7 Novembre 2023

Brevi note in tema di notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. II, 5 ottobre 2023, n. 28090, Pres. Lombardo, Est. Bertuzzi

[1] Notificazione – Notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio – Consegna copia dell’atto a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda – Onere della prova

In caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. 

CASO

[1] Due soggetti proponevano davanti al Tribunale di Cosenza domanda di accertamento del loro diritto di proprietà su alcune unità immobiliari acquistato per intervenuta usucapione. La domanda veniva accolta con sentenza, poi appellata dai convenuti soccombenti, rimasti contumaci in primo grado.

Per quanto qui interessa, mediante l’atto di appello uno dei convenuti eccepiva la nullità della notifica dell’atto di citazione in primo grado, effettuata a mezzo posta, rilevando che esso risultava consegnato per errore nelle mani di un terzo soggetto, dichiaratosi sua moglie, ma che tale non era e che ciò gli aveva impedito di avere conoscenza del giudizio.

La Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il gravame, rilevando che la notificazione era stata eseguita presso l’indirizzo del destinatario e che, a prescindere dall’esistenza del rapporto di coniugio o di parentela tra quest’ultimo e la persona a cui l’atto è stato consegnato, l’appellante non aveva comunque assolto all’onere di provare l’inesistenza di qualsiasi rapporto con il consegnatario, al fine di superare la presunzione di legge che questi, avendo ricevuto l’atto, fosse persona di famiglia o addetto alla casa.

Avverso tale sentenza il convenuto appellante proponeva ricorso per cassazione denunciando, in particolare: a) violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la sentenza impugnata dato il dovuto rilievo alla circostanza che l’atto di citazione era stato ricevuto da persona che si era qualificata moglie del destinatario senza esserlo, come documentato dal certificato di stato di famiglia prodotto unitamente al ricorso; b) nullità della sentenza o del procedimento, assumendo che la circostanza che l’atto fosse stato ricevuto dalla moglie di altro soggetto fossero elementi tali da vincere la presunzione semplice posta dall’art. 139 c.p.c. in ordine al rapporto tra il destinatario e la persona di casa che riceve l’atto, e che per l’effetto la notificazione così effettuata fosse nulla in quanto eseguita a persona e in un luogo non riferibili in alcun modo al destinatario dell’atto.

SOLUZIONE

[1] La Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art. 360-bis, n. 2), c.p.c., per conformità della decisione impugnata all’orientamento della Suprema Corte, senza deduzione di alcun argomento di confutazione.

Secondo la decisione in commento, con l’atto di appello il ricorrente non avrebbe mai contestato che la notifica dell’atto di citazione in primo grado fosse stata eseguita presso la sua abitazione – contestazione avanzata solo con il ricorso in cassazione -, essendosi limitato a dedurre che la persona che aveva ricevuto l’atto, qualificatasi come moglie, in realtà non era tale. Sulla scorta di tali rilievi la decisione della Corte di appello, che ha escluso che tale circostanza fosse causa di nullità della notifica in mancanza di allegazione e prova dell’inesistenza di qualsiasi collegamento tra la persona che aveva ricevuto l’atto e il destinatario della notifica, appariva dunque corretta, conformandosi all’orientamento di legittimità secondo cui, in caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria e, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario.

QUESTIONI

[1] La questione di merito esaminata dalla Corte riguarda l’operatività della presunzione sottesa all’art. 139 c.p.c. in materia di notificazione avvenuta nella residenza, nella dimora o nel domicilio del destinatario dell’atto.

La previsione, come noto, consente di effettuare la notificazione a mani del destinatario in uno dei luoghi in cui si svolge la sua vita o la sua attività. Essa, nel suo 2°co., prevede che «Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace», consentendo la consegna dell’atto da notificare a persona diversa dal destinatario.

Nel caso in cui il destinatario non venga trovato in uno di tali luoghi, dunque, il legislatore individua tre categorie di soggetti, posti in successione preferenziale, tassativa e vincolante, in rapporti determinati con il destinatario, nei cui confronti è possibile procedere alla consegna. La mancata menzione, nella relazione di notificazione, dei motivi che hanno impedito la consegna a mani del destinatario non determina la nullità della notificazione medesima, in quanto la consegna dell’atto a una delle persone indicate dalla legge come legittimate a riceverlo fa sorgere la presunzione della preventiva e vana ricerca del destinatario (Cass., 10 giugno 1999, n. 5706).

