i gravami e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta dalla s.r.l. nei confronti degli altri convenuti.

La corte di merito, in primo luogo, riconosceva alla quietanza rilasciata dal socio unico convenuto al precedente amministratore della s.r.l. attrice valore di confessione stragiudiziale, come tale vincolante per il giudice circa la verità del fatto in essa rappresentato, così respingendo i motivi di gravame della società convenuta, che aveva contestato l’efficacia di prova legale attribuita a detta quietanza dal giudice di primo grado.

Avverso tale pronuncia, per quanto di interesse ai fini del presente commento, veniva proposto ricorso incidentale da parte della società convenuta, appellante in via principale.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2702, 2730, 2731 e 2033 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c., la controricorrente censurava la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto che la dichiarazione di quietanza, rilasciata dall’amministratore unico della società al precedente amministratore della s.r.l. attrice costituisse prova legale della riconducibilità a tale s.r.l. del pagamento e integrasse, pertanto, presupposto per la ripetizione. Sosteneva la ricorrente che il valore di prova legale riguardasse sicuramente il fatto materiale del ricevuto pagamento, ma non potesse essere esteso anche al profilo della identificazione del suo autore, atteso che, avendo la quietanza valore di confessione stragiudiziale, la confessione poteva avere ad oggetto esclusivamente un fatto storico. La Corte d’appello, pertanto, non avrebbe potuto rinvenire nella dichiarazione di quietanza la prova legale della provenienza del pagamento anche in ragione dell’estraneità della quietanza rispetto al rapporto di mandato tra le due società e soggiungeva che, valutando l’efficacia probatoria della dichiarazione di quietanza, avrebbe trascurato di considerare altri e diversi elementi di prova idonei ad escludere la riconducibilità del pagamento alla società ricorrente.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione giudica infondato il motivo di ricorso incidentale proposto.

La Suprema Corte, nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadisce la natura confessoria della quietanza, la cui efficacia probatoria può essere vinta esclusivamente dall’allegazione e dimostrazione del fatto che la quietanza medesima fu rilasciata per errore di fatto o violenza.

Gli argomenti che la controricorrente ha utilizzato per affermare che la quietanza in esame non offriva la prova che fosse stata la s.r.l. attrice a pagare alla società ricorrente la somma di denaro erano, dunque, da considerare inconsistenti e facilmente superabili alla luce dei principi ribaditi anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass., sez. un., 22 settembre 2014, n. 19888).

Conclusivamente, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale, con integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti, in ragione della reciproca soccombenza.

QUESTIONI

[1] La questione sottoposta all’attenzione della Suprema Corte attiene all’efficacia probatoria da riconoscere alla quietanza di pagamento.

La quietanza si identifica nell’atto unilaterale cui ha riferimento l’art. 1199 c.c., il quale, sotto la rubrica «diritto del debitore alla quietanza» obbliga «il creditore che riceve il pagamento» a «rilasciare quietanza», su richiesta e a spese del debitore.

Relativamente a tale atto, in giurisprudenza è indiscussa la sua natura confessoria, per cui il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria, ai sensi degli artt. 2733 e 2735 c.c., con la conseguenza per cui non può impugnare l’atto se non provando, a norma dell’art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o da violenza; non gli è sufficiente, quindi, provare l’elemento oggettivo della non veridicità della dichiarazione di ricevuto pagamento, ma occorre che egli provi, altresì, l’elemento soggettivo dello stato di errore o di coartazione che lo ha determinato al rilascio (Cass., 7 dicembre 2005, n. 26970; Cass., 21 febbraio 2014, n. 4196).

In questa prospettiva, il rilascio al debitore, da parte del creditore, della quietanza non determina una semplice inversione dell’onere della prova dell’avvenuto pagamento, perché al creditore che ha attestato il fatto del ricevuto pagamento non è poi consentito di “eccepire che il pagamento non sia mai avvenuto, a meno che non alleghi e dimostri che la quietanza fu rilasciata per errore di fatto o violenza” (Cass., 31 ottobre 2008, n. 26325; Cass., 21 febbraio 2014, n. 4196).

In altri termini, detta dichiarazione può essere impugnata – analogamente a quanto avviene in base alla disciplina della revoca della confessione – soltanto se il creditore dimostra “non solo la non veridicità della dichiarazione, ma anche che la non rispondenza al vero di questa dipende o dall’erronea rappresentazione o percezione del fatto contestato, ovvero dalla coartazione della sua volontà, e non già invece dall’avere erroneamente confidato sull’avveramento di quanto dichiarato consapevolmente in modo non veritiero” (Cass., 3 giugno 1998, n. 5459).