5 Febbraio 2019

Sull’ammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione anche quanto tutti i soggetti parti della causa di merito siano residenti o abbiano la loro sede sociale in Italia

di Giuseppe Scotti Scarica in PDF

Cass. sez. un., 20 novembre 2018, n. 29879, Relatore Cons. Giusti Alberto

[1] Ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione – Difetto di giurisdizione – Clausola per arbitrato estero – Questione di competenza – Legittimazione a proporre regolamento preventivo di giurisdizione – Ammissibilità – (Cod. proc. civ. artt. 4, 37, 41 e 819 ter; Legge 31 maggio 1995, n. 218, artt. 3, 50 e 73).

Il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto, non solo, quando convenuto nella causa di merito sia un soggetto domiciliato o residente all’estero, ma anche, allorché la contestazione della giurisdizione italiana sia stata effettuata in forza della deroga convenzionale a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero dal convenuto domiciliato e residente in Italia.

È inammissibile il regolamento preventivo nell’ipotesi in cui l’accertamento istruttorio necessario ai fini della statuizione sulla giurisdizione sia stato concretamente precluso dalla proposizione del regolamento.

L’eccezione di compromesso dà luogo ad una questione di giurisdizione e non di competenza.

CASO

[1] In una lite pendente tra parti residenti in Italia, veniva impugnata una divisione ereditaria ai sensi degli artt. 761 e 763 c.c. Parte convenuta eccepiva la sussistenza della giurisdizione esclusiva dell’arbitro unico estero come previsto in un atto negoziale sottoscritto tra le parti stesse e regolante la divisione ereditaria e proponeva altresì ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ai fini di ottenere declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Resisteva con controricorso, l’attrice la quale, rilevava nel merito come la vertenza de qua riguardasse la divisione della massa ereditaria e quindi sussistesse la giurisdizione italiana ex art. 50 della Legge 31 maggio 1995, n. 218.

Resisteva autonomamente anche l’esecutore testamentario, frattanto costituitosi, deducendo l’inammissibilità del ricorso per due motivi: (i) perché proposto prima dell’accertamento istruttorio necessario ai fini della statuizione sulla giurisdizione; (ii) giacché si trattava di questione di competenza e non di giurisdizione.

Il regolamento di giurisdizione veniva diretto alla trattazione camerale sulla base delle conclusioni del P.M. che insisteva per l’inammissibilità del ricorso sul rilievo che tutte le parti della causa fossero residenti o avessero sede in Italia.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte, rinviando il ricorso per la decisione nel merito solo una volta acquisita una relazione di approfondimento dell’Ufficio del Massimario idonea a meglio dipanare le delicate questione sottese (in particolare quella relativa al fatto se la controversia a quo costituisca o meno una causa concernente la divisione ereditaria, per la quale la giurisdizione del giudice italiano è regolata dall’art. 50 della Legge n. 218 del 1995), ritiene ammissibile il ricorso e così, da una parte, respinge le eccezioni di inammissibilità e, dall’altra, dirime un conflitto giurisprudenziale esistente in seno alla stessa Corte, privilegiando la impostazione da ultimo emersa.

QUESTIONI

[1] La Suprema Corte, in primis, si occupa dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione sollevata dal P.M. per rigettarla.  Così statuendo la Corte ricompone un contrasto interno alla stessa. Dopodiché, volge il proprio sguardo ad altre due questioni preliminari per ribadire consolidate posizioni.

Se il ragionamento svolto dalle Sezioni Unite per respingere le eccezioni di inammissibilità appare motivato, supportato da richiami giurisprudenziali e condivisibile, invece, meno rigoroso risulta il rinvio della decisione nel merito a causa di un approfondimento della materia. La pausa di riflessione che il Collegio si accorda denota forse una non completa dimestichezza con la ostica materia del diritto internazionale privato.

Ma si proceda con ordine. L’eccezione di inammissibilità sollevata dal P.M. si fonda su di un insegnamento della Corte regolatrice secondo cui, quando tutti i soggetti parti in causa siano residenti o abbiano la loro sede sociale in Italia, si sarebbe al di fuori del perimetro per il quale è stato previsto il regolamento preventivo di giurisdizione. In altre parole, il regolamento preventivo di giurisdizione sarebbe consentito solo quando la questione di giurisdizione sorga nei confronti dello “straniero” ora inteso come colui che non ha né domicilio, né residenza in Italia.

Tale impostazione è stata, a più riprese, sostenuta dalle Sezioni Unite nell’ambito di un dibattito che prendeva le mosse dall’abrogazione ad opera dell’art. 73 della Legge n. 218 del 1995 del secondo comma dell’art. 37 c.p.c. relativo al difetto di giurisdizione in favore dell’autorità giudiziaria straniera.

