La curva chiusa del Correttivo Cartabia: considerazioni intertemporali in tema di procedimento ex art. 380-bis c.p.c.
di Riccardo Rossi, Avvocato Scarica in PDFCass., Sez. Un, sent., 4 giugno 2025, n. 14986 Pres. D’Ascola – Rel. Fortunato
Cassazione – Procedimento per la decisione accelerata – Procura speciale alle liti – Riforma Cartabia – Correttivo Cartabia – Divieto di retroattività – Tempus regit actum (c.p.c. 83, 380-bis; prel., 11; D.lgs. 149/2022, 3, 35; D.lgs. 164/2024, 7)
[1] L’art. 380 bis c.p.c. nel testo modificato dal d.lgs n. 164 del 2024 e, di conseguenza, la soppressione ivi disposta del requisito della nuova procura speciale, si applica anche ai giudizi di cassazione introdotti con ricorso notificato prima dell’1.1.2023 ove, a tale data, non sia stata fissata l’adunanza camerale o l’udienza pubblica, essendo le disposizioni processuali del d.lgs. n. 164 del 2024, per la loro particolare funzione correttiva e/o integrativa, destinate a saldarsi a quelle del d.lgs. n. 149 del 2022, completando l’intervento di riforma con norme rivolte a correggerne ed integrarne le previsioni e dovendosi preferire l’interpretazione orientata a non differenziare l’entrata in vigore delle modifiche adottate dal d.lgs. 164/2024 rispetto alle corrispondenti previsioni del giudizio di legittimità introdotte dal decreto Cartabia.
In forza del principio tempus regit actum l’applicabilità della modifica, nell’ambito dei giudizi in corso, va, tuttavia, limitata ai soli atti posti in essere dopo l’entrata in vigore delle disposizioni modificative, dovendo intendersi per “actus”, con riferimento all’art. 380 bis c.p.c., l’istanza di decisione la quale, se formulata in relazione ai procedimenti nei quali al 26.11.2024 – data di entrata in vigore del d.lgs. 164/2024 – era già scaduto il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione per richiedere la decisione, doveva essere corredata da una nuova procura speciale. Nei procedimenti di definizione accelerata il cui termine per richiedere la decisione sia scaduto dopo il 26.11.2024, deve applicarsi la nuova formulazione dell’art. 380 bis c.p.c., ormai in vigore e, quindi, l’eventuale carenza della nuova procura speciale non è di ostacolo per l’esame e la decisione del ricorso in adunanza camerale o in pubblica udienza, risultando superflua una nuova istanza che, dato il mutato quadro normativo, non richiederebbe il deposito di una nuova procura.
Nei processi cui si applica la precedente formulazione dell’art. 380 bis c.p.c., la mancanza della nuova procura conduce ad una pronuncia di estinzione del giudizio ex art. 391 c.p.c. – con possibilità di proporre istanza ai sensi dell’art. 391, comma terzo, c.p.c. per la verifica sulla regolarità della statuizione adottata – per un impedimento di carattere processuale (la mancanza di una rituale richiesta di decisione) intervenuto in una fase successiva alla proposta stessa, non potendosi ritenersi che la causa sia stata definita in conformità con la proposta di manifesta inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza ai sensi del terzo comma dell’art. 380 bis c.p.c., atteso che non può logicamente sussistere conformità tra la soluzione prospettata nella proposta e l’esito del giudizio determinato dall’assenza di un successivo requisito formale che condiziona la possibilità di ottenere la decisione, esito che necessariamente prescinde dalle ragioni della proposta.
CASO
[1] I fatti di causa possono essere brevemente riassunti come segue.
R.I. impugnava avanti al TAR Catania un’ordinanza del Comune con cui era stata disposta la demolizione di alcuni manufatti.
Il ricorso veniva respinto e, in secondo grado, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana confermava integralmente quanto statuito dal TAR.
