16 Aprile 2024

Il pignoramento del diritto di superficie attribuisce all’aggiudicatario del bene la legittimazione ad acquistarne la piena proprietà

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 5 gennaio 2024, n. 340 – Pres. Rossetti – Rel. Spaziani

Espropriazione immobiliare – Diritto di superficie – Cessione successiva alla trascrizione del pignoramento – Inopponibilità – Riscatto del bene – Situazione giuridica accessoria al diritto di superficie – Legittimazione – Acquisto della piena proprietà

Massima: “Il trasferimento a terzi del diritto di superficie su un immobile fatto oggetto di pignoramento è inefficace; pertanto, la legittimazione ad acquistare la piena proprietà del bene ai sensi dell’art. 3, comma 64, l. 23 dicembre 1996, n. 62, configurando una situazione giuridica accessoria al diritto di superficie, permane in capo all’originario titolare di quest’ultimo e non può essere invocata da chi ha acquistato il diritto di superficie con atto inopponibile al creditore pignorante per addurre l’illegittimità dell’espropriazione forzata”.

CASO

Il diritto di superficie concesso da un’amministrazione comunale su un immobile veniva sottoposto a pignoramento per ben tre volte.

Ciononostante, a distanza di qualche anno e nelle more dell’espropriazione forzata, l’esecutato lo trasferiva a una società terza, che, pochi giorni dopo, stipulava con il comune un atto di acquisto a titolo gratuito del diritto di proprietà ai sensi dell’art. 3, comma 64, l. 23 dicembre 1996, n. 662 e, quindi, proponeva opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., adducendo l’illegittimità della procedura esecutiva nella parte in cui contemplava la possibilità per gli aggiudicatari del diritto di proprietà superficiaria pignorato di divenire pieni proprietari del bene, avvalendosi del diritto di riscatto previsto dalla l. 662/1996, dal momento che lo stesso era già stato esercitato dall’opponente – attraverso l’atto d’acquisto stipulato con l’amministrazione comunale – e si era dunque consumato.

L’opposizione veniva respinta dal Tribunale di Lecce, con sentenza confermata all’esito del giudizio d’appello: il trasferimento della proprietà superficiaria in favore della società che aveva poi acquistato la piena proprietà dell’immobile, infatti, era stato trascritto successivamente ai pignoramenti ed era quindi inefficace, il che rendeva pure inopponibile l’acquisto e l’esercizio del diritto di riscatto, perché accessorio al diritto di superficie.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce veniva proposto ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la possibilità riconosciuta al titolare del diritto di superficie di acquistare la piena proprietà del bene non configura un diritto potestativo, ma integra una situazione soggettiva accessoria al diritto di superficie medesimo, che permane in capo al suo originario titolare quando tale diritto sia stato alienato a terzi con atto trascritto successivamente al pignoramento e, come tale, inopponibile ai creditori pignoranti.

QUESTIONI

[1] L’ordinanza che si annota delinea l’estensione e i limiti del pignoramento del diritto di superficie, che, come noto, consiste nel diritto di fare e mantenere una costruzione su suolo altrui (impedendosi, in questo modo, l’acquisto della proprietà della stessa per accessione a favore del proprietario del terreno), ovvero nel diritto di proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo (art. 925 c.c.).

Non sempre, infatti, il diritto di superficie può considerarsi liberamente disponibile e, quindi, pignorabile: in particolare, come affermato da Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2024, n. 3897, quello costituito in favore del concessionario della costruzione e della gestione di un’opera pubblica non può essere fatto oggetto di atti di disposizione, ivi inclusa la concessione di ipoteca, in quanto essi farebbero venire meno il legame funzionale indissolubile tra atto di concessione e convenzione accessoria per la gestione dell’opera, sottraendo quest’ultima alla sua destinazione pubblica, salvo che nell’atto di concessione o nella convenzione accessoria non risulti una diversa volontà dell’ente pubblico.

Di conseguenza, quando l’opera pubblica sia soggetta al regime di cui all’art. 828 c.c., anche le facoltà inerenti ai diritti reali sul bene (ivi compreso il diritto di superficie) attribuiti al privato concessionario – in quanto funzionali al perseguimento della finalità pubblica – sono limitate, nel senso che la commerciabilità e la pignorabilità del bene sono ammesse solo in quanto la sua destinazione a pubblico servizio non possa essere compromessa dagli effetti dell’espropriazione (quale esito normale del pignoramento); allo stesso modo, va esclusa la possibilità di costituire un’ipoteca, essendo per sua natura finalizzata all’espropriazione e al trasferimento del bene in favore di un terzo, se non negli stessi limiti entro i quali il bene è da considerarsi espropriabile.

