6 Luglio 2021

Transazione novativa e transazione conservativa

di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. VI, 20 aprile 2020, n. 7963 – Pres. Armano – Rel. Guizzi

[1] Transazione – Nullità – Transazione novativa – Transazione conservativa – Titolo – Illiceità

(Cod. civ. 1965, 1972)

[1] “La distinzione tra transazione “novativa” e “conservativa” assume rilievo dirimente ai fini dell’applicazione dell’art. 1972 c.c.: la transazione novativa che interviene su un titolo nullo è sanzionata con la nullità (comma 1) soltanto se relativa a un contratto illecito (per illiceità della causa o del motivo comune a entrambe le parti) ed è invece annullabile negli altri casi, ma il vizio del negozio può essere fatto valere soltanto dalla parte che ha ignorato la causa di invalidità (comma 2); la transazione conservativa, riguardante l’esecuzione o gli effetti di un negozio nullo, è sempre affetta da nullità, ancorché le parti ne abbiano trattato, perché essa regola il rapporto congiuntamente al titolo contrattuale invalido e non in sostituzione di questo.” 

CASO

[1] Il caso origina dal ricorso in cassazione di due società avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Roma aveva respinto sia la domanda finalizzata alla rescissione per lesione dell’accordo transattivo stipulato dalle ricorrenti con un’altra società (e qualificato dal giudice di seconde cure come transazione conservativa) sia la domanda di nullità dei contratti di affiliazione commerciale, intercorsi tra le medesime parti, per violazione delle norme sulla libera concorrenza.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte, con la sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso e, nel correggere la motivazione della sentenza impugnata che aveva erroneamente qualificato come conservativo l’accordo transattivo delle parti contenente la risoluzione consensuale dei contratti di franchising e la disciplina di nuove obbligazioni, ha statuito che la dedotta nullità dei contratti di affiliazione societaria per inosservanza della normativa interna e comunitaria non poteva dar luogo ad annullamento della transazione novativa ex art. 1972, comma 2, c.c., trattandosi di pretesa invalidità del titolo non ignota alle società affiliate.

QUESTIONI

[1] La pronuncia in commento si occupa della distinzione, ai fini dell’applicazione dell’art. 1972 c.c., tra transazione novativa e transazione conservativa.

In via preliminare occorre rammentare che l’articolo 1965 c.c., nel definire il contratto di transazione, ha introdotto una previsione sostanzialmente corrispondente a quella dell’articolo 1764 c.c. del 1865, quantunque connotata da maggiore sinteticità, visto che il riferimento alle “reciproche concessioni” tiene il posto dell’indicazione di quelle condotte, consistenti nel “dare”, “promettere” o “ritenere”, ciascuna delle parti transigenti, “qualche cosa”, che, nel sistema dell’abrogato codice civile, identificava uno degli elementi connotanti, ancora oggi, la presente fattispecie contrattuale (ovvero, il cd. “aliquid datum, aliquid retentum”). Il contratto di transazione, infatti, è connotato da una certa portata innovativa dal momento che i suoi elementi caratteristici sono la res litigiosa e il nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, viene a sostituirsi a quello precedente cui si riconnetteva la lite o il pericolo di lite.

È proprio su questo piano che la fattispecie contrattuale di cui all’articolo 1965 c.c. viene distinta dal cd. negozio di accertamento, giacche’, diversamente dalla transazione, che postula una reciprocità di concessioni tra le parti in modo che ciascuna di esse subisca un sacrificio, e della rinuncia, che postula l’esistenza di un diritto acquisito e la volontà abdicativa volta e dismettere il diritto medesimo, il negozio di accertamento ha la funzione di fissare il contenuto di un rapporto giuridico preesistente con effetto preclusivo di ogni ulteriori contestazione al riguardo; esso non costituisce fonte autonoma degli effetti giuridici da esso previsti, ma rende definitive ed immutabili situazioni effettuali già in stato di obiettiva incertezza, vincolando le parti ad attribuire al rapporto precedente gli effetti che risultano dall’accertamento, e precludendo loro ogni pretesa, ragione od azione in contrasto con esso.

