19 Dicembre 2023

Trasferimento d’azienda (o di suoi rami) nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa e autorizzazione del Tribunale

di Sofia Mansoldo, Assegnista di ricerca in Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Trib. Milano, Ord., 12 agosto 2023, Est. Agnese

Parole chiave Crisi d’impresa – Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa – Trasferimento d’azienda – Autorizzazione – Presupposti

Massima: “L’autorizzazione non è necessaria per la validità e piena efficacia del contratto traslativo dell’azienda o dei suoi rami, ma è necessaria per far conseguire all’acquirente il beneficio della esenzione dalla responsabilità solidale per i debiti inerenti all’esercizio della azienda ceduta e anteriori al trasferimento, che risultino dai libri contabili obbligatori.

I presupposti cui la legge subordina l’autorizzazione sono costituiti dalla funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. Tali elementi devono operare congiuntamente e, nella valutazione che deve essere eseguita dal Tribunale, si pongono in un rapporto paritetico”.

Disposizioni applicate art. 22 CCII; artt. 2556 e 2560 c.c.

CASO

Le società del gruppo A, nel contesto della misura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, hanno chiesto al Tribunale di autorizzare ai sensi dell’art. 22, co. 1, lett. d, CCII la cessione di rami aziendali con esonero da responsabilità dei debiti ai sensi dell’art. 2560, co. 2, c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.).

SOLUZIONE

Il Tribunale di Milano, verificati i presupposti cui all’art. 22, co. 1, CCII e rilevata la corretta instaurazione del contradditorio nei confronti delle parti interessate, ha autorizzato il trasferimento dei rami d’azienda, con esenzione da responsabilità ai sensi dell’art. 2560, co. 2, c.c., fermo restando l’art. 2112 c.c.

QUESTIONI

La misura della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, introdotta nella versione definitiva del CCII, ad opera del d.lgs. 7 giugno 2022, n. 83, di recepimento della Direttiva Insolvency, intende agevolare il risanamento dell’impresa «quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento» (art. 12, co. 1 CCII), anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa (art. 12, co. 2, CCII). A questo proposito, ai sensi dell’art. 22, co. 1, lett. d, CCII, l’imprenditore che accede a tale misura può chiedere al Tribunale l’autorizzazione a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami, senza gli effetti dell’art. 2560, co. 2, c.c., fermi restando i diritti dei lavoratori di cui all’art. 2112 c.c.

Con la pronuncia in commento il Tribunale di Milano stabilisce che l’autorizzazione ex art. 22, co. 1, lett. d, CCII non è necessaria per la validità e la piena efficacia del contratto traslativo dell’azienda o dei suoi rami, ma è funzionale a derogare a quanto previsto dall’art. 2560, co. 2, c.c., Per meglio dire, l’autorizzazione ai sensi dell’art. 22 CCII serve a rimuovere gli effetti di cui all’art. 2560, co. 2, c.c., a norma del quale nel trasferimento di un’azienda commerciale dei debiti inerenti all’esercizio della stessa, anteriori al trasferimento e risultanti dai libri contabili obbligatori, risponde anche l’acquirente (cfr. Trib. Piacenza, 1° giugno 2022, in Dirittodellacrisi).

L’effetto della liberazione dei debiti pregressi permane anche in caso di eventuale successiva apertura di procedura concorsuale (art. 24, co. 1, CCII). Gli atti autorizzati dal Tribunale ai sensi dell’art. 22 c.c. conservano, infatti, i propri effetti se successivamente siano omologati un accordo di ristrutturazione dei debiti, un concordato preventivo, un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 25-sexies CCII, un piano di ristrutturazione proposto ai sensi dell’art. 64-bis CCII, oppure intervengono l’apertura della liquidazione giudiziale, della liquidazione coatta amministrativa o dell’amministrazione straordinaria. Resta ferma, in ogni caso, la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti (art. 24, co. 4, CCII).

I presupposti cui la legge subordina l’autorizzazione al trasferimento d’azienda o di un suo ramo sono individuati nel primo comma dell’art. 22 CCII e sono costituiti dalla funzionalità degli atti rispetto «alla continuità aziendale» e «alla migliore soddisfazione dei creditori». Tali elementi, come confermato dalla pronuncia in commento, devono operare congiuntamente e si pongono, nella valutazione che deve essere eseguita dal Giudice, in un rapporto paritetico, come rileva dalla presenza della congiunzione «e».

