22 Giugno 2015

Interventore volontario: la Cassazione fa il punto sui poteri

di Rita Lombardi Scarica in PDF

Cass., Sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1671

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Procedimento civile – Intervento volontario – Poteri  – Proposizione di domande nuove (C.p.c. artt. 105, 167, 268)

Procedimento civile – Intervento volontario Poteri – Impugnazione della sentenza (C.p.c. artt. 105, 167, 323)

[1] L’art. 268, comma 2, c.p.c, secondo cui l’interveniente non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna parte, deve riferirsi unicamente alla attività istruttoria, mentre è ammissibile la formulazione da parte del terzo di domande nuove e autonome.

[2] L’interveniente volontario, avendo assunto formalmente la qualità di parte nel processo, è legittimato a proporre appello quando sia stata negata l’ammissibilità dell’intervento ovvero sia stata omessa ogni pronuncia sulla domanda formulata con l’intervento stesso.

CASO
[1] [2] Il tribunale respinge la domanda dell’attore di accertamento della proprietà esclusiva su di un immobile nei confronti dei convenuti comproprietari Tizia e Caio; accoglie invece la domanda di rivendica nei confronti di Sempronio. Tizia appella, sostenendo che il giudice doveva condannare Sempronio anche nei suoi confronti, in quanto comproprietaria. L’appello in parte qua viene accolto. Sempronio ricorre in cassazione, deducendo, tra l’altro, che Tizia in primo grado non aveva spiegato alcuna domanda di rivendica. La sentenza di secondo grado viene confermata dai giudici di di legittimità.

SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione, ritenendo – discutibilmente peraltro – di dover assimilare la posizione di Tizia a quella di un interveniente adesivo (litisconsortile), fa il punto sui poteri dell’interveniente nel processo enunciando le massime in epigrafe. La prima massima si fonda sulla nota considerazione per cui l’interventore volontario è soggetto al principio dell’accettazione del processo in statu et terminis (art. 268, comma 2, c.p.c).
[2] La seconda massima muove dalla più semplice constatazione che l’interventore, in quanto ha formalmente assunto la veste di parte nel giudizio conclusosi con la decisione impugnata, è legittimato a proporre impugnazione.

QUESTIONI
[1] [2] Entrambe le massime sono conformi all’orientamento ribadito dai giudici di legittimità.

Con particolare riferimento alla prima v. Cass. 31 ottobre 2014, n. 23306, in Foro it., Le banche dati, archivio Cassazione civile; Cass. 26 maggio 2014, n. 11681, in C.E.D. Cass., rv. 630954; Cass., 9 settembre 2011, n. 18563, in C.E.D. Cass., rv. 619555; Cass. 16 ottobre 2008, n. 25264, in Strum. avv., 2009, 2, 22; Trib. Milano, 16 luglio 2013, in Nuova proc. civ., 2014, 1, 282; Trib. Terni, 13 luglio 2006, in Giur. merito, 2007, 3, 690; App. Roma, 22 ottobre 2003, in Foro it., Rep. 2005, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 38. V. infine Corte cost., ord., 31 maggio 2005, n. 215, in Giur. cost., 2005, 1891, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità relativa al regime delle preclusioni istruttorie.

Tale orientamento non è tuttavia pacifico. Se ne discostano altri indirizzi nella giurisprudenza di merito (determinati dal mutare della disciplina in punto di preclusioni relative alla fase introduttiva e di trattazione del processo di cognizione): uno, più restrittivo, reputa che l’intervento volontario principale e litisconsortile, in conseguenza della carenza di ogni potere dovuto alle preclusioni, sia ammissibile solo se effettuato entro il termine per la costituzione del convenuto (Trib. Bari – Bitonto 17 agosto 2006, in Giur. it., 2007, 12, 2806; Trib. Lucca 27 giugno 2006, n. 1086, in Giur. merito, 2007, 3 690; Trib. Treni 13 luglio 2006, ivi, 2007, 3, 690; Trib. Milano 27 marzo 2003, in Giur. it., 2004); mentre un altro pone siffatto sbarramento all’udienza di trattazione, quale momento ultimo in cui le parti possono modificare il thema decidendum (Trib. Torino, 2 novembre 2012, in Il caso.it, 2013; Trib. Napoli, 15 luglio 2002, in Giur. merito, 2005, 2109).

Parte della dottrina ha criticato tali ultime interpretazioni, reputandole in contrasto con il dettato del 1° comma dell’art. 268 che segna il limite per l’intervento all’atto della precisazione delle conclusioni. In dissenso anche con il consolidato orientamento della Suprema Corte, tale dottrina riferisce le preclusioni alla sola situazione sostanziale dedotta in giudizio dalle parti originarie, non anche a quella nuova dedotta dall’interventore al quale va consentita ogni attività, assertiva e probatoria, cui corrisponde, in virtù dell’attuazione del principio del contraddittorio, il potere delle parti originarie di effettuare ogni necessaria ed ulteriore difesa (Consolo-Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 1996, 224; Cavallini, I poteri dell’interventore principale nel processo di cognizione, Padova, 1998; Lombardi, L’indissolubile nodo dei poteri dell’interventore volontario, in Giur. mer. 2005, 2109; Carratta, La “ragionevole durata” del processo compromessa dal terzo (interveniente)”incomodo” secondo la cassazione, in Corr. giur., 2006, 2, 244; Luiso, Diritto processuale civile. Principi generali, I, Milano, 2013, 324 s.; in giurisprudenza v. App. Genova, 30 novembre 2005, in Leggi d’Italia online, Repertorio, 2005).