4 Ottobre 2016

Notifica non andata a buon fine e rinotifica fuori tempo massimo. Le Sezioni unite indicano una “finestra temporale”

di Claudio Bechis Scarica in PDF

Cass., Sez. Un., 15 luglio 2016, n. 14594 Pres. RODORF – Est. CURZIO

Notificazione – Mancato perfezionamento – Causa non imputabile – Rinnovazione della notificazione – Perfezionamento – Decadenza dell’istante – Regola della scissione cronologica degli effetti della notificazione – Momento rilevante – Prima consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario – Nuova richiesta di notificazione – Limiti cronologici – Sussistenza

(C.p.c. artt. 153, 325 e 330 c.p.c.; r.d. 22 gennaio 1934 n.37 art. 82)

[1] In virtù della regola della scissione cronologica degli effetti della notificazione, qualora la stessa si perfezioni soltanto dopo un primo tentativo incolpevolmente fallito, ai fini dell’eventuale decadenza dell’istante dovrà comunque aversi riguardo al momento dell’originaria consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, purché la seconda notificazione venga richiesta immediatamente e senza la necessità di domandare previamente la rimessione nel termine medio tempore scaduto; in particolare, salvo circostanze eccezionali, la rinnovazione della notificazione dell’impugnazione deve essere richiesta entro un numero di giorni pari alla metà del termine breve di gravame a partire dalla restituzione del plico relativo al primo tentativo di notificazione (nella specie, la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione rinotificato dopo la scadenza del termine di impugnazione con oltre un mese di ritardo dalla restituzione del plico relativo alla notificazione già vanamente effettuata presso il legale domiciliatario avversario, che aveva colpevolmente omesso di comunicare il trasferimento del proprio studio).

Il caso

[1] Dopo aver perso sia in primo che in secondo grado, la ricorrente ha presentato ricorso per cassazione richiedendone la notificazione pochi giorni prima dello spirare del termine di impugnazione (in data 20 agosto 2014), in ossequio all’art. 330 c.p.c., presso l’indirizzo noto del legale domiciliatario della controparte.

Tuttavia, avendo quest’ultimo nel frattempo trasferito il proprio studio (senza comunicarlo nell’ambito del giudizio), tale notificazione non è andata a buon fine.

Data la sopravvenuta scadenza del termine annuale di cui al previgente art. 327 c.p.c. (ratione temporis applicabile), la ricorrente ha avanzato una “istanza di concessione di termine per notifica”, accolta dalla Suprema Corte lasciando impregiudicata ogni successiva valutazione in merito all’eventuale decadenza della parte dal potere di impugnare.

La ricorrente ha quindi richiesto una seconda notificazione del proprio ricorso per cassazione (in data 12 novembre 2014), perfezionatasi senza più inconvenienti di sorta.

La Sezione lavoro ha rimesso la questione della tempestività di tale impugnazione al Primo Presidente della Corte, il quale ha richiesto l’intervento sul punto delle Sezioni Unite.

La soluzione

[1] Pur considerando incolpevole il fallimento della prima notificazione – con la conseguente possibilità per l’istante di far salvi gli effetti dell’originaria consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario – il Supremo Collegio ha comunque dichiarato inammissibile il ricorso in esame, poiché rinotificato (a seguito della scadenza del termine per impugnare e della formulazione di un’istanza reputata del tutto superflua) oltre 30 giorni dopo la restituzione del plico relativo al primo tentativo di notificazione; termine, questo, da reputarsi idoneo allo scopo perché pari alla metà del tempo che l’art. 325, comma 2, c.p.c. reputa sufficiente per la ben più complessa attività di redazione del ricorso per cassazione, con la precisazione per cui per le altre impugnazioni di cui al primo comma della norma la rinnovazione della notifica deve essere richiesta in soli 15 giorni (ossia entro la metà del più breve termine ivi previsto).

