20 Aprile 2017

La modifica della domanda in prima memoria è ammissibile soltanto in presenza di un “nucleo fattuale comune”

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Avezzano, 16 gennaio 2017, Estensore Lupia

Domanda giudiziale – Mutatio ed emendatio libelli – Distinzione – Udienza di prima comparizione – Fatto costitutivo – Esclusione (C.p.c. artt. 112, 183)

In prima udienza, oppure, in caso di concessione dei relativi termini, con la prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. la parte è ammessa a modificare la domanda originariamente proposta qualora la fattispecie costitutiva contenga un nucleo fattuale comune a quello della domanda originaria ovvero i diritti fatti valere con le due domande siano in rapporto di reciproca esclusione.

IL CASO

L’attore chiedeva al tribunale di dichiarare la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita, stipulato in forma orale, avente ad oggetto un immobile in costruzione.

Il giudice – stimolato all’udienza di prima comparizione il contraddittorio in ordine alla questione, rilevabile d’ufficio, della nullità del contratto per difetto di forma – concedeva i termini previsti dal sesto comma dell’art. 183 c.p.c.

In prima memoria, l’attore modificava le allegazioni sottese alla domanda originaria asserendo che l’accordo in oggetto non integrava un preliminare di vendita bensì un contratto d’intermediazione finanziaria e, in particolare, avrebbe avuto ad oggetto “l’impegno della [convenuta] a svolgere attività di intermediazione con [l’attore], proprietario dell’immobile”.

LA SOLUZIONE

Il giudice del merito, dato conto dei recenti approdi della giurisprudenza in materia di emendatio e di mutatio libelli, rileva che la prospettazione offerta dall’attore nella prima memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c. presuppone un programma negoziale “del tutto dissimile da quello proprio del contratto di compravendita”.

Da ciò ricava che difettano i requisiti per una valida modifica della domanda e, conseguentemente, respinge nel merito la domanda di risoluzione del contratto preliminare formulata in atto di citazione.

LA QUESTIONE

Non constano precedenti giurisprudenziali sull’ammissibilità della specifica modifica della domanda originaria prospettata dall’attore nella vicenda decisa dal Tribunale di Avezzano. Ciò non sorprende, se si considera che il tradizionale, severo orientamento giurisprudenziale in materia – almeno fino al révirement operato dalle sezioni unite 2015, come si vedrà poco oltre – era tale da sconsigliare in radice correzioni in corsa effettivamente ardite come quella tentata nel caso di specie.

L’individuazione dei confini del mutamento ammissibile della domanda giudiziale costituisce d’altra parte un tema classico nell’elaborazione dottrinale e impegna da sempre le Corti nella ricerca di un criterio discretivo tra precisazione (ammessa) e modifica (inammissibile) della pretesa azionata nell’atto introduttivo.

Un importante chiarimento è giunto, nella giurisprudenza recente, dalle sezioni unite con la decisione del 15 giugno 2015, n. 12310, che – dato atto della precedente posizione assunta da Cass., S.U., 5 marzo 1996, n. 1731, secondo cui costituiva domanda nuova, differendo sia il petitum che la causa petendi, la dichiarazione dell’avvenuto effetto traslativo a fronte dell’originaria richiesta di una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c. – hanno invece statuito che “la modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali”, e, nel caso deciso, hanno rilevato l’ammissibilità della modifica, in prima memoria, dell’iniziale domanda di esecuzione specifica dell’obbligo assunto con un contratto preliminare in una domanda di accertamento del già intervenuto effetto traslativo della proprietà.

Ciò, sulla base dei seguenti argomenti:

(i) il contrasto della tesi più rigorosa con il principio di economia processuale, che, “contro la lettera e la logica della norma, costringe la parte che abbia meglio messo a fuoco il proprio interesse e i propri intendimenti in relazione ad una determinata vicenda sostanziale – eventualmente anche grazie allo sviluppo dell’udienza di comparizione – a rinunciare alla domanda già proposta per proporne una nuova in un altro processo”, ovvero “a continuare il processo perseguendo un risultato non perfettamente rispondente ai propri desideri ed interessi”;

(ii) l’insussistenza di pregiudizi per il principio di ragionevole durata del processo, “posto che la domanda ‘modificata’ sostituisce la domanda iniziale e non si aggiunge ad essa” e “la modifica interviene pur sempre nella fase iniziale del giudizio di primo grado, prima dell’ammissione delle prove”;

(iii) l’impossibilità che la modificazione ammessa possa “sorprendere” la controparte ovvero mortificarne le potenzialità difensive, atteso che “l’eventuale modifica avviene sempre in riferimento e connessione alla medesima vicenda sostanziale in relazione alla quale la parte è stata chiamata in giudizio”, e che non si pongono problemi sul piano delle richieste istruttorie, potendosi modificare la domanda al più tardi nell’ultimo atto precedente le preclusioni di cui alla seconda memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c.

