14 Novembre 2023

Decreto di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio ed impugnazione

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. II, Ordinanza del 2.2.2023 n. 3198, Presidente F. Manna, Estensore A. Scarpa

Massima:In tema di condominio negli edifici, è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte d’appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dagli art. 1129 cod. civ. e 64 disp. att. cod. civ., trattandosi di provvedimento che non ha carattere decisorio, giacché non preclude la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio di cognizione, del diritto su cui il provvedimento incide; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo”.

CASO

Tizio chiedeva la revoca di Caio amministratore del Condominio Alfa, vedendo tuttavia la propria istanza rigettata dal Tribunale di Varese.

L’attore soccombente, pertanto, decideva di impugnare presso la Corte d’Appello di Milano la pronuncia del giudice di prime cure, sostenendo come quest’ultimo avesse errato nel ritenere che fosse stato addebitato a Caio di non avere i titoli necessari per svolgere l’attività di amministratore; che i singoli comportamenti dell’amministratore non costituissero gravi irregolarità, il quale, invece, avrebbe sempre privilegiato gli interessi di alcuni condomini a discapito di Tizio e del Condominio in generale; omesso di valutare la mancata esecuzione da parte del convenuto una delibera relativamente al calcolo dei consumi di riscaldamento nonché non aver permesso la partecipazione di una condomina mal interpretando la normativa emergenziale.

La Corte d’Appello rigettava l’appello, sosteneva che non vi fosse nessun errore da parte del Tribunale in merito alle questioni presentante in sede di gravame e che proprio la lamentela circa il mancato rispetto della delibera citata da Tizio fosse un argomento nuovo non sostenuto in primo grado e, pertanto, inammissibile.

Tizio proponeva quindi ricorso per Cassazione avverso la pronuncia di secondo grado sulla base di tre motivi.

SOLUZIONE

La Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.

QUESTIONI

Con la prima doglianza Tizio lamentava la violazione o falsa applicazione dell’art. 64 disp. att. c.c. poiché la Corte territoriale si sarebbe solamente limitata a ribadire ciò che era già stato rilevato in primo grado, non cogliendo il senso del reclamo proposto e, in generale, il comportamento illegittimo tenuto dall’amministratore, causa di revoca giudiziale.

Il secondo motivo verteva sulla violazione o falsa applicazione degli artt. 1129, comma 1, e 91 c.c., inerentemente alla liquidazione delle spese legali.

Con il terzo e ultimo motivo, il ricorrente asseriva la violazione e nullità della sentenza in relazione al D.M. 55/2014, poiché la Corte d’Appello avrebbe, oltre che confermato la liquidazione delle spese di lite pronunciata dal Tribunale di Varese, anche liquidato le spese del giudizio di gravame applicando impropriamente i valori previsti nel decreto in questione, in particolare nella tabella di liquidazione relativa ai giudizi contenziosi da trattarsi avanti la Corte d’Appello e non quella relativa ai procedimenti di volontaria giurisdizione.

Il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio ha carattere eccezionale e urgente, ed è sostenuto dall’esigenza di assicurare una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, contro determinate condotte dell’amministratore che possono arrecarne pericolo. Oltretutto, è attivabile anche da uno solo dei condomini, in quanto sostitutivo della volontà assembleare, il legittimato passivo è soltanto l’amministratore e non è ammesso alcun un intervento adesivo da parte del Condominio e/o di altri condomini[1].

Nel giudizio di revoca dell’amministratore di condominio non è necessario il patrocinio di un difensore, ex art. 82, comma 3, c.p.c., trattandosi di un procedimento camerale plurilaterale tipico, che culmina con un provvedimento privo di efficacia decisoria e che non incide su situazioni sostanziali di diritti.

Pertanto, il condomino che agisca per la revoca dell’amministratore e che si difenda personalmente, non rivestendo le qualità di avvocato, potrà richiedere solamente il rimborso delle spese vive concretamente sopportate e non anche la liquidazione del compenso professionale, che spetta invece al difensore legalmente esercente[2].