R.I. ricorreva dunque per la cassazione della pronuncia (impugnazione notificata in data 28.3.2024), motivandone l’eccesso di potere giurisdizionale per avere, il Consiglio di giustizia amministrativa, invaso la sfera delle competenze della PA.
Costituitosi il Comune, resistente, la Prima Presidente proponeva la definizione anticipata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso.
Il ricorrente, ex art. 380-bis, II co., c.p.c., chiedeva la decisione con istanza dell’11.7.2024 e, successivamente, veniva fissata adunanza camerale.
SOLUZIONE
[1] All’esito della pubblica udienza cui la causa è stata rimessa in forza dell’ordinanza interlocutoria n. 284/2025, che aveva evidenziato la necessità di individuare i procedimenti soggetti all’applicazione della disciplina ex art. 380-bis c.p.c. come riformata dal D.Lgs. 164/2024 (c.d. “Correttivo Cartabia”), veniva dichiarata l’estinzione del giudizio.
Le Sezioni Unite rilevavano che il ricorrente, a seguito della proposta di definizione anticipata del giudizio, aveva chiesto la decisione senza, epperò, produrre nei rituali termini una nuova procura speciale, come richiesto dalla previsione dell’art. 380-bis, II co., c.p.c., nel testo risultante dal D.Lgs. 149/2022 (c.d. “Riforma Cartabia”).
È vero, precisa la Suprema Corte nella sua massima composizione, che l’art. 380-bis, c.p.c. è stato emendato dal Correttivo Cartabia, il quale ha eliminato il riferimento alla “nuova procura speciale” che figurava, invece, nel testo della norma quale scaturito dall’intervento effettuato al riguardo dal D.Lgs. n. 149/2022. Ma giusta il principio tempus regit actum, l’applicabilità della modifica, nell’ambito dei giudizi in corso, anch’essi incisi dalle norme come “corrette” giusta la funzione delle stesse (i.e. la “saldatura” con quelle della Riforma del 2022), va circoscritta ai soli atti posti in essere dopo l’entrata in vigore delle disposizioni modificative, dovendo intendersi per “actus”, con riferimento all’art. 380-bis c.p.c., l’istanza di decisione.
QUESTIONI
[1] Come noto, la Riforma Cartabia ha ripensato il c.d. “rito di sesta”, preferendo una diversa struttura rispetto a quella delineata dal vecchio art. 376 c.p.c., che vedeva il ricorso soggetto al vaglio di ammissibilità della c.d. “sezione-filtro” -Sez. VI- (per una disamina, v. Damiani, Sui (super)poteri della “apposita sezione” della Corte di cassazione, in Giusto proc. civ., 2013).
Infatti, la legge di riforma ha modificato l’art. 380-bis c.p.c. (per una prima impressione sulla novità legislativa, v. Luiso, Il nuovo processo civile. Commentario breve agi articoli riformati del codice di procedura civile, Milano, 2023, p. 218-220), a mente del quale, oggi, è la stessa sezione (Presidente di questa o Consigliere delegato) a cui viene assegnato il ricorso a scrutinare le eventuali ragioni di inammissibilità, di manifesta infondatezza o improcedibilità del ricorso, proponendo alla parte, ove ravvisi la sussistenza di una di tali patologie, una “sintetica proposta di definizione del giudizio”, illustrandone le ragioni, anche attraverso il richiamo ai precedenti.
Al ricorrente, oltre all’inerzia, da intendersi come rinunzia al ricorso (art. 380-bis, II c., c.p.c.) viene concessa, in ogni caso, la facoltà di reagire alla suddetta proposta, potendo chiedere, entro quaranta giorni, la decisione, con l’avvertimento, tuttavia, che allorché la Corte definisca il giudizio in conformità della proposta stessa, essa applicherà l’art. 96, III e IV co., c.p.c.
In ragione della serietà delle conseguenze appena citate, il legislatore della Riforma Cartabia aveva previsto che, per proporre l’istanza di decisione, il difensore avrebbe dovuto munirsi di speciale procura alle liti, anche in adempimento dei propri doveri deontologici, che impongono di illustrare la situazione alla parte difesa (così, Luiso, cit., p. 219).
