7 Aprile 2020

Revocabilità dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c.: natura unilaterale e gratuita dell’atto di destinazione

di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. Terza Sent., 13/02/2020, n. 3697, Pres. Vivaldi, Est. Tatangelo

Atto di destinazione di un bene ex art. 2645 ter c.c. – Natura, di regola, unilaterale e gratuita – Presupposti – Contestuale destinazione di propri beni per le esigenze altrui – Revocatoria -Pregiudizio per i creditori

[1] L’atto di semplice destinazione di un bene (senza il trasferimento della proprietà dello stesso) alla soddisfazione di determinate esigenze, ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., costituisce, di regola, un negozio unilaterale – non perfezionandosi con l’incontro delle volontà di due o più soggetti, ma essendo sufficiente la sola dichiarazione di volontà del disponente – e a titolo gratuito, in quanto di per sé determina un sacrificio patrimoniale da parte del disponente, che non trova contropartita in una attribuzione in suo favore; esso resta tale anche se, nel contesto di un atto pubblico dal contenuto più ampio, ciascuno dei beneficiari del vincolo abbia a sua volta destinato propri beni in favore delle esigenze di tutti gli altri – risultando in tal caso i diversi negozi di destinazione solo occasionalmente contenuti nel medesimo atto pubblico notarile -, salvo che risulti diversamente, sulla base di una puntuale ricostruzione del contenuto effettivo della volontà delle parti e della causa concreta del complessivo negozio dalle stesse posto in essere.

Disposizioni applicate

Art. 2645 ter c.c., art. 2901 c.c.

CASO

La creditrice assoggettava a pignoramento un bene immobile, in danno della nuda proprietaria, che a sua volta proponeva opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., sostenendo l’impignorabilità del suddetto immobile, in quanto esso, unitamente ad altri, era oggetto di vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. per la soddisfazione di determinati bisogni dei suoi genitori e della figlia minore.

La creditrice pur contestando il fondamento dell’opposizione, in via riconvenzionale subordinata chiedeva la revoca, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di destinazione, procedendo alla chiamata in causa degli indicati beneficiari del vincolo.

Il Tribunale di primo grado, considerato l’atto di destinazione valido ma pregiudizievole per le ragioni dei creditori, accoglieva sia l’opposizione della debitrice, sia l’azione revocatoria proposta in via riconvenzionale dall’opposta. Tale decisione veniva confermata anche dalla Corte di Appello competente.

La Suprema Corte, confermando la decisione impugnata, è intervenuta in particolare sulla natura unilaterale e gratuita del vincolo di destinazione.

SOLUZIONE

La Suprema Corte ha affermato, nella sentenza in commento, la revocabilità ex art. 2901 c.c. dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., riconoscendo la natura unilaterale e gratuita del vincolo stesso. Dalla natura gratuita dell’atto consegue l’irrilevanza della prova della scientia damni in capo ai terzi beneficiari del vincolo.

QUESTIONI

Il vincolo di destinazione su beni immobili o beni mobili registrati per fini meritevoli di tutela è stato introdotto con l’art. 39 novies D.L. 30.12.2005, n. 273, convertito in legge, con modificazioni, con la L. 23.2.2006, n. 51.

L’atto di destinazione si pone quale limitazione della garanzia patrimoniale del debitore sancita dall’art. 2740 c.c., salvo naturalmente l’esperibilità dell’actio pauliana qualora ne sussistano i presupposti di legge (sulla revocabilità dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione per fini meritevoli di tutela, si veda Cass. 29727/2019).

La decisione in commento si è occupata di definire la natura dell’atto di costituzione del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria.

Com’è noto, ai fini della revocabilità dell’atto, è particolarmente rilevante la sussunzione dello stesso nell’ambito dell’onerosità o della gratuità. Nel primo caso, oltre alla conoscenza in capo al debitore del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, è altresì necessario che tale conoscenza sia condivisa dal terzo acquirente; nel secondo, invece, è sufficiente il consilium fraudis del debitore.

Nel caso di specie, secondo le prospettazioni della ricorrente, l’atto di costituzione del vincolo ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. sull’immobile pignorato sarebbe stato da qualificare come atto a titolo oneroso, in quanto ciascuno dei beneficiari del complessivo patrimonio destinato aveva costituito un vincolo su propri beni ed era quindi al tempo stesso costituente e beneficiario.

La Suprema Corte, confermando la pronuncia del giudice d’appello, ha invece riconosciuto la natura gratuita dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione, trattandosi di un atto che comporta un sacrificio per la parte che lo pone in essere, che non trova contropartita in una attribuzione in favore del disponente.

La circostanza che, nella specie, ciascuno dei beneficiari del vincolo abbia a sua volta destinato propri beni in favore delle esigenze di tutti gli altri, non modificherebbe la natura gratuita di ciascuno di tali atti, non comportando quindi di per sé l’onerosità dei singoli atti di destinazione, in quanto non risulterebbe sussistere, in concreto, corrispettività tra le reciproche destinazioni di beni operate da ciascun membro della famiglia.

Secondo la ricostruzione del giudice di legittimità, l’atto di “destinazione semplice”, cioè quello per cui un soggetto si limita a destinare un bene (senza trasferirne la proprietà o altri diritti reali limitati) alla realizzazione di determinate esigenze, non necessita e non determina di per sé alcun rapporto contrattuale tra tale soggetto ed i beneficiari (che possono essere anche non individuati) e, tanto meno, comporta attribuzioni corrispettive per il disponente, ma solo un sacrificio patrimoniale da parte sua.

Nel descritto contesto, dunque, l’atto che costituisce un vincolo ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. resta strutturalmente un atto negoziale unilaterale a titolo gratuito, se operato nella semplice forma della mera “destinazione” del bene (che resta di proprietà del disponente) alla realizzazione di determinate esigenze, e ciò anche se esso sia posto in essere contestualmente ad analoghi atti di destinazione di altri soggetti, eventualmente coincidenti con i beneficiari, risultando in tal caso i diversi negozi di destinazione solo (occasionalmente) contenuti nel medesimo atto pubblico notarile.

In definitiva, il semplice atto di destinazione di un bene alla soddisfazione di determinate esigenze meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., costituisce, di regola, un negozio unilaterale – in quanto esso non si perfeziona con l’incontro delle volontà di due o più soggetti, ma è sufficiente la sola dichiarazione di volontà del disponente – ed è a titolo gratuito, in quanto di per sé determina un sacrificio patrimoniale da parte del disponente, non trovando contropartita in una attribuzione in favore di quest’ultimo.

La sentenza in commento ha pertanto enunciato il seguente principio di diritto: “l’atto di semplice destinazione di un bene (senza il trasferimento della proprietà dello stesso) alla soddisfazione di determinate esigenze, ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., costituisce, di regola, un negozio unilaterale – in quanto esso non si perfeziona con l’incontro delle volontà di due o più soggetti, ma è sufficiente la sola dichiarazione di volontà del disponente – e a titolo gratuito, in quanto di per sé determina un sacrificio patrimoniale da parte del disponente, senza per quest’ultimo alcuna corrispettiva attribuzione; esso resta tale anche se operato nel medesimo contesto documentale da più soggetti, che ne traggono reciproco beneficio, salvo che risulti diversamente, sulla base della ricostruzione del contenuto effettivo della volontà delle parti e della causa concreta del negozio dalle stesse posto in essere”.

Dal riconoscimento della natura gratuita dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. consegue quindi l’irrilevanza della cd. scientia damni da parte dei beneficiari del vincolo che, pertanto, non costituirà presupposto dell’azione revocatoria dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione.