10 Gennaio 2017

Il punto sul giudizio civile di rendiconto

di Alessandro Benvegnù Scarica in PDF

Nell’ambito del processo civile ordinario, il codice di procedura disciplina espressamente tre azioni di accertamento con prevalente funzione probatoria, suscettibili di proposizione in via principale o incidentale. Due di queste attengono alla provenienza e al contenuto di un documento (verificazione di scrittura privata e querela di falso), l’altra, promuove un controllo sull’attività di gestione di un patrimonio, beni o singoli affari da parte di un soggetto: il giudizio civile di rendimento dei conti.

Fattispecie da cui sorge l’obbligo di rendere il conto della gestione
Se si volesse fare un elenco esemplificativo, senza alcuna pretesa di esaustività, l’attività gestoria del soggetto che deve rendere il conto del suo operato può essere classificata in due gruppi.

  • Obbligo direttamente discendente dalla legge:
    • Tutore, artt. 380, 385,389 c.c.
    • erede che accetta con beneficio di inventario, art. 496 e 497 c.c.
    • curatore dell’eredità giacente, art.531 c.c.
    • esecutore testamentario, art. 709 c.c.
    • condividenti, art. 723 c.c.
  • Obbligo di natura negoziale che sorge per volontà delle parti, per lo più con un apposito conferimento d’incarico:
    • Amministratore del condominio art. 1129 e 1130 c.c.
    • Contratto di mandato e sue declinazioni particolari, art. 1713 c.c.
    • Contratto di associazione in partecipazione, art. 2252 c.c.
    • Amministratore di società di persone, art. 2261 c.c.
    • Cessione dei beni ai creditori art. 1983 c.c.

Non si può, invece, promuovere un’azione di rendimento dei conti nei confronti del proprio difensore in giudizio, in quanto la fonte legale del potere di difesa, art. 84 c.p.c., è incompatibile con la norma sostanziale di controllo sull’attività svolta dal mandatario art. 1713 c.c. (Cass. 19 aprile 2010, n. 9264).

Se reso spontaneamente e in via stragiudiziale, il rendimento dei conti non è sottoposto a particolari vincoli di forma e contenuto, ma se viene demandato giudizialmente è soggetto alla legge processuale, le cui forme devono essere scrupolosamente rispettate ai fini della sua validità (Cass., Sez. lavoro, 26 gennaio 2006, n. 1551).

Struttura e svolgimento del giudizio civile di rendimento dei conti
Il giudizio civile di rendimento dei conti, disciplinato negli artt. 263, 264 e 265 del codice di procedura, ha espressa finalità ad explorandum in quanto serve a consentire l’acquisizione delle informazioni necessarie per l’esercizio (eventuale) di ulteriori diritti (così App. Firenze, 05 giugno 1999, in   Giust. Civ., 2000, I, 1136 nota di AMADE e Cass., 23 luglio 2010, n. 17283 in Le Società, 2011, 2, 133) e, se proposto in via principale, il valore della causa viene determinato  sulla base del patrimonio amministrato (Cass., 24 aprile 1949, n. 1002). In caso di proposizione della domanda di rendiconto in via incidentale, nel corso di un più ampio giudizio di merito, si applica l’art. 10 c.p.c.: cumulo di domande contro la stessa parte al fine di determinarne il valore.

Il primo passaggio fondamentale per l’ammissibilità del giudizio di rendimento di conti è l’indicazione della fonte, legale o negoziale, per cui il soggetto contro cui è richiesto è tenuto a rendere il conto; e se oggetto di contestazione, il titolo deve essere accertato con sentenza parziale (Trib. Perugia, 14 gennaio 2014; Trib. Bologna, 11 maggio 2012; Trib. Lodi, 23 luglio 2008; Trib. Torino, Sez. dist. Moncalieri, 12 giugno 2007). Non si può pertanto indicare per la prima volta in sede di comparsa conclusionale che si richiede il conto della gestione a titolo di mandato (Trib. Busto Arsizio, 8 gennaio 2008, il quale ha respinto la domanda poiché l’attore aveva semplicemente affermato l’esistenza in capo al convenuto di un obbligo di rendiconto, deducendo genericamente che lo stesso avrebbe amministrato il patrimonio della madre comune sino alla morte della stessa, senza tuttavia indicarne la natura, se legale o negoziale); e il rendimento del conto non può riguardare l’attività successiva alla risoluzione del titolo contrattuale generatore del relativo obbligo (così Trib. Roma, Sez. spec. propr. industr. ed intell., 15 novembre 2010, sulla vendita di libri da parte dell’editore dopo la cessazione del contratto di edizione e domanda di rendiconto, respinta, promossa da parte dell’autore). Neppure il deposito spontaneo agli atti di un conto di gestione, peraltro lacunoso e non sottoscritto, dà luogo a una valida apertura del procedimento di cui all’art. 263 c.p.c., ove il convenuto contesti la sua qualità di obbligato alla tenuta del rendiconto e sulla questione non si proceda ad accertamento con apposita sentenza (Cass., 28 febbraio 2007, n. 4765).

