9 Aprile 2019

Nel giudizio di falso la prova della falsità del documento deve essere univoca ed allegata dal querelante

di Lucia Di Paolantonio, Avvocato Scarica in PDF

Cass., Sez. Seconda, Ord., ud. 14 novembre 2018, 24.01.2019, n. 2126

Prova – onere della prova – querela di falso (cod. civ., art. 2697)

[1] Nel giudizio di falso, sia esso proposto in via incidentale o principale, la prova della falsità del documento deve essere univoca e fornita dal querelante.

CASO

La sig.ra M.G., nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del Codice della Strada dinanzi al Giudice di Pace, deduceva l’apocrifia della sottoscrizione della relata di notifica del verbale di accertamento della violazione e, a tal fine, proponeva dinanzi al Tribunale di Piacenza querela di falso. Il Tribunale adito, disposta la C.T.U., rilevava che non era appurata l’autenticità o l’apocrifia della sottoscrizione e, pertanto, respingeva la domanda attorea. Avverso la predetta sentenza,la sig.ra M.G. ricorreva in appello producendo una perizia di parte volta a contestare le risultanze della C.T.U.; la Corte di Appello, pur ritenendo ammissibile la produzione, rigettava comunque il gravame, e ciò sulla scorta della mancata rilevanza degli elementi addotti nella perizia di parte, in quanto non idonei a confutare l’accertamento meramente dubitativo e non univoco emerso dalla C.T.U. e richiamato nella sentenza di primo grado.

La querelante soccombente, successivamente, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi di ricorso: [1] in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la ricorrente lamentava violazione e falsa applicazione gli art. 2670 cod. civ. perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ritenere assolto l’onere probatorio incombente sulla querelante, ovvero avrebbe dovuto esercitare i poteri istruttori officiosi; [2] in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la ricorrente censurava la sentenza impugnata per aver violato gli artt. 112, 115, 183 e 184 cod. proc. civ.

SOLUZIONE

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, ritenuti i motivi di gravame connessi, ha dichiarato insussistente il vizio di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ., non essendo stata omessa alcuna valutazione su fatti decisivi, ha dichiarato inammissibile la censura di cui all’art. 360 comma 1 n. 3 in ordine alla violazione del disposto di cui all’art. 112 cod. proc. civ. ed infondati gli ulteriori motivi, così rigettando il ricorso e compensando le spese di lite.

QUESTIONI

[1] La questione principale affrontata dalla Corte di Cassazione attiene i principi probatori applicabili al procedimento di querela di falso, in particolare con riguardo all’attribuzione dell’onere probatorio ed alla “intensità” della prova.

Nel caso di specie, all’esito della C.T.U. disposta in primo grado non risultava appurata l’autenticità o meno della sottoscrizione oggetto di querela, emergendo un “non accertamento” meramente dubitativo dell’apocrifia della sottoscrizione; inoltre, la perizia di parte prodotta dalla querelante e ammessa nel giudizio di secondo grado, limitandosi a contestare la C.T.U., non forniva elementi sufficienti a scardinare le conclusioni del perito nominato d’ufficio dal Giudice di prime cure, per cui non poteva dirsi raggiunta pienamente la prova della falsità dedotta dall’attrice.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha rilevato che la querelante, onerata dell’allegazione della prova,  non ha fornito elementi da cui emergesse univocamente la falsità della sottoscrizione tanto da potersi dire confutate efficacemente le risultanze della C.T.U., per cui la decisione della Corte di Appello non poteva essere diversa.

In conclusione, quindi, nel confermare il proprio precedente orientamento, la Corte di Cassazione  ha concluso che ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., nel giudizio di falso, per pervenire all’accoglimento della domanda, la prova della falsità del documento oggetto di querela deve essere piena e univoca e fornita dal querelante.