La decisione, benché in motivazione l’estensore dichiari di aderire all’orientamento avallato dalle sezioni unite (successivamente ribadito da Cass., 1° marzo 2016, n. 4051, secondo cui  ammissibile il mutamento della domanda qualora l’attore fondi la pretesa creditoria sull’accordo transattivo successivo al contratto originario; e da Cass., 26 gennaio 2016, n. 1368, che ammette la deduzione in prima memoria di un nuovo profilo di nullità contrattuale, integrato nella fattispecie dall’omessa indicazione della facoltà di recesso del risparmiatore ai sensi dell’art. 30, comma 7, del D. Lgs. n. 58 del 1998), si segnala per una rigorosa interpretazione dell’art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., che non sembra rispettare l’approccio “economico” delineato dalla citata Cass., 12310/2015 e già approvato dai primi commentatori (v. in tal senso Consolo, Le S.U. aprono alle domande “complanari”: ammissibili in primo grado ancorché (chiaramente e irriducibilmente) diverse da quella originaria cui si cumuleranno, in Corr. giur., 2015, 968 ss.; Motto, Le sezioni unite sulla modificazione della domanda giudiziale, in Foro it., 2015, 3190 ss.).

Constatato che il mutamento di rotta operato dall’attore nella prima memoria aveva materialmente sostituito la domanda originaria con la deduzione di una nuova pretesa connotata da “alternatività sostanziale”, un’applicazione del principio di diritto espresso dalle sezioni unite avrebbe forse imposto un più ponderato esame della possibilità che la domanda modificata risultasse “connessa” – come da (in realtà generica) definizione adottata dalle sezioni unite – alla vicenda sostanziale dedotta nell’atto introduttivo.

Tanto più che, in dottrina, è stata recentemente ipotizzata l’ammissibilità di mutamenti per sostituzione altrettanto (se non maggiormente) incisivi, quale la proposizione di una domanda risarcitoria per violazione del dovere di raccolta del consenso informato a fronte dell’originaria pretesa fondata sulla negligente esecuzione della prestazione sanitaria (Merlin, Ammissibilità della mutatio libelli da “alternatività sostanziale” nel giudizio di primo grado, in Riv. dir. proc., 2016, 818), ovvero la trasformazione della domanda di risarcimento del anno nei confronti del conducente del veicolo nella pretesa risarcitoria, in prima memoria, nei confronti del medesimo soggetto quale proprietario ai sensi dell’art. 2054, comma 3 c.c. (Luiso, Diritto processuale civile, II, Milano, 2015, 39).

Sui rapporti tra mutatio ed emendatio libelli, v. recentemente, oltre agli Autori già citati, Benvegnù, Emendatio e mutatio libelli. Recenti orientamenti della Cassazione, in questa Rivista, 13 settembre 2016; Bove, Individuazione dell’oggetto del processo e mutatio libelli, in Giur. it., 2016, 1607 ss.; Cariglia, La Corte di cassazione conferma il nuovo orientamento in tema di ammissibilità della domanda nuova, in Giur. it., 2016, I, 2152 ss.; Cea, Tra “mutatio” ed emendatio libelli“: per una diversa interpretazione dell’art. 183 c.p.c.; Galanti, Sulla modifica della domanda tra mero accertamento e costituzione della proprietà, in Giusto proc. civ., 2012, 947; Gamba, Domande senza risposta. Sulla modificazione della domanda nel processo civile, Padova, 2008, 248 s.; Giorgetti, Il principio di variabilità nell’oggetto del giudizio, Torino, 2008, 120 s.; Guarnieri, Contratto preliminare, contratto definitivo e mutatio libelli, in Corr. giur., 1996, 639 ss.; Motto, Domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a concludere ex art. 2932 c.c. e domanda di accertamento dell’avvenuto trasferimento della proprietà: mutatio o emendatio libelli?, in Giusto proc. civ., 2014, 1027 ss.; Muroni, A margine di due recenti ordinanze interlocutorie della Cassazione in tema di “mutatio libelli, in Resp. civ. e prev., 2014, 507 ss.; Palazzetti, Ammissibilità dei nova ex art. 183, comma 5, in Giur. it., 2015, 2010; S. Ricci, I nuovi confini del binomio mutatio-emendatio libelli come ridisegnati dalla Corte di cassazione a sezioni unite del 2015, in www.judicium.it.