Il conto della gestione non può mai essere un semplice elenco di partite in dare e avere, magari su foglio di lavoro excel, corredato da pezze giustificative, ma deve anche contenere tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire se l’operato dell’obbligato  si sia adeguato a criteri di buona amministrazione (così Cass., 14 novembre 2012, n. 19991; Trib. Treviso, 8 aprile 2010; Trib. Monza, 3 settembre 2007; Cass., 23 novembre 2006, n. 24866), perciò, non è ammissibile un  rendiconto presentato su semplici fogli prestampati  (così Trib. Firenze, 23 giugno 2016 che nel caso di specie ne ha rilevato oltretutto l’incompletezza nella compilazione e l’assenza dei documenti giustificativi attestanti i movimenti di denaro).

In tutti i casi, il rendiconto va inoltre espressamente sottoscritto da chi lo presenta, a pena di invalidità (Cass., 2 dicembre 2009, n. 25349).

Se, superati tutti questi passaggi e requisiti, il conto viene regolarmente presentato e approvato, il Giudice ne dà atto, sancendo così secondo alcuni una cessazione di materia del contendere in una forma sui generis di volontaria giurisdizione, e con ordinanza non impugnabile ordina il pagamento delle somme dovute. L’approvazione è atto negoziale, quindi ammette l’impugnativa per vizi del consenso (Cass. 5 giugno 1985, n. 3356, in Giur. it., 1986, I, 1, 219). Invece l’ordinanza di assegnazione emessa in assenza dei presupposti essenziali (presentazione di un conto riconoscibile come tale, approvazione), non è ricorribile in Cassazione, ex art. 111 cost., ma giuridicamente inesistente e, quindi, censurabile in ogni sede (Cass., 24 novembre 1989, n. 5075; Trib. Torino, Sez. Dist. Moncalieri, 12 giugno 2007).

La domanda di rendimento del conto include sempre, anche in via implicita, la domanda di condanna al pagamento delle somme che risultano dovute, in quanto la funzione del procedimento prevista dal legislatore è l’emissione di titoli di pagamento una volta che giunga alla sua, auspicata, conclusione.  Non incorre così in vizio di ultrapetizione e non viola l’art. 112 cod. proc. civ.  il giudice che, pur senza un’espressa domanda al riguardo, condanni chi rende il conto alla corresponsione delle somme che risultano dovute (Cass., 31 gennaio 2014, n. 2148).

Contestazione del rendiconto per incompletezza od omissione
Ove non vi sia l’accordo delle parti sul conto presentato, l’onere di impugnazione specifica da parte del creditore ex art. 264 c.p.c., atteso l’obbligo di indicazione delle singole partite che si contestano, sorge solo nei confronti un documento completo e organico (Trib. Pisa, 9 febbraio 2015; Cass. 14 novembre 2012, n. 19991; Cass., 2 dicembre 2009, n. 25349 in Foro It., 2009, 2, 1, 428; Cass., 21 febbraio 2007, n. 4091); in tutti i casi in cui questo prerequisito non è stato assolto, in tutto, per omessa presentazione del documento, o in parte, per incompletezza e lacunosità, della relazione che presenta l’obbligato, il giudizio non si chiude con ordinanza, ma con sentenza.

Esclusa la possibilità di una pronunzia di non “liquet“, che si configurerebbe come sostanzialmente assolutoria del convenuto dall’obbligo di presentazione del conto, nell’istruttoria che segue, il Giudice trae argomenti di prova ex art. 116 c.p.c. dal comportamento dell’obbligato e dalla documentazione comunque acquisita agli atti (Cass. 11 novembre 2013, n. 25302), assume eventuali prove testimoniali e accerta il saldo dei rapporti dare e avere esistenti tra le parti ricorrendo anche a prove disposte d’ufficio come la consulenza tecnica (Cass.,  10 luglio 2001, n. 9377); non escluso, infine, il giuramento suppletorio di cui all’art.  265 c.p.c. (Cass., 3 novembre 2004, n. 21090). Ove il giudizio di rendiconto sia promosso in via incidentale nel corso di un più ampio giudizio, la sentenza che decide sul solo rendiconto ha, ovviamente, natura parziale, ma include l’accertamento dell’esistenza dell’obbligo su cui si fonda il dovere  di rendiconto (Cass., 14 novembre 2012, n. 19991; Cass., 23 luglio 2010, n. 17283).