Nondimeno, quantunque l’accordo transattivo sia connotato da una certa portata innovativa, la giurisprudenza ha evidenziato le profonde differenze che intercorrono tra la transazione novativa e quella conservativa. Nella transazione novativa e’ necessario che l’accordo raggiunto dalle parti disciplini per intero il nuovo rapporto negoziale e ciò perchè la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un diverso rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche, sicchè di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l’animus novandi, consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l’originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l’aliquid novi, inteso come mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione o del titolo del rapporto” (da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 13 marzo 2019, n. 7194), il tutto, ovviamente, sempre nella prospettiva di eliminare la res litigiosa.

Il requisito del cd. animus novandi può anche risultare in modo non esplicito, visto che “l’efficacia novativa della transazione presuppone una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall’accordo transattivo, in virtu’ della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti debbano ritenersi sostanzialmente diverse da quelle preesistenti, con la conseguenza che, al di fuori dell’ipotesi in cui sussista un’espressa manifestazione di volontà in tal senso, il suo accertamento richiede una verifica in ordine all’intento delle parti di addivenire, nella composizione del rapporto litigioso, alla costituzione di un nuovo rapporto, fonte di nuove ed autonome situazioni, destinate a sostituirsi a quelle preesistenti” (Cass. Sez. 1, sent. 11 novembre 2016, n. 23604).

Per contro, nella transazione conservativa, invece, le parti danno vita ad un accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un “quid medium” tra le prospettazioni iniziali (Cass. Sez. Lav., sent. 14 giugno 2006, n. 13717).

La distinzione tra le due fattispecie – transazione novativa e conservativa – assume rilievo dirimente ai fini dell’applicazione dell’articolo 1972 c.c.

Premesso che il medesimo articolo 1972, comma 1 c.c. nel contemplare l’ipotesi della nullità della transazione relativa a “contratto illecito”, sancisce la nullità della transazione soltanto se questa ha ad oggetto un contratto nullo per illiceità della causa o del motivo comune ad entrambe le parti e non quando si tratta di contratto nullo per mancanza di uno dei requisiti previsti dall’articolo 1325 c.c., tale disposizione “prevede l’ipotesi in cui la transazione non abbia avuto a oggetto il titolo”, integrando la cosiddetta “transazione novativa”, bensì soltanto “la sua esecuzione ovvero gli effetti da esso derivanti (transazione non novativa)”, con la conseguenza che “la nullità del titolo (rimasto in vita) travolge rendendo nulla anche la transazione, seppure le parti abbiano trattato della nullità” (Cass. Sez. 2, sent. 10 luglio 2014, n. 15841).

Per contro, il comma 2 dell’art. 1972 c.c., che disciplina, invece il caso in cui la composizione della lite abbia riguardato il titolo (transazione cd. novativa), ne prevede l’annullabilità (e non la nullità), che può essere chiesta solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo, sicchè, in sostanza, “la transazione novativa ovvero quella che interviene sul titolo è annullabile, ma il vizio del negozio può essere fatto valere soltanto dalla parte che sia in errore sulla nullità del titolo” (così Cass. Sez. 2, sent. n. 15841 del 2014).

In definitiva, l’applicazione dell’articolo 1972 c.c., comma 2, alla sola transazione cd. novativa trova la ragione d’essere nel fatto che “la nullità, l’inesistenza o comunque l’esaurimento del preesistente titolo rimasto invece incontroverso e fuori della transazione (c.d. transazione non novativa), determinano, “indipendentemente da ogni impugnativa, automaticamente l’inutilità della transazione” (Cass. Sez. 3, sent. 10 luglio 1998, n. 6703), e ciò in quanto nella transazione conservativa, l’accordo transattivo regola congiuntamente alla fonte preesistente – e non in sostituzione di esso – il rapporto tra le parti, sicchè le vicende ad essa relative sono destinate ad influire sulla sorte del contratto di cui all’articolo 1965 c.c. L’applicazione, per contro, dell’articolo 1972 c.c., comma 1 è, invece, una conseguenza del fatto che in caso di transazione conservativa, l’accordo transattivo non potrebbe consentire al titolo illecito – che resta, come detto, fonte concorrente del rapporto – di produrre effetti giuridici.

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