23 Aprile 2024

Misure coercitive ex art. 614-bis c.p.c. e opposizione ex art. 615 c.p.c.

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2023, n. 22714 – Pres. De Stefano – Rel. Rossi

Esecuzione forzata – Provvedimento di condanna ex art. 614-bis c.p.c. – Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. – Importanza dell’inadempimento o del ritardo nell’adempimento – Irrilevanza

Massima: “Nell’opposizione avverso l’esecuzione minacciata o promossa in forza di un provvedimento di condanna emesso ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. non è consentito dedurre la scarsa importanza dell’inadempimento o del ritardo nell’adempimento, al fine di ottenere una riduzione del quantum della misura coercitiva, determinandosi altrimenti un’inammissibile modificazione della portata precettiva del titolo esecutivo giudiziale, permessa unicamente nel processo di cognizione, tramite il rituale esperimento dei mezzi di impugnazione proponibili avverso il provvedimento che irroga la misura di coercizione indiretta”.

CASO

Il Tribunale di Firenze pronunciava ordinanza ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. con cui condannava un istituto di credito a consegnare documentazione bancaria, prevedendo il pagamento di € 100,00 per ogni giorno di ritardo nella consegna.

Con successivo atto di precetto, all’istituto di credito veniva intimato il pagamento della somma dovuta per il ritardo di 450 giorni nell’ottemperanza dell’ordine di consegna; il precetto veniva opposto, sostenendosi che il ritardo fosse, in realtà, quantificabile in 368 giorni (visto che, a quella data, la maggior parte dei documenti era stata consegnata) e che, quindi, l’importo dovuto fosse inferiore a quello intimato.

L’opposizione veniva respinta dal Tribunale di Firenze, ma accolta all’esito del giudizio di appello, dal momento che i giudici di secondo grado ritenevano che, sebbene la consegna dei documenti fosse avvenuta in modo parziale, l’obbligo fosse stato, seppure tardivamente, adempiuto, vieppiù che non era stato dimostrato un reale e specifico interesse in relazione ai documenti mancanti, né erano state provate ricadute pregiudizievoli conseguenti alla loro omessa (ovvero tardiva) consegna.

La sentenza della Corte d’Appello di Firenze veniva impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che al giudice investito dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. non è consentito svolgere apprezzamenti in ordine agli aspetti influenti sull’individuazione e sulla quantificazione della misura di coercizione indiretta, la valutazione dei quali è istituzionalmente riservata al giudice che l’ha pronunciata e che possono eventualmente formare oggetto di modifica o revisione solo in sede di cognizione, attraverso l’esperimento dei rimedi impugnatori diretti contro il provvedimento che contiene la condanna ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c.

QUESTIONI

[1] L’art. 614-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 49, comma 1, l. 18 giugno 2009, n. 69 e modificato, da ultimo, dall’art. 3, comma 4, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 – disciplina le misure di coercizione indirette di carattere pecuniario (dette anche astreintes), finalizzate a incentivare l’adempimento spontaneo di un’obbligazione – sia essa di fare, di non fare, di consegnare, di rilasciare, di natura fungibile o non – avente contenuto diverso dal pagamento di somme di denaro, prospettando al soggetto tenutovi una diminuzione del suo patrimonio in caso di mancato o di ritardato adempimento.

Dal punto di vista processuale, si tratta di una statuizione accessoria a un provvedimento di condanna emesso all’esito di un giudizio di cognizione, su richiesta della parte interessata e a condizione che il suo accoglimento non risulti manifestamente iniquo, cui il legislatore attribuisce natura ed efficacia di titolo esecutivo per la soddisfazione del credito pecuniario scaturente dall’inadempimento dell’obbligo principale e che non ha funzione nemmeno lato sensu risarcitoria, bensì compulsatrice dell’adempimento.

A seguito della riforma operata dal d.lgs. 149/2022, è ora previsto che la misura di coercizione indiretta che non sia stata richiesta nel processo di cognizione possa essere disposta, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 612 c.p.c., anche dal giudice dell’esecuzione competente secondo i criteri dettati dall’art. 26 c.p.c., su istanza dell’avente diritto proposta successivamente alla notificazione del precetto.

La questione esaminata dalla Corte di cassazione è un plastico esempio delle criticità che caratterizzano l’istituto delle misure di coercizione indiretta, volte a disincentivare future violazioni o inosservanze che, al momento della pronuncia del provvedimento di cui all’art. 614-bis c.p.c., sono solo eventuali e future: infatti, in assenza di un organo giudicante chiamato a verificare l’esistenza, nel caso concreto, dei presupposti per il sorgere del credito oggetto della astreinte e a procedere alla liquidazione delle somme dovute dall’obbligato, le relative quantificazioni sono rimesse direttamente e unilateralmente al creditore, il quale procede a esecuzione forzata per gli importi che ritiene dovuti e che si autoliquida al momento della redazione del precetto, semplicemente adducendo la violazione o l’inosservanza del provvedimento di condanna.

Nel caso di specie, la misura di coercizione indiretta era contenuta in un’ordinanza emessa dal Tribunale di Firenze ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c., con cui un istituto di credito era stato condannato a consegnare documentazione bancaria; il beneficiario di tale condanna, lamentando che la consegna era avvenuta in ritardo e in modo parziale, aveva quindi notificato un atto di precetto, intimando il pagamento della somma che risultava dalla moltiplicazione dell’importo stabilito dal Tribunale di Firenze per i giorni di ritardo.