Pluralità di parti e litisconsorzio necessario
Resta da dire, se e quando, il giudizio di rendiconto dia luogo a un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Lo escludono nell’ambito societario due pronunce di legittimità, sia sul lato attivo rispetto all’iniziativa promossa da uno solo dei soci (Cass., 8 settembre 1986, n. 5479, in Società, 1987, 15), quanto sul lato passivo, ove potenzialmente legittimati siano più amministratori (Cass., 23 luglio 2010, n. 17283, cit.), sulla base dei principi generali in tema di obbligazione solidale che permette a uno solo dei creditori di agire in giudizio con effetti favorevoli anche per gli altri e che non impone di convenire, in un simultaneus processus, più debitori in solido.

Lo stesso principio viene così ribadito in materia successoria nel caso di azione di rendiconto, e pagamento del saldo, promossa da uno solo dei coeredi nei confronti di un debitore dell’asse ereditario, poiché l’iniziativa giudiziale risponde all’interesse di tutti gli eredi e può essere esercitata da ognuno di questi singolarmente, nell’esercizio dei poteri di gestione dell’eredità e dell’interesse comune, fermo restando, ovviamente, l’obbligo di rendere il conto agli altri coeredi e di ripartire fra tutti l’attivo ereditario in sede di divisione, senza che siano ravvisabili, in linea di principio, gli estremi del litisconsorzio necessario, trattandosi di iniziativa che non può arrecare pregiudizio ai coeredi, salvo prova contraria da parte dell’interessato (Cass., 14 ottobre 2011, n. 21288)

Diversa la soluzione data per i consorzi, dove la norma che regola rapporti tra consorziati e organi consortili, art. 2608 c.c., richiama espressamente la disciplina del mandato, mentre l’art. 2615 c.c. sancisce la responsabilità solidale degli organi consortili solo nei confronti di terzi. Così come risulta precluso al curatore fallimentare l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli organi consortili, che spetta solo ai consorziati (Cass., 3 giugno 2010, n. 13465), la natura collettiva dell’incarico ricevuto da tutti i consorziati richiede sul lato attivo la presenza in giudizio di tutti i mandanti nei cui confronti va resa una, e una sola rendicontazione della gestione; in difetto, la domanda di rendiconto proposta da un singolo consorziato, in via incidentale nel corso di un giudizio di responsabilità, risulta inammissibile (così Trib. Torino, 8 luglio 2011 n. 4758).  In via analogica il principio si dovrebbe applicare, quindi, anche in caso di domanda di rendiconto ex art. 1713 c.c. in caso di pluralità di mandanti.

Ipotesi di rendiconto nel processo esecutivo
Si segnala, infine, che il rendimento del conto è fenomeno che interagisce anche con le procedure esecutive e coattive in genere: in questi casi, a differenza delle situazioni oggetto del procedimento di cui agli artt. 263 e seg. c.p.c., l’ obbligo sorge in occasione di un processo come adempimento connesso a specifici incarichi di amministrazione (Cass., 10 novembre 1999, n. 12463) e di questo officio si risponde a un Giudice funzionalmente destinato ad attività di vigilanza e controllo:

    • Custode di beni immobili pignorati,art. 560 c.p.c.
    • Amministratore giudiziario di beni pignorati, art. 593 c.p.c.
    • Custode dei beni oggetto di sequestro, art. 676 c.p.c.
    • Curatore del fallimento, art. 116 l. fall.

Riferimenti bibliografici
In dottrina per chi vuole approfondire il tema si segnalano Rampazzi, Il Giudizio civile di Rendiconto, Milano 1990, Marelli, Il rendiconto tra tutela contenziosa e forme camerali, in Riv. dir. priv., 1997, 1116, Comunale, voce Rendiconto, in Digesto civ., XVI, Torino, 1997, 602; Amadei, Questioni vecchie e nuove in tema di rendiconto, in Giust. civ., 2000, I,1142 e da ultimo Gaeta, Azione di rendiconto e finalità esplorativa, in Le Società, 2011, 2, 133.