24 Gennaio 2023

Revocato l’assegno divorzile alla moglie che eredita immobili anche se è diventata invalida

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. I, ordinanza 10/01/2023, n.354 

Assegno divorzile – Mutamenti sopravvenuti – Revoca e modifica (art. 9 legge n. 898/1970) 

Massima: “Nel giudizio per la revisione dell’assegno divorzile, la sopravvenienza dei giustificati motivi di cui all’art. 9 legge div., il giudice di merito deve considerare il valore oggettivo dell’aumento, anche solo potenziale, subito dal patrimonio immobiliare per effetto dell’eredità, non rilevando le condizioni psico-fisiche della beneficiaria che non le consentono di mettere a reddito le proprie sostanze”.

CASO

Un uomo agisce in giudizio per fare revocare l’assegno divorzile di 800 euro mensili in favore dell’ex moglie posto a suo carico, motivando la richiesta per due circostanze sopravvenute:

  1. la donna aveva ereditato l’altra metà del palazzo nel quale la stessa risiedeva diventando piena proprietaria dell’intero stabile;
  2. il ricorrente, commercialista prossimo al pensionamento, aveva subito una diminuzione dei ricavi.

Il Tribunale di Venezia, svolta una CTU contabile/estimativa relativa alla situazione economica delle parti, ha respinto la domanda di revoca dell’assegno.

Il lascito ereditario rappresentava un incremento patrimoniale non idoneo a determinare una maggiore capacità reddituale della donna, a causa delle condizioni in cui versava l’edificio.

Il valore locativo delle parti dell’immobile non occupate, stimato dal CTU in euro 26.200,00 annui, avrebbe potuto essere realizzato solo mediante un investimento di ristrutturazione di circa 100.000 euro.

Inoltre, la donna aveva allegato di essere affetta da una grave malattia degenerativa, che comportava un’invalidità assoluta e permanente, in seguito alla quale con la pensione dell’INPS il reddito mensile era sceso da 2.400 euro a 1.500 euro, oltre all’indennità di accompagnamento di circa 500 euro. L’INPS aveva inoltre erogato la somma di euro 60.000 euro a titolo di indennità premio.

Il Tribunale veneto ha escluso che la capacità lavorativa dell’ex marito fosse diminuita, accertando piuttosto una stabilità dell’andamento della sua attività professionale.

Anche la Corte d’appello confermava la decisione e contro la sentenza l’uomo ricorreva in Cassazione, sostenendo che la Corte di merito non avrebbe valutato l’oggettiva impossibilità dell’ex coniuge di disporre dei “mezzi adeguati”, che la l’art. 5 della legge n. 878/ 1970 individua quale presupposto per la richiesta di contribuzione al mantenimento.

SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE

Interpretazione dei giustificati motivi per la revoca del mantenimento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. L’art. 9 legge div. subordina la revisione del contributo al mantenimento alla sopravvenienza di “giustificati motivi” da valutarsi con criteri di carattere oggettivo, comparando le condizioni economiche di entrambe le parti. Tali mutamenti oggettivi devono posi essere verificati alla luce del nesso di causalità con la nuova situazione patrimoniale e personale che si è venuta a creare.

Secondo la Cassazione i giudici di merito hanno svolto la valutazione delle condizioni della donna senza considerare il valore oggettivo dell’aumento, anche solo potenziale, subito dal patrimonio immobiliare della stessa per effetto dell’eredità.

Infatti, l’immobile, composto da cinque appartamenti, era stato stimato in CTU per un valore di 1.252.00 euro e un tale incremento patrimoniale non poteva essere azzerato sulla semplice motivazione che le condizioni psico-fisiche dalla beneficiaria non le consentivano di mettere a reddito il proprio patrimonio.

QUESTIONI

La rilevanza dell’eredità

Ogni elemento successivo alla sentenza di divorzio che incide oggettivamente sull’assetto dei rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi comporta la revisione dell’assegno divorzile (Cass. Civ. sez. un. n. 1119/2020. Nel caso in cui sia il coniuge obbligato al versamento dell’assegno divorzile a ricevere un’eredità, la Cassazione si è pronunciata di recente stabilendo che il titolare dell’assegno non può chiedere un aumento del contribuito, non trattandosi di incremento dovuto al reddito da lavoro dell’ex coniuge, su cui si può vantare una legittima aspettativa in compensazione del contribuito alla vita familiare.

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