L’istituto di credito destinatario dell’intimazione aveva proposto opposizione al precetto, sostenendo che l’importo dovuto era, in realtà, inferiore, dal momento che i giorni di ritardo erano stati computati in eccesso.

La Corte di cassazione si è quindi interrogata in ordine al perimetro delle ragioni deducibili con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. – e, di converso, in merito all’estensione dei poteri del giudice che ne sia stato investito – nel caso in cui venga minacciata o intrapresa, in forza della misura di coercizione indiretta, un’espropriazione forzata.

Come evidenziato nella sentenza annotata, debbono considerarsi di esclusiva pertinenza del giudice che pronuncia il provvedimento previsto dall’art. 614-bis c.p.c.:

  • la compiuta ed esatta individuazione della prestazione che dev’essere adempiuta dall’obbligato, per il mancato o ritardato adempimento della quale viene prevista l’irrogazione di una sanzione pecuniaria;
  • la concreta determinazione dell’entità della misura di coercizione indiretta, ricorrendo ai parametri indicati dal medesimo art. 614-bisp.c. – che fa riferimento al valore della controversia, alla natura della prestazione dovuta, al danno quantificato o prevedibile e a ogni altra circostanza utile (nonché, per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. 149/2022, al vantaggio per l’obbligato derivante dall’inadempimento) – e apprezzando l’interesse del creditore alla prestazione, ben potendosi modulare la misura in senso quantitativo (prevedendo importi crescenti in caso di reiterazione dell’inadempimento o di protrazione del ritardo) o qualitativo (stabilendo importi differenti, in presenza di prestazioni plurime o suscettibili di esecuzione frazionata, a seconda del tipo di prestazione inadempiuta);
  • a seguito della riscrittura dell’art. 614-bisp.c. a opera del d.lgs. 149/2022, il potere-dovere di stabilire il termine iniziale da cui calcolare la somma dovuta e il potere discrezionale di individuare un termine finale per la sua quantificazione.

Dopo avere compiuto le suddette valutazioni, il giudice che emette una pronuncia di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro individua e fissa l’importo che l’obbligato deve corrispondere per ogni violazione o per ogni ritardo nell’osservanza del comando impartito: tale statuizione è assistita dall’efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., legittimando il beneficiario della stessa a promuovere l’espropriazione forzata.

Trattandosi di titolo esecutivo di formazione giudiziale, non potranno essere sollevate, con l’opposizione all’esecuzione, contestazioni inerenti agli elementi apprezzati discrezionalmente dal giudice che ha emesso il provvedimento contenente la misura di coercizione indiretta ai fini della sua irrogazione o quantificazione, mettendone in discussione l’intrinseco contenuto decisorio. Ne discende che le uniche doglianze legittimamente proponibili con il rimedio di cui all’art. 615 c.p.c. sono quelle relative alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’attuazione concreta della misura coercitiva negli esatti e precisi termini già individuati dal giudice che l’ha irrogata.

In altre parole, l’esecutato (o l’intimato, in caso di opposizione preventiva a precetto) potrà eccepire la tempestività dell’adempimento, oppure confutare la durata del ritardo, oppure sostenere di avere ottemperato alla condanna principale; al contrario, non potrà prospettare un adempimento parziale dell’obbligazione al fine di invocare una riduzione della misura coercitiva, giacché un tanto concreterebbe un’inammissibile modificazione della portata precettiva del titolo esecutivo di natura giudiziale che l’ha determinata, consentita unicamente nell’ambito del giudizio di cognizione in cui è stato pronunciato, attraverso l’esperimento degli opportuni rimedi impugnatori propri e tipici del provvedimento cui accede la misura di coercizione indiretta.

D’altro canto, non vi è dubbio che l’adempimento parziale, ovvero inesatto, integra un inadempimento, con la conseguenza che esso non sottrae la parte destinataria della misura di coercizione indiretta alla sua soggezione alla stessa.

Nel caso di specie, dunque, al giudice investito dell’opposizione a precetto non era consentito alcun apprezzamento sull’importanza del parziale inadempimento dell’obbligo di consegna di cui era gravato l’istituto bancario destinatario del precetto, né sull’interesse del creditore della correlativa prestazione al possesso dei documenti che non erano stati tempestivamente consegnati, posto che, diversamente opinando, si sarebbe verificata un’inammissibile sovrapposizione del controllo del giudice dell’opposizione in ordine al contenuto precettivo della misura di coercizione indiretta, istituzionalmente demandata e riservata al giudice della cognizione.

Il principio deve reputarsi operante anche a seguito delle modifiche apportate all’art. 614-bis c.p.c. dal d.lgs. 149/2022, se è vero che l’istanza volta a ottenere l’astreinte rivolta al giudice dell’esecuzione presuppone che il relativo provvedimento non sia stato chiesto o pronunciato nel giudizio di cognizione in cui si è formato il titolo esecutivo che reca la condanna all’adempimento di un’obbligazione diversa dal pagamento di una somma di denaro.

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