9 Aprile 2024

Il diritto alla ritenzione delle somme depositate a tiolo di deposito cauzionale: l’azione giudiziale del locatore paralizza la pretesa restitutoria del conduttore

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sezione III, Ordinanza del 05.01.2023 n. 194, Presidente A. Scrima, Estensore S. G. Guizzi.

Massima: “Il locatore può sottrarsi all’obbligo di restituzione del deposito cauzionale, a condizione che proponga domanda giudiziale per l’attribuzione dello stesso in tutto o in parte, a copertura di specifici danni subiti, di qualsiasi natura, e non solo di quelli subiti dalla «res locata», ovvero di importi rimasti impagati”.

CASO

Tizio e Caio, con contratto del 7 aprile 2016 concedevano in locazione per uso commerciale un immobile a Sempronio pattuendo un canone mensile di € 700,00.

A fronte del mancato pagamento dei canoni di locazione, i locatori convenivano il conduttore innanzi il Tribunale di Bari affinchè venisse convalidato lo sfratto per morosità nei confronti del debitore intimato.

Sempronio da un lato si opponeva alla convalida proponendo domanda riconvenzionale per la restituzione della somma di € 2.800,00 (di cui € 2.100,00 di deposito cauzionale) anticipati in sede di sottoscrizione del contratto, dall’altro Tizio e Caio, chiedevano la condanna al risarcimento dei danni da lucro cessante per il mancato pagamento di tutti i canoni di locazione dovuti sino alla scadenza del contratto.

Il giudice di prime cure accoglieva la domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento – per aver il conduttore corrisposto un solo canone di locazione a fronti degli altri per come dovuti – ed al contempo accoglieva la domanda riconvenzionale di restituzione delle somme corrisposte a titolo di deposito cauzionale.

Sempronio veniva altresì condannato al pagamento dei canoni dal mese di maggio 2016 a febbraio 2017 nella minor somma di € 600,00 ciascuno, in applicazione delle clausole contrattuali che ne prevedevano una riduzione a partire dalla seconda scadenza.

Il Tribunale, infine, rigettava la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante nonostante fosse stato dimostrato il conferimento di mandato ad una agenzia immobiliare per il reprimento di un nuovo conduttore con esito infruttuoso.

Tizio e Caio, conseguentemente, impugnavano la decisione del giudice di primo grado innanzi la Corte d’Appello di Bari, la quale, tuttavia, con sentenza n. 1975 del 2021, accoglieva solo parzialmente il gravame.

Da un lato, infatti, confermava la condanna alla restituzione del deposito cauzionale; dall’altro accertava il diritto degli appellanti al risarcimento del danno da lucro cessante per mancata locazione del bene.

Invero, commisurava l’ammontare del risarcimento non già come da domanda per l’intero periodo contrattuale – in quanto riteneva che il lucro cessante non fosse dipeso dall’inadempimento del conduttore – bensì nella minor somma pari all’ammontare dei canoni di locazione per il periodo minino di preavviso di recesso (nel caso di specie di mesi sei ex art. 28, co. 8, L. n. 392/78)

Tizio e Caio, proponevano ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Resisteva con controricorso Sempronio.

Il giudice relatore avanzava la proposta ex art. 380 bis c.p.c., ed entrambe le parti depositavano memorie integrative.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 194 del 5 gennaio 2023, integralmente accolto il ricorso proposto da Tizio e Caio, ha pertanto cassato la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo, cui ha demandato anche la decisione sulle spese, comprese quelle del giudizio di legittimità.

QUESTIONI

Con il primo motivo i ricorrenti rilevavano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. e 27, co. 8 L. n. 392 del 1978 nonché dell’art. 17 del suindicato contratto di locazione, nella parte in cui il giudice di seconde cure confermava la condanna alla restituzione del deposito cauzionale, rilevando che onde inibire l’azione di restituzione promossa da controparte fosse sufficiente proporre in via riconvenzionale domanda di risarcimento dei danni come correttamente eccepito e dedotto nel caso concreto.

La Corte di Cassazione riteneva tale motivo fondato.

E’ opportuno premettere che la cauzione consiste nella corresponsione anticipata di una determinata somma di denaro al momento della sottoscrizione del contratto di locazione – al fine di creare il c.d. deposito cauzionale – che il proprietario dell’immobile può richiedere alla controparte dell’accordo.

In particolare il deposito cauzionale assolve la funzione di cautela del locatore a fronte di eventuali inadempimenti del conduttore, principalmente collegati allo stato di conduzione del bene al termine del contratto. Il Supremo Collegio, infatti, sostiene che “la funzione del deposito cauzionale, è di garantire il locatore per l’adempimento di tutti gli obblighi, legali e convenzionali, gravanti sul conduttore[1], ivi compreso il principale dovere di corresponsione dei canoni di locazione nei termini previsti ai sensi dell’art. 1587 c.c. nonché quello di recedere dal contratto di locazione previo congruo preavviso.

