4 Ottobre 2016

La deformalizzazione del rilascio dell’immobile pignorato

di Pasqualina Farina Scarica in PDF

Sulla scia della più recente giurisprudenza di legittimità, ferma nel sottolineare come la celere liberazione del bene pignorato rappresenti uno dei presupposti dell’efficacia dell’espropriazione forzata, la riforma dell’estate 2016 ha riscritto il terzo ed il quarto comma dell’art. 560 c.p.c. Le nuove disposizioni prevedono, infatti, la deformalizzazione della fase di rilascio dell’immobile pignorato, attuata direttamente dal custode giudiziario, sotto il controllo del giudice dell’esecuzione immobiliare e senza più la partecipazione dell’ufficiale giudiziario.

  1. Il novellato art. 560 c.p.c.

Il riformato art. 560 c.p.c apporta significative innovazioni alla precedente disciplina nella parte in cui abolisce le forme dell’esecuzione in forma specifica ex artt. 605 ss. c.p.c.

Per ottenere il rilascio dell’immobile pignorato non è più richiesto notificare titolo esecutivo (munito di formula esecutiva) e precetto, né il successivo avviso di sloggio (con fissazione di data e ora del primo accesso), né la verbalizzazione di ogni singolo accesso antecedente a quello finale e il rinvio alla data stabilita e comunicata all’occupante. Parimenti non occorre più intraprendere il procedimento di liberazione dai beni mobili ex art. 609 c.p.c.

Ed infatti il novellato art. 560 c.p.c., sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 669-duodecies c.p.c. per i provvedimenti cautelari, stabilisce che il custode è tenuto ad attuare l’ordine di liberazione nel rispetto delle disposizioni impartite dal giudice dell’esecuzione, senza l’osservanza delle formalità stabilite dagli artt. 605 ss.c.p.c.; e che il giudice possa attribuire al custode il supporto della forza pubblica o di altri ausiliari.

Si tratta di un’innovazione che va condivisa, posto che diversi sono i vantaggi conseguenti all’abrogazione delle forme dell’esecuzione per rilascio.

In primo luogo perché viene così ridotto il numero delle procedure esecutive, oltre ai costi di quelle immobiliari ed ai tempi necessari al rilascio dell’immobile pignorato. Si aggiunga che lo scopo principale della riforma è rendere più appetibile, e conseguentemente proficua, la vendita del bene, posto che è più facile trovare soggetti interessati all’acquisto se il bene è subito disponibile. Né va trascurato che l’efficacia del novellato art. 560 c.p.c. si fonda integralmente sul ruolo attivo del custode e su un controllo più intenso da parte del giudice dell’esecuzione: eventuali ritardi saranno da imputarsi, salvo casi particolari, a questi soggetti.

  1. Il procedimento di liberazione.

Si è appena detto che in seguito alla deformalizzazione della procedura di liberazione, ottenere un miglior prezzo dalla vendita forzata, conseguendo in tempi contenuti e certi la disponibilità dell’immobile è compito del giudice e del custode: una volta precluse le forme degli artt. 605 ss. c.p.c., è il giudice dell’esecuzione che deve specificare al custode quanti accessi effettuare e con quale frequenza.

Nulla dice il dato normativo riguardo al termine entro il quale il custode deve concludere le operazioni di rilascio. La mancata previsione non sembra costituire una svista del legislatore, quanto piuttosto una scelta precisa imposta dalla eterogenità delle situazioni che caratterizzano le singole procedure e delle esigenze di collocazione del bene sul mercato. Per questa ragione si deve ritenere che è il giudice dell’esecuzione a stabilire non solo il momento finale, ma anche le fasi intermedie per addivenire entro tempi determinati al rilascio del cespite. È sempre il giudice che fornisce al custode la collaborazione di quei soggetti necessari al rilascio del cespite: il riferimento è a fabbro, medico legale, accalappiacani ecc.

Dal proprio canto il custode – che ha contezza dell’effettivo stato di occupazione del bene e di eventuali criticità – deve tempestivamente comunicare al giudice le particolarità del caso concreto: si pensi alla presenza di minori, portatori di handicap, animali domestici ecc.

Elemento indispensabile per superare le prevedibili difficoltà che possono rallentare le operazioni di rilascio è rappresentato dall’impiego della forza pubblica. Ed infatti,  tramite le disposizioni contenute negli artt. 68 e 560 c.p.c. è il giudice dell’esecuzione che, a differenza di quanto avveniva in passato, può direttamente disporre la presenza degli operatori della forza pubblica a una certa data, derogabile solo per causa sopravvenuta di forza maggiore.

