1 Febbraio 2016

Fido di fatto

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Secondo una parte significativa della giurisprudenza di merito (Trib. Torino 2.7.2015; Trib. Alessandria  21.2.2015; Trib. Taranto 17.9.2015; Trib. Napoli 2.1.2014; App. Torino 3.5.2013; Trib. Monza 26.1.2012; in arg. v. anche Cass. 58/2003), l’assenza di documentazione contrattuale dalla quale far derivare l’esistenza di una apertura di credito può essere superata dall’esame complessivo delle dinamiche del rapporto di conto corrente.

Sono, in particolare, circostanze idonee ad attestare l’esistenza di un c.d. fido di fatto gli estratti conto (specie se evidenziano tassi differenziati), i riassunti scalari, la segnalazione dell’accordato alla Centrale rischi, l’applicazione della CMS, la presenza di eventuali terzi garanti nonché, soprattutto, la sistematica e tollerata operatività con ‘saldo passivo’: << neppure consta che la banca abbia mai [pretesa scopertura senza affidamenti], intimato il rientro o rifiutato l’esecuzione di ordini sul saldo debitore, diffidato l’attrice dal fare ulteriori atti dispositivi sul c/c a debito (ad es. trarre assegni bancari) o infine segnalato la posizione per sconfino o a sofferenza a Centrale rischi >> (Trib. Torino 11.3.2015; conf. Trib. Napoli 2.1.2014).

In presenza di un fido di fatto, il milite massimo di affidamento è individuato nello stesso massimo scoperto di fatto, consentito dalla banca, sicché ogni rimessa intervenuta nel corso di un siffatto rapporto non potrebbe che avere funzione meramente ripristinatoria della provvista (App. Torino 3.5.2013; Trib. Torino 11.3.2015). L’esistenza e l’entità dei fidi accordati ed utilizzati può altresì trovare conferma nelle risultanze della Centrale Rischi (Trib. Monza 26.1.2012).