1 Luglio 2025

Manutenzione dei balconi condominiali e  regime imputazione spese: nullità della delibera

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Salerno, sez. I civile, Sentenza del 31.05.2022 n. 1907, Giudice Avv. O. Mannino

Massima:I balconi aggettanti di un edificio in condominio costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa: solo i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si devono considerare beni comuni a tutti i condomini, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole”.

CASO

Con atto di citazione la Società Alfa e Tizio, proprietari di due unità immobiliari facenti parte del Condominio Beta, insistenti al piano terra ed adibite ad esercizi commerciali, convenivano in giudizio, dinanzi l’allora Sezione Distaccata di Eboli, il Condominio impugnando la delibera adottata dall’assemblea condominiale del 29 maggio 2013, tanto per vizi di forma (omesso ricevimento dell’avviso di convocazione nel termine di cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza, mancata allegazione del piano di riparto) che di merito (approvazione dell’addebito delle spese di rifacimento dei balconi dell’edificio anche a carico di due condomini sprovvisti di balconi, non trattandosi di opere condominiali ma di beni privati).

Gli attori, pertanto, chiedevano l’annullamento, previa sospensione dell’esecutività, della delibera impugnata.

Il Condominio Beta, costituitosi, eccepiva la carenza di legittimazione attiva degli attori per omessa allegazione del titolo di proprietà, nonché l’inammissibilità della domanda per violazione dei termini di cui all’art. 1137 c.c..

In via preliminare, il Condominio sollevava parimenti l’improcedibilità della domanda per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione e l’intervenuta ratifica della delibera impugnata del 29 maggio 2013 con successiva decisione assembleare del 22 novembre 2013.

Nel merito parte convenuta contestava le deduzioni avversarie e chiedeva il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettava l’istanza cautelare attorea nonché la richiesta di rimessione delle parti in mediazione, risultando il giudizio proposto anteriormente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di mediazione.

Successivamente, in data 19 maggio 2015 il giudizio era riunito a quello iscritto innanzi al Tribunale di Salerno avente ad oggetto l’impugnazione, da parte degli attori, della delibera condominiale del 22 novembre 2013 con la quale il Condominio Beta ratificava la precedente delibera del 29 maggio 2013 affidando i lavori di manutenzione straordinaria alla Ditta Gamma, in virtù della delibera del 20 febbraio 2013, approvando il piano di riparto ed imputando le opere di rifacimento dei balconi anche agli attori, nonostante proprietari dei piani terra sprovvisti di balconi.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Salerno in persona del Got in funzione di Giudice unico, Avv. O. Mannino, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, difesa, eccezione e deduzione assorbita o disattesa, dichiarava la nullità del punto 2) della delibera condominiale del 22 novembre 2013 e condannava parte convenuta al pagamento in favore degli attori delle spese processuali.

QUESTIONI

Il Tribunale, anzitutto, rigettava l’eccezione di carenza di legittimazione passiva degli attori sollevata dal Condominio, poiché, a prescindere dal rilievo dell’avvenuta allegazione del titolo di proprietà della società attrice, il Condominio (rectius: l’amministratore), quale titolare/responsabile dell’anagrafe condominiale, riconosceva implicitamente la legittimazione degli attori, avendo l’amministratore provveduto alla notifica ad entrambi sia delle comunicazioni concernenti le convocazioni condominiali che dei verbali di assemblea.

In merito alla delibera assembleare, come noto, ai sensi dell’art. 1137 c.c. le deliberazioni prese dall’assemblea  sono obbligatorie per tutti i condomini; contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’invalidità nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

Secondo i giudici di legittimità debbono ritenersi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto. Pertanto, la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c., è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio[1].

Corollario del principio dell’efficacia obbligatoria delle deliberazioni assembleari nei confronti di tutti i condomini è l’ulteriore principio – espressamente previsto, con riferimento alle deliberazioni dell’assemblea delle società, dall’art. 2377 c.c.  comma 7 – per cui la sentenza di annullamento della deliberazione dell’assemblea ha efficacia di giudicato, in ordine alla causa di invalidità accertata, nei confronti di tutti i condomini, anche nei confronti di quelli che non abbiano partecipato al giudizio di impugnativa promosso da uno o da alcuni di loro[2].

Ebbene, secondo l’orientamento consolidato della Corte di cassazione, la norma dell’art. 2377 c.c., benché dettata con riferimento alle società per azioni, ha carattere generale ed è, perciò, applicabile anche alle assemblee condominiali, cosicché va dichiarata cessata la materia del contendere, quando risulti che l’assemblea dei condomini, regolarmente riconvocata, abbia deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata.

Difatti, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall’art. 2377, comma 8, c.c., rimanendo affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese ad una valutazione di soccombenza virtuale. La cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell’impugnazione ex art. 1137 c.c., in quanto la sussistenza dell’interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione[3].