  1. L’impugnabilità dell’ordine di liberazione.

Sulle orme di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., 17.12.2010, n. 25654) il novellato comma secondo dell’art. 560 c.p.c. riconosce espressamente la facoltà di impugnare il provvedimento di liberazione con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Legittimati all’impugnazione sono, oltre al debitore esecutato, anche il soggetto titolare di un diritto di godimento, opponibile alla procedura, sul cespite pignorato.

A differenza del precedente regime quando il terzo, per contestare l’esecuzione per il rilascio intrapresa dal custode, poteva avvalersi dell’opposizione ex art. 615 c.p.c. (Cass., 2.9.2013, n. 20053), tale rimedio è stato sostituito dalla più snella opposizione agli atti esecutivi. Con la precisazione che, per il terzo, il termine per l’impugnazione decorre dal perfezionamento della notifica del provvedimento di liberazione.

Al riguardo va aggiunto che il novellato art. 560 c.p.c. prevede la notifica dell’ordine di liberazione all’occupante, soggetto diverso dal debitore, affinché questi – sempre che sia titolare di un diritto di godimento opponibile alla procedura – possa sollevare opposizione ex art. 617 c.p.c.

Di contro, non è necessaria la notifica al debitore dell’ordine di liberazione, posto che tale provvedimento solitamente riveste le forme dell’ordinanza e, quindi, è adottato in udienza dove il debitore è stato convocato. Stesso discorso va fatto anche per la residuale ipotesi che l’ordine sia stato impartito con decreto pronunciato fuori udienza: in questo caso viene comunicato dalla cancelleria, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata dal debitore o, in difetto, nella cancelleria del tribunale.

  1. La liberazione da beni mobili e documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriali o professionali.

L’ultima parte del quarto comma dell’art. 560 c.p.c. esclude, per un verso, l’applicazione dello speciale procedimento stabilito dall’art. 609 c.p.c. laddove nell’immobile pignorato siano presenti beni mobili o documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriali o professionali; per altro verso affida al custode il compito di intimare all’occupante l’asporto di cespiti e documenti fissando un termine non inferiore a 30 giorni, con facoltà di abbreviarlo, in caso di urgenza. Anche qui il legislatore rinuncia ad avvalersi del ministero dell’ufficiale giudiziario.

Se l’ordine non viene ottemperato nel termine assegnato, i cespiti si intendono abbandonati e il custode giudiziario può smaltirli o distruggerli, salvo diversa prescrizione del giudice dell’esecuzione: è il caso di beni che hanno un valore di mercato e dovrebbero, pertanto, essere liquidati dal custode.

  1. Le spese per il rilascio e l’entrata in vigore delle nuove norme.

Le spese sostenute dal custode per il rilascio vanno considerate a tutti gli effetti come un costo necessario per il funzionamento della procedura, costo che non può ricadere in capo all’aggiudicatario, indipendentemente dal momento (e dalla fase dell’espropriazione) in cui la liberazione è stata attuata: e cioè anche laddove il rilascio sia successivo alla pronuncia del decreto di trasferimento.

La locuzione “senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente” di cui all’art. 560, comma 3, c.p.c. è chiaramente diretta ad agevolare l’acquirente e, più in generale, ad avvicinare la disciplina della vendita forzata a quella propria della vendita volontaria, eliminando incertezze sui tempi e anche sui costi per acquisire il possesso del cespite.

Resta da dire che la nuova normativa trova applicazione se l’ordine di liberazione è successivo al 2 agosto 2016: la disciplina transitoria stabilisce espressamente che l’art. 560 novellato opera quando l’ordine è disposto dopo il decorso di 30 giorni dalla data di entrata in vigore delle legge di conversione del decreto a norma dell’art. 4, co. 4, d.l. n. 59 del 2016.

Per approfondimenti: Fanticini, La custodia dell’immobile pignorato, in La nuova esecuzione forzata dopo la l. 18 giugno 2009, n. 69, a cura di Demarchi, Bologna, 2009, 563 ss.; Longo, Nota in materia di esecutività dell’ordine di rilascio immediato dell’immobile da parte del giudice dell’esecuzione, in Giur. it., 2005, 1249. Dopo la riforma del 2016: Fanticini, Il novellato art. 560 c.p.c.: l’ordine di liberazione “auto-esecutivo”, in www.ilprocessocivile.it , 12 luglio 2016.

In giurisprudenza, per l’obbligatorietà dell’ordine di liberazione a garanzia dell’effettività dell’azione giurisdizionale esecutiva, cfr. Cass., 3 aprile 2015, n. 6836; Cass., 3 novembre 2011, n. 22747. Sulla circostanza che il custode esercita una pubblica funzione posto che cura l’amministrazione dei beni pignorati v. Cass., Sez. Un., 16 maggio 2013, n. 11830; e che compito del custode è la conservazione e amministrazione dei beni pignorati per assicurare il buon esito dell’esecuzione v. Cass., 16 gennaio 2013, n. 924.