La Corte di legittimità ha rilevato come sulla base degli usi invalsi nella pratica degli affari, la cauzione svolge una ulteriore funzione di garanzia dell’obbligazione di risarcimento del danno anche in termini di danno da lucro cessante.

Infatti, è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “sulla somma o sul valore dei beni ricevuti l’accipiens potrà invero agevolmente soddisfarsi ove la controparte gli abbia cagionato un danno e per l’ammontare dello stesso”, con la conseguenza che il proprietario dell’immobile gode della facoltà di esimersi dal dovere di restituzione di detta somma di denaro alla scadenza del contratto, a patto che lo stesso promuova apposita domanda giudiziale per l’attribuzione delle somme a copertura di pregiudizi subiti all’immobile ovvero di canoni impagati[2]

Nel caso di specie il Supremo Collegio ha ritenuto errata la decisione del giudice di appello nella parte in cui disponeva la restituzione delle somme anticipate a titolo di caparra per aver Sempronio adempiuto al generale dovere di riconsegna bene di cui all’art. 1590 c.c., senza tenere luogo della domanda riconvenzionale dell’intimante locatore.

Invero, sostiene la Corte di Cassazione, il diritto alla restituzione del deposito cauzionale del conduttore doveva essere valutato altresì alla luce della condanna dello stesso al pagamento del danno da lucro cessante consistito nell’impossibilità per i proprietari di mettere a reddito l’immobile a soggetti terzi.

Allo stesso modo, i giudici di legittimità hanno ritenuto inidonea a fondare il diritto alla restituzione delle somme la disposizione di cui al citato articolo 17 del contratto che inibiva l’imputazione del deposito cauzionale a canoni di locazione rimasti impagati, in quanto la domanda attorea si fondava su un titolo – per l’appunto risarcitorio – diverso dall’oggetto della clausola in questione.

Alla luce di quanto ritenuto, pertanto, rimetteva al giudice del rinvio la valutazione circa l’effettiva proposizione da parte degli appellanti della domanda di compensazione ovvero di attribuzione delle somme versate a titolo di deposito cauzionale quale saldo del danno da lucro cessante subito dagli stessi.

Con il secondo motivo i ricorrenti rilevavano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1453 e 1223 c.c. e 27, co. 8 L. n. 392 del 1978, nella parte in cui il giudice di appello riduceva l’ammontare del risarcimento del danno da lucro cessante sostenendo, al contrario, che ad essi spettassero per intero “i canoni non riscuotibili fio al termine del rapporto locativo”.

La Corte di Cassazione riteneva anche tale motivo fondato.

Uniformandosi ad un ormai consolidato orientamento ha ribadito che spetta “al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l’utile ricavato o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto[3]”.

Pertanto l’ammontare del danno da risarcire deve essere commisurato sulla base dei canoni di locazione dovuti per la durata della locazione risolta a causa dell’ inadempimento del conduttore ed a prescindere dalla fatto che il proprietario sia rientrato nella disponibilità del bene, in quanto fintanto che non viene nuovamente messa a reddito “per il soggetto che aveva scelto di ricavare dal bene un reddito locatizio, non può rappresentare – quantomeno non può a priori presumersi rappresenti – un effettivo reale vantaggio a quello paragonabile[4]”, e non nella minore misura pari a sei mensilità così come disposto dal giudice di seconde cure.

Peraltro, la censura effettuata ad opera del controricorrente nella propria memoria alla luce della quale, stante il mancato conferimento da parte dei locatori di ulteriori mandati ad agenzie immobiliari, la condotta degli stessi dovrebbe essere valutata ai sensi dell’art. 1227 c.c., è stata dichiarata non valutabile in sede di legittimità da parte della stessa Corte di Cassazione.

In conclusione, la Corte di Cassazione a totale accoglimento del ricorso promosso da Tizio e Caio, pronunciava i seguenti principi di diritto: “il locatore può sottrarsi all’obbligo di restituzione del deposito cauzionale, a condizione che proponga domanda giudiziale per l’attribuzione dello stesso in tutto o in parte, a copertura di specifici danni subiti, di qualsiasi natura, e non solo di quelli subiti dalla «res locata», ovvero di importi rimasti impagati”; “in caso di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, spetta al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l’utile ricavato o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto”.

[1] Cass. Civ., sent. n. 14655/02.

[2] Cass. Civ. n. 18069/19.

[3] Ex multis Cass. Civ., n. 8482/20.

[4] Cfr. Cass. Civ., n. 8482/20 cit.

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