13 Luglio 2015

La competenza per le controversie dei consumatori: individuazione e momento determinante

di Eugenio Dalmotto Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-2, 30 marzo 2015, n. 6333

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Competenza civile – Controversia tra professionista e consumatore – Foro esclusivo del consumatore – Momento determinante della competenza – Spostamento fittizio (Cod. proc. civ. art. 5; d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33)

Competenza civile – Competenza per territorio – Residenza dell’attore o del convenuto – Nozione rilevante – Risultanze anagrafiche – Semplice presunzione (Cod. proc. civ. art. 18; cod. civ. art. 43;)

[1] Nelle controversie tra professionista e consumatore, è competente il giudice del luogo dove il consumatore ha la residenza al momento della proposizione della domanda e non quello del luogo dove la aveva al momento della conclusione del contratto, salvo il caso del carattere fittizio del suo spostamento, compiuto per sottrarsi alla competenza fissata per legge.

[2] La residenza rilevante per individuare il giudice competente per territorio è quella sostanziale, intesa come dimora abituale della persona fisica. Rispetto ad essa, le formali risultanze anagrafiche pongono una mera presunzione semplice, superabile da altri indici quali la sede di lavoro e il luogo di provenienza nonché di ricezione della corrispondenza.

CASO
[1-2] Un avvocato ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti di una sua cliente per il mancato pagamento di compensi professionali. Questa propone opposizione, ottenendo la revoca del decreto ingiuntivo per incompetenza del giudice adito in sede monitoria.

Il giudice, premesso che il rapporto contrattuale dedotto in giudizio soggiace alla disciplina del Codice del consumo e la nozione di residenza alla quale occorre fare riferimento ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. u), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, dava prevalenza alla residenza effettiva su quella anagrafica invocata dall’avvocato-convenuto opposto.
L’avvocato propone regolamento di competenza.

SOLUZIONE
[1-2] La Cassazione respinge il ricorso, enunciando i principi riportati nella massima. Ricorda che in tema di controversie tra consumatore e professionista, la disciplina dettata dal Codice del consumo va interpretata nel senso che la residenza del consumatore, cui la disciplina si riferisce, è quella che lo stesso ha al momento della domanda e non quella che egli aveva al momento della conclusione del contratto; e che in caso di discordanza tra residenza anagrafica (che instaura una mera presunzione) e residenza effettiva prevale quest’ultima ai fini della competenza. Avverte peraltro che sull’individuazione del corrispondente foro esclusivo ivi previsto incide l’accertamento, devoluto al solo giudice del merito, del carattere fittizio dello spostamento di residenza del consumatore, compiuto per sottrarsi al radicamento della controversia.

Ritiene, quindi, la Suprema Corte che il giudice di merito abbia correttamente rilevato, sulla base di elementi obiettivi, quali la risalente conoscenza dello stesso avvocato dell’abituale dimora della cliente, la numerosa corrispondenza reciprocamente inviata e ricevuta dalle parti, nonché il luogo di lavoro della stessa cliente, che la residenza anagrafica non coincideva con quella effettiva, cioè con la dimora abituale, e che di conseguenza restava superata la presunzione semplice derivante dai dati anagrafici.

QUESTIONI
[1] Relativamente al momento determinate della competenza, la Cassazione applica l’art. 5 cod. proc. civ., secondo cui occorre fare esclusivo riferimento alla legge vigente e allo stato di fatto di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Innovativa, peraltro è l’affermazione secondo cui questa regola non opera qualora il consumatore abbia spostato la sua residenza dal luogo dove la aveva al momento della conclusione del contratto al solo fine di sottrarsi alla competenza fissata per legge per radicare il giudizio in un luogo diverso. Suggerisce la Cassazione che in tal caso, il cui accertamento è riservato al solo giudice del merito, dovrebbe invece farsi riferimento al luogo in cui il consumatore aveva la precedente e non fittizia residenza. La Suprema Corte si ricollega così ad un proprio consolidato orientamento, teso ad impedire fenomeni di elusione del principio del giudice naturale precostituito per legge, che sinora si è espresso soprattutto nella giurisprudenza relativa al cosiddetto convenuto fittizio, secondo cui la regola della modificazione della competenza territoriale per effetto del cumulo soggettivo delle domande contro più convenuti non opera quando taluno appaia, prima facie, artificiosamente evocato in giudizio al solo fine di provocare l’applicazione dell’art. 33 cod. proc. civ. (cfr. Cass., 21 dicembre 2010, n. 25891; 15 marzo 2004, n. 5243; 25 giugno 2002, n. 9277; 12 dicembre 1991, n. 13445).

 

[2] Relativamente poi alla residenza rilevante per individuare il giudice competente per territorio, la Cassazione applica quanto già più volte ritenuto e cioè che occorre fare riferimento alla nozione civilistica di cui agli artt. 43 e segg. cod. civ. (cfr. Cass., 2 luglio 2013, n. 16544; 5 agosto 2005, n. 16525; 29 settembre 2004, n. 19595; sez. un., 7 febbraio 1992, n. 1374, in Foro it., 1992, I, 679). In quest’ottica, è pacifico che la residenza amministrativa o anagrafica non sia determinante ma ingeneri una mera presunzione semplice, vincibile con ogni mezzo di prova ivi compresa la prova per presunzioni, che può trarre origine – come nel caso di specie è avvenuto – da indizi quali la sede di lavoro e il luogo di provenienza nonché di ricezione della corrispondenza, che possono prevalere che possono essere ritenuti più convincenti rispetto alle risultanze anagrafiche.