Pertanto, qualora sopravvenga la sostituzione della delibera invalida, l’annullamento non può avere luogo e interviene la cessazione della materia del contendere, cosicché il giudice non è più sottoposto al dovere di sindacare la legittimità della delibera, essendo la stessa sostituita con una nuova pronuncia.

E’ bene precisare in ogni caso che, se il condomino che ha impugnato la prima delibera non si preoccupa di impugnare anche la delibera successiva, una volta decorso il termine di decadenza per l’impugnazione prescritto dall’art. 1137 c.c., di fatto la seconda delibera non può più essere annullata mediante il ricorso all’autorità giudiziaria.

Nel caso di specie, tuttavia, la cessazione della materia del contendere non poteva avere luogo stante l’impugnazione anche della successiva deliberazione del 22 novembre 2013 con la quale l’assemblea ratificava la precedente decisione condominiale del 29 maggio 2013.

Difatti, le parti attrici rilevavano l’illegittimità in capo ad entrambe le delibere relativamente all’addebito a carico di tutti i condomini delle spese di rifacimento dei balconi, quali invece di proprietà esclusiva dei titolari degli altri condomini delle singole unità immobiliari.

Su questo punto gli Ermellini precisano che i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa, dovendosi considerare beni comuni a tutti soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole[4].

Difatti, all’interno dei balconi, possono eventualmente anche ricorrere elementi decorativi che costituiscono un ornamento della facciata, assimilabili, per tale loro funzione, ai sensi dell’art. 1117 c.c., alle parti comuni dell’edificio, dovendosi però reputare che l’individuazione di tali elementi, la loro funzione architettonica e il conseguente regime di appartenenza condominiale, che devono essere orientati dal canone ermeneutico costituito dalla loro idoneità ad assolvere alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio, non possono essere oggetto di un riscontro in astratto, ma devono essere frutto di una verifica in concreto, in base al criterio della loro funzione precipua e prevalente[5].

Conseguentemente, occorre verificare se il balcone abbia elementi decorativi ed in tal caso, la spesa per la relativa riparazione di questi ricade su tutti i condomini, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, facendo parte, come si è scritto della facciata del fabbricato[6].

Oltretutto, perché la spesa di rifacimento debba imputarsi al condominio non occorre che l’edificio mostri particolari pregevolezze artistiche o architettoniche, essendo sufficiente che il rivestimento esterno al balcone contribuisca alla gradevolezza estetica dell’intero manufatto[7].

Ciò posto, nella pronuncia in analisi il Tribunale campano riteneva che le spese relative agli interventi sui balconi dovessero essere a carico dei proprietari degli stessi e non essere attribuite ai condomini secondo le tabelle millesimali di proprietà, posto .

In tal senso, l’assemblea, avendo deliberato al contrario per la ripartizione a tutti i condomini delle spese, aveva dato luogo ad una deliberazione invalida in quanto tale decisione, di fatto, determinava secondo il giudice un’attrazione alla proprietà comune di beni, quali i balconi, che, invece, sono di pertinenza individuale, in tal modo esorbitando dai suoi poteri e obbligando anche la restante parte dei condomini al pagamento pro quota delle relative spese di rifacimento.

Atteso che i lavori approvati all’esito dell’assemblea del 22 novembre 2013 e posti a carico anche degli attori riguardavano anche interventi sui balconi di proprietà esclusiva di altri condomini, detto vizio determina la nullità della predetta delibera di ratifica della precedente decisione assembleare adottata in data 29 maggio 2013 nella parte in cui addebita agli attori, proprietari di immobili sprovvisti di balconi, le spese di rifacimento di questi ultimi, ivi compresa la quota di oneri, relativi alle spese tecniche e di amministrazione, connessi.

Il Tribunale, pertanto, dichiarava la nullità del punto 2) della delibera condominiale del 22 novembre 2013.

In ordine a tale pronuncia di merito, per il vero, giova rilevare come il Tribunale abbia fatto una valutazione in punto di fatto, ossia sull’assenza di incidenza dei balconi sulla gradevolezza estetica generale del fabbricato, senza istruttoria e quindi facendo applicazione dei criteri di massima offerti dall’ordinamento.

Di certo, la ridetta valutazione di merito, importa comunque un vulnus sulla carente istruttoria, quantomeno in punto di un più specifico e qualificato giudizio sul decoro del fabbricato e l’incidenza dei balconi, attraverso idonea consulenza tecnica d’ufficio, in luogo di un’apodittica e rigida applicazione dei principi di diritto.

[1] Cass. SS.UU., Sent. n. 4806/2005.

[2] Cass. SS. UU., Sent. n. 9839/2021.

[3] ex multis Cass. civ., n. 10847/2020.

[4] Cass. civ., Sent. n. 6624/2012.

[5] Cass. civ., Sent. n. 5014/2018.

[6] Cass. civ., Ord. n. 27413/2018.

[7] Cass. civ., Ord.. n. 27083/2018.

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