L’ufficiale giudiziario non è tenuto ad accertare l’identità o la qualifica rivestita dal soggetto in questione, essendo sufficiente documentare le dichiarazioni ricevute. I soggetti abilitati a ricevere l’atto in luogo del destinatario, peraltro, possono rifiutare la consegna, ciò cui consegue il mancato perfezionamento della notificazione; in caso di rifiuto, sarà allora possibile tentare la consegna alle altre persone, in posizione subordinata; in difetto, occorrerà procedere alle forme di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c. (Cass., 10 settembre 2012, n. 15094).

La legittimazione del consegnatario a ricevere l’atto è subordinata non solo al tipo di rapporto che intercorre con il destinatario, ma anche (e soprattutto) alla sua presenza nei luoghi indicati nell’art. 139 c.p.c.: affinché la notificazione sia valida, dunque, la consegna deve effettivamente avvenire nei luoghi indicati dalla norma, e ciò deve positivamente risultare dalla relazione di notificazione, divenendo irrilevante, in caso contrario, il rapporto che lega consegnatario e destinatario dell’atto (Cass., 12 aprile 1996, n. 3445).

Venendo alla questione specificamente affrontata dalla Corte, rappresenta un orientamento consolidato quello che ricollega alla dichiarazione resa dal soggetto cui l’atto è consegnato, recepita dall’ufficiale giudiziario, l’insorgenza di una presunzione semplice circa la sussistenza della qualifica richiesta dall’art. 139, 2°co., c.p.c., senza – come detto – che l’ufficiale giudiziario sia tenuto a verificare la veridicità del contenuto della dichiarazione (Cass., 5 marzo 2014, n. 5220). Spetta quindi al destinatario della notifica, interessato a contestare la sussistenza della qualifica anzidetta, allo scopo di invalidare la notificazione effettuata, dimostrare la carenza, in capo al consegnatario, di una delle situazioni considerate dall’art. 139, 2°co., c.p.c. A tale riguardo, peraltro, la giurisprudenza di legittimità esclude che la sola produzione di risultanze anagrafiche da cui si evinca una difformità fra la dichiarazione resa e la situazione effettiva sia sufficiente a escludere la qualità anzidetta, essendo necessaria la prova che la presenza in casa (o altro dei luoghi considerati) del consegnatario era del tutto occasionale e momentanea (Cass., 30 novembre 2012, n. 21570; Cass., 15 ottobre 2010, n. 21362).

Nel solco di tale orientamento si colloca, evidentemente, anche la pronuncia in commento, laddove ha ribadito che la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria e, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27587; Cass., 5 aprile 2018, n. 8418; Cass., 17 maggio 2013, n. 12181).

Occorre infine rilevare che la produzione dello stato di famiglia effettuata solamente con la proposizione del ricordo per cassazione è stata ritenuta dalla Suprema Corte inammissibile, non rinvenendosi le condizioni in presenza delle quali l’art. 372 c.p.c. ammette la produzione di nuovi documenti nel giudizio di cassazione, non prodotti nella fase di merito. Tale disposizione, come noto, consente la produzione di documenti nuovi nel giudizio di legittimità solo nel caso in cui siano diretti, oltre che a provare l’ammissibilità del ricorso e controricorso, la nullità della sentenza impugnata. Tale locuzione va però intesa nel senso di vizi propri del provvedimento ovvero di vizi del procedimento che incidano direttamente sulla decisione medesima (Cass., 15 settembre 2021, n. 24942; Cass., 11 settembre 2018, n. 22095). Restano esclusi invece i documenti che tendono a provare la fondatezza dell’appello inficiando la decisione di merito adottata dal giudice sulla domanda o sulla eccezione della parte (Cass., 20 febbraio 2020, n. 4415; Cass., 12 luglio 2018, n. 18464). Nel caso di specie i documenti prodotti miravano evidentemente a provare circostanze nuove – vale a dire che la persona che aveva ricevuto l’atto era coniugata con persona diversa -, mai dedotte nel giudizio di merito. È evidente, pertanto, che la nuova produzione non mirava a far emergere un vizio del procedimento o un errore processuale, ma un vizio della decisione sulla contestazione della validità della notifica.

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