Inoltre, quando l’ipoteca può essere costituita e sia stata effettivamente concessa, l’estinzione del diritto di superficie derivante dalla risoluzione dell’atto che lo ha attribuito comporta l’immediato rientro del bene nel patrimonio indisponibile dell’ente concedente e il suo assoggettamento al regime previsto dagli artt. 826 e 828 c.c., divenendo quindi inespropriabile; anche l’ipoteca, in questo caso, perderà ogni effetto e non potrà che estinguersi (per perimento giuridico del bene, ai sensi dell’art. 2878 c.c.), perché non avrebbe più modo di svolgere la sua funzione, fatta salva, da un lato, la possibilità che il diritto si trasferisca su eventuali indennità – in virtù di quanto previsto dagli artt. 2742 e 2816 c.c. – e, dall’altro lato, l’esperibilità di azioni di carattere risarcitorio, in quanto ne ricorrano i presupposti.

Venendo al caso di specie, il titolare del diritto di superficie su un immobile che era stato assoggettato a ben tre pignoramenti lo aveva alienato a una società che, successivamente, aveva acquistato la piena proprietà del bene esercitando il diritto di riscatto previsto dall’art. 3 l. 662/1996, a mente del quale i comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell’ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi per un corrispettivo non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione.

La società divenuta piena proprietaria dell’immobile, a sostegno dell’opposizione proposta ai sensi dell’art. 619 c.p.c., aveva dedotto:

  • che la natura potestativa del diritto di riscatto ne escludeva l’assoggettabilità a espropriazione forzata, dato il suo carattere personale e la sua autonomia rispetto al diritto di superficie;
  • che, una volta esercitato, il diritto di riscatto si era definitivamente consumato, sicché non poteva essere nuovamente esercitato da coloro che si sarebbero resi aggiudicatari della proprietà superficiaria sull’immobile;
  • che, attraverso l’esercizio del diritto di riscatto, era stata acquistata la piena proprietà dell’immobile, che non esisteva al momento del pignoramento e non poteva quindi essere stata assoggettata ad alcun vincolo, con la conseguenza che era stata acquistata come libera.

I giudici di legittimità hanno respinto queste tesi.

Innanzitutto, è stato osservato che la situazione giuridica soggettiva prevista dall’art. 3, comma 64, l. 662/1996 non è qualificabile in termini di diritto potestativo, dal momento che la norma non attribuisce al titolare della proprietà superficiaria il diritto di modificarla unilateralmente in proprietà piena, ma assegna al comune il potere – che può essere esercitato o meno, in via discrezionale – di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie: il privato che sia titolare del diritto di superficie, in altre parole, non gode di un diritto potestativo, ma ha un interesse pretensivo a essere individuato come destinatario della cessione, ove la pubblica amministrazione decida discrezionalmente di darvi corso.

Tale cessione, peraltro, avviene non a titolo gratuito, ma oneroso, di modo che, anche dopo avere adottato il provvedimento amministrativo che la delibera, l’ente – che deve provvedere alla determinazione del prezzo di cessione – non versa in una posizione di soggezione rispetto a un diritto potestativo del titolare del diritto di superficie.

È, dunque, il privato a restare soggetto alla potestà pubblicistica fino alla stipula dell’atto di trasferimento della piena proprietà, continuando a vantare, nei suoi confronti, un mero interesse legittimo di natura pretensiva, che non integra una situazione giuridica né autonoma, né personale, ma accessoria al diritto di superficie, che, in quanto tale, va considerata assoggettata al pignoramento tanto quanto il bene principale, in virtù della regola dettata dall’art. 2912 c.c.

In quest’ottica, non è individuabile una situazione di diritto soggettivo potestativo distinta dai diritti reali di superficie e di proprietà, sicché perde di significato chiedersi se essa sia o meno suscettibile di espropriazione forzata, ovvero se il suo esercizio ne comporti o meno la consumazione.

La Corte di cassazione, d’altro canto, sottolinea che, una volta avviato il procedimento di cui all’art. 3 l. 662/1996, il cessionario del diritto di proprietà viene individuato nel titolare del già concesso diritto di superficie, cui solo spetta la legittimazione a stipulare l’atto di trasferimento della proprietà: l’eventuale inefficacia degli atti di trasferimento del diritto di superficie esclude, di conseguenza, il trasferimento di detta legittimazione.

Pertanto, poiché, nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità, l’atto di alienazione del diritto di superficie era stato trascritto successivamente al pignoramento e non era dunque opponibile ai creditori pignoranti, quando la società opponente aveva acquistato dall’amministrazione comunale la piena proprietà dell’area già concessa in superficie, aveva esercitato un diritto che non le spettava, essendo priva della relativa legittimazione (rimasta in capo all’originaria titolare del diritto di superficie, che non poteva disporne con atto opponibile per effetto dell’insistenza del vincolo derivante dal pignoramento), sicché anche questo atto – da reputarsi illegittimo anche perché stipulato a titolo gratuito – era rimasto inefficace.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente, quindi, la legittimazione all’acquisto della piena proprietà, a seguito dell’aggiudicazione del diritto di superficie pignorato, doveva intendersi trasferita in capo agli aggiudicatari del bene.

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