Le questioni

[1] La pronuncia in commento rafforza la portata del principio costituzionale per cui – allo scopo di proteggere l’istante da inconvenienti e ritardi nella notificazione estranei alla sua sfera di controllo – ogni relativa decadenza deve valutarsi con riferimento al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (da provarsi con timbro o ricevuta: v. Cass., 1 settembre 2008, n. 22003, in Riv. crit. dir. lav., 2004, 43 ss, con nota di Nicci, Sul rapporto di lavoro a tempo parziale con i dirigenti), posto che il giorno del definitivo perfezionamento della notificazione rileva nei soli confronti del destinatario della stessa (così, in virtù degli artt. 3 e 24 Cost., dapprima C. Cost., 26 novembre 2002, n. 477, in Giur. it., 2003, 1549 ss, con nota di Dalmotto, La Corte manipola la norma sul perfezionamento della notifica postale: vecchie alternative e nuovi problemi e successivamente, ex multis, C. Cost. 23 gennaio 2004, n. 28, in Riv. crit. dir. lav., 2004, 43 ss, con nota di Balestro, La “doppia personalità” della notifica e C. Cost., ord., 18 marzo 2005, n. 118, in Giur. it., 2004, 2261 ss, con nota di Falco; in dottrina, v. Luiso, Diritto processuale civile, I, Mialno, 2015, 244 ss, Verde, Diritto processuale civile, I, Bologna, 2015, 264 ss, Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Torino, 2016, 551 ss, nota 99); tale regola, seppur immanente al solo ordinamento processuale, opera anche in relazione a quegli effetti sostanziali che possono esclusivamente ricondursi alla notificazione di un atto del giudizio (v. Cass., S.U., 9 dicembre 2015, n. 24822, in questa Rivista, con nota di Dalmotto e in Foro it., 2016, 893 ss, con nota di Barone, con riferimento all’interruzione della prescrizione ad opera della domanda di revoca).

Secondo le Sezioni Unite, il fallimento incolpevole della prima notificazione non esclude che la scissione cronologica dei relativi effetti possa comunque evitare la sopravvenuta decadenza dell’istante, senza il bisogno della sua rimessione nel termine e purché questi non tardi nel riattivare il procedimento di notificazione.

Tuttavia le Sezioni Unite hanno opportunamente confinato entro stringenti limiti cronologici la fruibilità di un’automatica rimessione in termini.

Nel caso concreto, il principio è stato applicato a un caso di violazione del dovere del legale domiciliatario ex art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 di comunicare il trasferimento del proprio studio – e fermo restando l’onere dell’impugnante di verificare prima della notificazione l’indirizzo del difensore avversario che operi nell’ambito del circondario del Tribunale cui risulta assegnato (v. Cass., 25 settembre 2015, n. 19060, in Mass., 2015, Cass., 19 novembre 2014, n. 24641, in Foro it., 2015, 3292 ss, con nota di Violetto e Cass., 18 novembre 2014, n. 24539, in Mass., 2014).

In generale, lo stesso principio assume interesse soprattutto con riferimento ai casi in cui, dovendo la notificazione avvenire personalmente (anziché presso l’avvocato), il destinatario dell’atto si riveli irreperibile all’indirizzo anagrafico o camerale; anche in questa ipotesi l’istante dovrebbe in ogni caso richiedere quanto prima la rinnovazione della notifica, avendo cura, qualora il primo tentativo sia avvenuto “a mani”, di ritirare celermente il relativo plico dall’ufficio addetto alle notifiche.

Peraltro, i parametri cronologici che la Suprema Corte ricava rispettivamente dal primo e dal secondo comma dell’art. 325 c.p.c. – con una distinzione assai poco convincente (visto che la notificazione richiede sempre lo stesso impegno a prescindere dal tipo di gravame) – si direbbero esclusivamente riferibili alle impugnazioni, dovendo ogni altra possibile ipotesi di “rinotificazione incolpevole” essere valutata attraverso un più elastico (ma non per questo meno rigoroso) vaglio di ragionevolezza.

Suscita qualche perplessità il fatto che, nell’impostazione accolta dalle Sezioni Unite, possa risolversi a danno dell’istante, quale inutile perdita di tempo, l’aver chiesto la rimessione in termini (che, peraltro, Cass., 24 luglio 2009, n. 17352, in Giust. civ., 2009, 1274 ss e Cass. 18 febbraio 2009, n. 3818, in Riv. dir. proc., 2010, 1201 ss, con nota di Gozzi, Un ulteriore passo avanti, non senza insidie, delle Sezioni Unite in materia di rinnovazione della notificazione, reputano ai presenti fini necessaria) anche perché gli scrupoli di economia processuale della Corte, per quanto condivisibili, implicano l’erosione dell’ambito di operatività di una norma positiva (quale l’art. 153, comma 2, c.p.c.) ad opera di un principio squisitamente giurisprudenziale (permeato a livello codicistico per le sole notifiche a mezzo posta ex art. 149, comma 3, c.p.c.).

A completamento dell’analisi, si osserva che il problema affrontato dal plenum della Corte è, se non recessivo, destinato a ridimensionarsi: non solo perché la consultazione via web degli albi forensi riduce il rischio di errori; ma anche per l’impiego sempre più esteso delle notifiche a mezzo p.e.c., ai sensi della l. 21 gennaio 1994, n. 53 (v. Mandrioli, cit., 537 ss, nota 55), i cui esiti, per lo più positivi, vengono attestati pressoché in tempo reale dalle ricevute di accettazione e consegna di cui ai primi due commi dell’art. 6, d.p.r., 11 febbraio 2005, n. 68.