Tale onere è stato invero eliminato dal Correttivo Cartabia, che ora prevede unicamente che, a seguito della proposta della Corte ex art. 380-bis, I co., c.p.c., la richiesta di decisione viene presentata con “istanza sottoscritta dal [n.d.r., solo] difensore”.
Per tale ragione, dunque, si è posto il tema, affrontato dalle Sezioni Unite nella pronuncia in commento, di quali procedimenti siano soggetti alla disciplina come riformata, nonché, in ogni caso, quali istanze di decisione ai sensi dell’art. 380-bis, II co., c.p.c. debbano essere accompagnate da procura speciale.
Dopo aver rilevato che, nel testo del Correttivo, non si rinvengono disposizioni intertemporali che interessino direttamente i giudizi di appello e quelli di legittimità, la Corte, muovendo dalla relativa Relazione illustrativa, giunge alla conclusione che le disposizioni processuali del D.lgs. 164/2024 sono destinate a saldarsi a quelle del D.lgs. 149/2022, completando l’intervento di riforma con norme rivolte a correggerne ed integrarne le previsioni; il che porta a preferire l’interpretazione orientata a non differenziare l’entrata in vigore delle modifiche adottate dal Correttivo Cartabia rispetto alle corrispondenti previsioni del giudizio di legittimità introdotte dalla Riforma Cartabia.
In altri termini, deve ritenersi che le previsioni oggetto di “correzione” siano applicabili ai medesimi procedimenti su cui era intervenuto il D.lgs. 149/2022. Di conseguenza il nuovo testo dell’art. 380-bis c.p.c. (e la soppressione del requisito della nuova procura speciale) si applica anche ai giudizi di cassazione introdotti con ricorso notificato prima dell’1.1.2023 ove, a tale data, non sia stata fissata l’adunanza camerale o l’udienza pubblica.
Le Sezioni Unite si interrogano, poi, sul momento a partire dal quale opera la soppressione del requisito della nuova procura speciale.
Premesso che il Correttivo Cartabia non contiene alcuna indicazione utile a tali fini, la Corte esclude una interpretazione retroattiva a tutti gli atti compiuti nell’ambito dei procedimenti ricadenti nella previsione dell’art. 380-bis c.p.c., che pure risulterebbe coerente con lo scopo di eliminare ostacoli di carattere formale alla decisione: e questo perché tale ermeneutica si scontrerebbe frontalmente con l’art. 11 Prel., passibile di deroga solo allorquando vi sia l’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale (v., da ultimo, C. Cost. 108/2019).
La forza dell’art. 11 Prel., che la Corte definisce “principio di civiltà giuridica”, rende inattuabile l’estensione degli effetti introdotti dalla norma sopravvenuta (i.e., la soppressione dell’onere del difensore di munirsi di procura speciale per proporre l’istanza di decisione) solo perché più favorevoli, poiché, in tal guisa, si darebbe vita, surrettiziamente, a una sua applicazione retroattiva, generalmente preclusa.
Muovendo lungo queste coordinate, la Corte, in applicazione del principio tempus regit actum, ritiene che per “actus” debba intendersi, con riferimento all’art. 380-bis c.p.c., l’istanza di decisione, la quale, se formulata in relazione ai procedimenti nei quali, al 26.11.2024 – data di entrata in vigore del D.lgs. 164/2024 –, era già scaduto il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione per richiedere la decisione, dovrebbe essere corredata da una nuova procura speciale. Al contrario, nei procedimenti di definizione accelerata il cui termine per richiedere la decisione sia scaduto dopo il 26.11.2024, deve applicarsi la nuova formulazione dell’art. 380-bis c.p.c., ormai in vigore, non occorrendo, pertanto, che al difensore sia stata conferita apposita procura speciale per proporre l’istanza di decisione.
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