La relativa disciplina veniva così trasportata nell’art. 11 della Legge n. 218 del 1995 senza che vi fosse alcun coordinamento con l’art. 41 c.p.c. che rimaneva in vigore prevedendo il regolamento preventivo di giurisdizione attraverso un richiamo generico all’ipotesi di cui all’art. 37 c.p.c.

L’aporia che ne derivava generava dubbi circa la disponibilità del regolamento preventivo nell’ipotesi in cui si facesse valere la giurisdizione del giudice straniero (vedi G. GIACALONE Questione di giurisdizione del giudice italiano e regolamento preventivo. L’art. 37, comma 2, c.p.c. dopo la riforma di cui alla legge n. 218 del 1995: vigente, abrogato o resuscitato? in Giustizia Civile, fasc.3, 1999, pag. 659).

All’impostazione di parte della dottrina che favoriva un’interpretazione abrogante (vedi M. BORREANI in Tutela internazionale delle funzioni sovrane delegate ad enti stranieri: tra vecchie e nuove aporie in Diritto del Commercio Internazionale, fasc.3, 2018, pag. 748 che descrive il dibattito in dottrina all’indomani dell’abrogazione), si contrapponevano le Sezioni Unite che optavano per la tesi affermativa, facendo leva sul fatto che l’art. 41 disponesse un rinvio generalizzato alla disciplina del difetto di giurisdizione nonostante la mutata collocazione inserita nell’art. 11 della Legge n. 218 del 1995.

Con una serie di decisioni la Suprema Corte, sostenendo quindi la immutata ammissibilità del regolamento di giurisdizione, ne proponeva nondimeno una versione limitata ai soli casi in cui l’eccezione fosse sollevata dalla parte non residente o non avente domicilio, né sede in Italia [ex multis e da ultimo Cassazione civ. sez. un., ord., (ud. 08 novembre 2016) 02 febbraio 2017, n. 2736 in Massima redazionale pluris, 2017].

Il ragionamento a favore della tesi restrittiva poggiava sulla natura straordinaria del regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c. non estensibile a casi non esplicitamente previsti. Secondo la Corte, posto che l’abrogato secondo comma dell’art. 37 c.p.c. prevedeva la possibilità di esperire il regolamento di giurisdizione allorquando la questione sorgesse “nei confronti dello straniero”, tale criterio sarebbe stato ancora valido a delineare il recinto applicativo del regolamento preventivo. Ciò era tanto più vero atteso il rinvio recettizio dell’art. 41 c.p.c. all’art. 37 nonostante la sua abrogazione. La conseguenza di tale ragionamento era l’inammissibilità del ricorso ove proposto allorché convenuti nella causa di merito fossero soggetti residenti o domiciliati in Italia.

In tale contesto, il richiamo alla residenza o al domicilio derivava dal fatto che fosse frattanto venuto meno, ai fini della individuazione del perimetro della giurisdizione del giudice italiano e a seguito dell’abrogazione dell’art. 4 c.p.c., il riferimento allo straniero. Sicché ora, quale parametro generale della giurisdizione del giudice italiano assume rilevanza il dato obiettivo del domicilio o della residenza in Italia del convenuto senza distinzione tra convenuto italiano o straniero.

In un panorama come quello sopra riportato, non mancavano decisioni di indirizzo contrario (vedi Cassazione civile, sez. un., 24 marzo 2006 , n. 6585 in Giust. civ. Mass. 2006, 3) che proponeva l’ammissibilità del regolamento sostenendo l’irrilevanza della nazionalità del convenuto ai fini di affermare la giurisdizione del giudice italiano, tuttavia una vera e propria revisione critica della tesi restrittiva è avvenuta solo nel settembre del 2018 (vedi Cassazione civile, sez. un., 21 settembre 2018, n. 22433 in Giustizia Civile Massimario 2018) cosicché la decisione qui commentata si colloca appieno nell’alveo da ultimo tracciato.

Il revirement della Suprema Corte che estende la legittimazione per la proposizione del ricorso al convenuto residente o avente domicilio in Italia sembra rispondere a ragioni di maggior equità oltre che essere il frutto di mutata attenzione per le dinamiche dei rapporti del commercio internazionale.

A tale innovativa conclusione le Sezioni Unite approdavano sul rilievo della non assolutezza del principio di inammissibilità dell’istanza di regolamento preventivo proposta dal convenuto residente in Italia, principio che pertanto è passibile di temperamenti in determinate circostanze.

