18 Dicembre 2018

Mantenimento del figlio minore: non quantificabile in via equitativa anche se il padre è benestante

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, VI sez. civile, ordinanza n. 25134 del 10 ottobre 2018

Provvedimenti relativi ai figli – mantenimento

 MASSIMA

Nella quantificazione del mantenimento in favore del minore il giudice non può utilizzare un criterio generico ed equitativo perché il figlio vive in un ambiente familiare particolarmente benestante. A tal fine devono essere prese in considerazione, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunta.

CASO

Nel giudizio promosso ai sensi dell’art. 316 bis c.c. per l’affidamento e il mantenimento del figlio nato da genitori non coniugati, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma del provvedimento emesso dal Tribunale di Bergamo, aveva confermato l’affidamento condiviso a entrambi i genitori del minore, con collocazione prevalente presso la madre, ponendo a carico del padre un assegno di mantenimento, rideterminato da euro 800,00 a Euro 1.500,00 mensili.

Quest’ultimo ricorre in Cassazione per due motivi. In primo luogo, la Corte avrebbe aumentato la misura dell’assegno di mantenimento a suo carico e a favore del figlio, senza fare riferimento alcuno alle attuali e concrete esigenze di vita del minore, e senza operare una valutazione comparativa dei redditi dei due coniugi, ma solo in ragione delle “consistenti risorse reddituali e patrimoniali del padre”.

In secondo luogo, il giudice di merito avrebbe violato le norme sull’affido poiché, pur disponendo l’affidamento condiviso del minore a entrambi i genitori, ha stabilito la collocazione prevalente presso la madre, e non presso entrambi i genitori, in modo da “garantire ruoli paritari” agli stessi nella cura, educazione e istruzione del minore.

SOLUZIONE

Sul primo punto la Cassazione ha accolto le censure del ricorrente.

L’art. 337 ter c.c. impone a ciascuno dei genitori l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Il giudice di merito deve individuare, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, e i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

Nel caso in esame, il decreto emesso dalla Corte d’appello non ha osservato tali principi, poiché il giudice ha desunto – del tutto genericamente, e senza alcun riferimento specifico al caso concreto – l’impossibilità di quantificare “con precisione aritmetica le esigenze di un bambino che vive in ambienti famigliari particolarmente benestanti”, facendo così ricorso a un criterio equitativo ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento.

Quanto al secondo motivo di ricorso, la Cassazione rammenta che nell’ambito dell’affidamento condiviso di un minore, la domiciliazione stabile presso il genitore con il quale il minore ha in prevalenza vissuto in precedenza e che possa assicurargli una maggiore attenzione (poiché più idoneo a prendersi cura del medesimo) è un mezzo per salvaguardare il preminente interesse del figlio a una crescita serena e armoniosa in una situazione di disgregazione della famiglia.

Sul punto, la motivazione del provvedimento della Corte d’appello era puntuale e non carente, essendo state svolte indagini peritali.

QUESTIONI

La sentenza in esame sottolinea come non possano essere assunti automatismi nella quantificazione del mantenimento, per il solo fatto che il genitore obbligato al mantenimento (solitamente il padre) abbia un’ampia disponibilità economica.

In una recente ordinanza la Cassazione ha precisato che il mantenimento dovuto dal padre ai figli deve essere quantificato rispettando il principio di proporzionalità, il quale richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori e pertanto deve essere sempre documentata la situazione economica dell’altro genitore (Cass. Civ. n. 4811/2018).