La funzionalità dell’atto rispetto alla continuità aziendale intende evitare la disgregazione dei valori aziendali, in piena coerenza con la finalità della composizione negoziata, costituita dal perseguimento del risanamento dell’impresa, da ricercarsi mediante le trattative con i creditori. La tutela degli interessi dei creditori consiste nella garanzia della migliore soddisfazione possibile. Il Tribunale, in questo senso, deve verificare che i creditori non siano pregiudicati dal trasferimento d’azienda o di suoi rami nel contesto della composizione negoziata, esaminando comparativamente la posizione del ceto creditorio nelle alternative concretamente praticabili.

La funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, richiesta ai sensi dell’art. 22, co. 1, CCII, impone al Giudice una verifica riferita ai singoli atti per cui è richiesta l’autorizzazione, ma che inevitabilmente determina una più generale valutazione dell’esistenza delle ragionevoli prospettive di risanamento dell’impresa (cfr. Trib. Parma, 4 novembre 2022, in Dirittodellacrisi).

L’art. 22, co. 1, lett. d, CCII dispone che il Tribunale non deve limitarsi ad autorizzare il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, ma deve dettare anche «le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti». La stessa disposizione prevede, altresì, che il Giudice, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione al trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, sia tenuto a verificare, facendosi eventualmente assistere da ausiliari ex art. 68 c.p.c., «il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente».

Sotto questo profilo, la pronuncia in commento prevede che le valutazioni sui requisiti di autorizzazione devono essere eseguite tenendo conto del valore effettivo degli assets aziendali oggetto di cessione, che va determinato non in una ottica disgregativa, ma di prosecuzione effettiva dell’attività d’impresa (tenendo conto, ad esempio, della prosecuzione dei rapporti di lavoro). La congruità del prezzo di cessione, peraltro, nel rispetto del principio di competitività, deve essere verificata attraverso le reazioni del mercato, anche tramite pubblicità “mirate” al settore in cui opera l’azienda, tramite il contatto diretto dei principali competitors. Le misure più opportune per tutelare gli interessi coinvolti possono declinarsi ad ampio spettro (cfr. Decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia, 21 marzo 2023, sez. III, par. 12), quindi non solo con riguardo alle prescrizioni specifiche orientate a consentire la più obiettiva scelta del contraente, ma anche con prescrizioni che concernono la fase successiva alla vendita.

Il secondo comma dell’art. 22 CCII prevede, altresì, che il procedimento di autorizzazione si svolge innanzi al Tribunale competente ai sensi dell’art. 27 CCII che, sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie, provvedendo, ove occorre, ai sensi dell’art. 68 c.p.c., decide in composizione monocratica. Il procedimento di autorizzazione segue le forme del rito camerale (artt. 737 ss. c.p.c.), richiamato in quanto compatibile, con la precisazione che il reclamo si propone al Tribu­nale e del collegio non può fare parte il Giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Secondo la pronuncia in esame, ai fini dell’individuazione delle «parti interessate», che devono essere sentite dal Tribunale, occorre tenere conto del percorso di risanamento individuato dall’imprenditore e all’interno del quale si colloca il trasferimento dell’azienda (cfr. G. D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi, 5 novembre 2021, p. 4; L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, ivi, 9 dicembre 2021, p. 11). Risultano normalmente interessanti alla richiesta di autorizzazione ai sensi dell’art. 22, co. 1, lett. d, CCII i creditori con cui l’impresa sta trattando, le organizzazioni sindacali, le parti potenzialmente pregiudicate dal trasferimento d’azienda o di un suo ramo e i contraenti abituali dell’impresa (che solitamente coincidono con i fornitori).

Il Tribunale di Milano, pertanto, verificati i presupposti cui all’art. 22, co. 1, CCII (quindi della funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori) e rilevata la corretta instaurazione del contradditorio nei confronti delle parti interessate, ha autorizzato il trasferimento dei rami d’azienda nel contesto della composizione negoziata, con esenzione da responsabilità ai sensi dell’art. 2560, co. 2, c.c., salva in ogni caso l’applicazione dell’art. 2112 c.c.

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