Tra queste particolari circostanze, la Corte Regolatrice annoverava la regolamentazione pattizia di deroga alla giurisdizione tanto attraverso la previsione di una clausola di foro competente, quanto attraverso una convenzione per arbitrato estero. Una siffatta deroga, prevista dall’art. 4 delle Legge n. 218 del 1995, infatti, non avrebbe ragione di essere ove si postulasse la assolutezza del principio dell’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione da parte del convenuto residente. Donde la necessità di ricorrere a ragionevoli temperamenti volti a salvaguardare la scelta negoziale effettuata dalla parti.

Cosicché la Corte perveniva a ritenere ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione proposto dal convenuto residente o avente domicilio in Italia qualora il convenuto evocasse un interesse specifico per escludere la giurisdizione italiana in ragione della giurisdizione esclusiva dell’arbitro estero o del giudice estero liberamente scelto dalle parti in via negoziale.

La Corte ha quindi ritenuto di dare continuità a questo orientamento più recentemente emerso potenziando il ragionamento già svolto con ulteriori riflessioni di carattere dogmatico e sistematico.

Innanzitutto, il Collegio richiama una giurisprudenza formatasi in vigenza dell’abrogato secondo comma, dell’art. 37 c.p.c. ove il termine straniero era stato interpretato come “espressione ellittica” per individuare qualunque soggetto non sottoposto alla giurisdizione italiana (vedi Cassazione civ. sez. un., 13 febbraio 1993, n. 1824 in Giur. It., 1993, I,1, 2106, nota COLELLA).

In secondo luogo, la Corte richiama la riflessione secondo cui il sistema di diritto internazionale privato processuale, attesa la libertà delle parti di prevedere un regime derogatorio della giurisdizione italiana, esclude l’operatività in senso assoluto del criterio generale fondato sul domicilio o sulla residenza in Italia del convenuto. Sicché tale assolutezza non potrebbe essere nemmeno applicata al precedente principio di inammissibilità fondato sul domicilio o sulla residenza in Italia del convenuto.

Da ultimo, la Corte con interpretazione costituzionalmente orientata, pone seri subbi circa il fatto che il rimedio del regolamento di giurisdizione possa essere appannaggio esclusivo dei convenuti con domicilio o residenza all’estero. In tale contesto, richiama la disparità di trattamento di situazioni analoghe, confliggente con il disposto dell’art. 3 nonché la violazione del diritto di difesa sancito dagli artt. 24 e 111 della Costituzione, tenuto altresì conto che, nell’attuale sistema processuale, il ricorso per regolamento non sospende più automaticamente il giudizio a quo cosicché ne sono state spente le potenzialità astrattamente dilatorie.

Respinta l’eccezione del P.M., la Corte si rivolge agli altri due motivi di inammissibilità, pure escludendoli. Si tratta di aspetti secondari rispetto al nucleo della decisione che rimane la decisione sull’ammissibilità del ricorso proposto da persona avente residenza e domicilio in Italia.

Purtuttavia, qui in appresso, verrà ad essi dedicata breve trattazione tenuto conto anche della loro manifesta infondatezza.

Con la prima eccezione il controricorrente proponeva l’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione prima dello svolgimento dell’attività istruttoria nel giudizio di merito non potendo l’attività nel giudizio di cassazione essere estesa fino a ricomprendere le prove “costituende”.

La Corte, al riguardo, richiama l’orientamento secondo cui l’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione per impossibilità di dedurre prove “costituende” avanti la Corte stessa, potrebbe dichiararsi nelle sole ipotesi in cui l’invocato necessario accertamento istruttorio sia stato effettivamente precluso dalla proposizione del ricorso, non essendo invece sufficiente la mera prospettazione come possibile. Aderendo a tale insegnamento, la Corte disattende l’eccezione siccome formulata in astratto senza indicazione di quale sarebbe stato l’accertamento istruttorio, in concreto, utile o necessario ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione (vedi Cassazione civile , sez. un., 28 marzo 2006 , n. 7035 in Giur. it. 2007, 5, 1212 nota RONCO).

L’ultima eccezione di inammissibilità verte circa il fatto che l’eccezione per arbitrato tanto estero quanto interno, comporterebbe una questione di competenza ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c. e non di giurisdizione.

L’eccezione è infondata. È ormai pacifico e consolidato il principio secondo cui, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato, l’eccezione di arbitrato estero comporti una questione di giurisdizione e non di competenza (vedi ex plurimis Cassazione civile sez. un., 13 giugno 2017, n.14649 in Giustizia Civile Massimario 2017; BERGAMINI Eccezione di patto per arbitrato estero: un nuovo revirement della Corte di Cassazione, tra disciplina interna e Convenzione di New York in Rivista dell’Arbitrato, fasc.2, 2015, pag. 318).

Quanto al merito, come si suole dire: ci vediamo alla prossima puntata!