Il provvedimento che stabilisce la revoca dell’amministratore di condominio ha efficacia, ex art. 741 c.p.c., dalla data in cui spira il termine per proporne reclamo. Gli atti compiuti dall’amministratore in data anteriore a quella dell’inizio dell’efficacia del decreto non sono viziati di alcuna invalidità e continuano a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del Condominio[3].

In tal senso, l’amministratore, nelle more del giudicato, continua ad esercitare legittimamente, fino all’avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza anche processuale, sul presupposto della presunzione di conformità alla volontà dei condomini e dell’interesse del Condominio alla continuità dell’amministrazione.

L’accertamento circa la legittimazione di tale amministratore è di competenza del giudice e non è soggetto ad eccezione di parte perché inerente alla regolare instaurazione del rapporto processuale[4].

Seguendo i precedenti orientamenti della Corte di legittimità, non può ammettersi ricorso per Cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., contro il decreto con il quale la Corte d’Appello provvede sul reclamo contro il decreto del Tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dagli artt. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c., trattandosi di un provvedimento di volontaria giurisdizione che non ha carattere decisorio e che non preclude la possibilità di apertura di un ordinario giudizio di cognizione.

Il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio, quindi, si svolge in camera di consiglio, si conclude con decreto reclamabile alla Corte d’Appello e si struttura, pertanto, come giudizio camerale plurilaterale tipico, che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria, non incidente su situazioni sostanziali di diritti[5].

In altre parole, la decisione nel merito del ricorso sulla domanda di revoca dell’amministratore non è ricorribile per Cassazione poiché privo dei caratteri di definitività e decisorietà.

Tuttavia, siccome previsto dall’art. 742 c.p.c., può essere revocato o modificato dalla stessa Corte territoriale per preesistenti vizi che indussero ad adottarlo, mentre resta attribuita al Tribunale, quale giudice di prime cure, la competenza a disporne la revisione sulla base di fatti sopravvenuti[6].

Risulta, invece, corretta l’applicazione del regolamento delle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c. al procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio, poiché il suddetto articolo, secondo cui il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a sé dispone la condanna alle spese giudiziali, si applica a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento, e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo; relativamente alla fattispecie in esame si è pronunciata anche la Suprema Corte a Sezioni Unite 20957/04, confermativa dell’orientamento secondo il quale la ridetta norma (art. 91 cpc) trova applicazione anche ai procedimenti camerali.

Valga considerare che il decreto di revoca dell’amministratore di condominio, ai sensi degli artt. 1129 cc e 64 disp att cc, costituisce un provvedimento di volontaria giurisdizione, in quanto sostituivo della volontà assembleare ed ispirato all’esigenza di assicurare una rapida ed efficace gestione dell’amministrazione condominiale in ipotesi tipiche di compromissione della stessa.

Per concludere, il divieto di rinominare l’amministratore revocato giudizialmente, previsto dall’art. 1129, comma 13, c.c., non è permanente, ma temporaneo, essendo limitato solo all’esercizio successivo a quello nel quale è stato rimosso.

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, il divieto di rinomina dell’amministratore revocato dal giudizialmente è temporaneo per cui non esclude definitivamente il diritto del medesimo a riacquisire il mandato, rilevando soltanto per la nomina assembleare successiva al decreto di revoca.

L’amministratore revocato potrà essere, quindi, rieletto dall’assemblea, ma occorrerà rispettare l’intervallo per almeno un esercizio finanziario.

[1] Cass. civ., Sent. n. 4696/2020

[2] Cass, civ., Ord. n. 15706/2017

[3] Cass. civ., Sent. n. 454/2017

[4] Cass. civ., Sent. n. 7699/2019

[5] Cass. civ., Sent. n. 15706/2017

[6] Cass. civ., Sent. n. 7623/2019

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