13 Luglio 2021

Contratto di assicurazione sulla vita e premorienza del beneficiario

di Abigail Owusu, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 15 aprile 2021, n. 9948 – Pres. Frasca, Rel. Fiecconi

Parole chiave:

Assicurazione sulla vita – rinuncia alla facoltà di revoca della designazione del beneficiario – premorienza del beneficiario – soggetto legittimato a ricevere la prestazione assicurativa – eredi del beneficiario – ammissibilità.

Al contratto di assicurazione sulla vita si applica l’art. 1412, comma 2, c.c., disposizione relativa al contratto a favore di terzo secondo cui, dopo la morte dello stipulante, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente; ne consegue che, non ricorrendo le ipotesi di revoca o di differente regolamentazione, in caso di premorienza al disponente del terzo beneficiario, l’insorgenza del diritto a favore di quest’ultimo non è condizionata alla morte del disponente, evento che non incide sulla nascita del diritto alla prestazione, ma solo sulla sua esigibilità, a prescindere dal motivo “intuitu personae” o previdenziale sottostante alla designazione del beneficiario. (Cassa con rinvio, Corte d’Appello Milano, 07/11/2017) [Massima ufficiale].

Disposizioni applicate:

Artt. 1411, 1412, 1920, 1921, c.c.

CASO

Un anziano sacerdote stipulava un contratto di assicurazione sulla vita, indicando quale beneficiaria della polizza la propria perpetua.

Successivamente alla società assicuratrice perveniva una comunicazione di rinuncia alla facoltà di revoca del beneficiario sottoscritta sia dall’assicurato sia dalla beneficiaria.

Nel corso del rapporto, la compagnia assicuratrice riceveva una comunicazione di disconoscimento della sottoscrizione apposta alla predetta comunicazione di rinuncia della facoltà di revoca del beneficiario.

Deceduta la perpetua, l’assicurato provvedeva a indicare quale nuova beneficiaria la di lui sorella.

Dopo la morte del sacerdote, la compagnia assicuratrice procedeva con il pagamento del capitale assicurato alla seconda beneficiaria nominata dal de cuius.

A fronte di tale circostanza, gli eredi della prima beneficiaria, adivano il Tribunale territorialmente competente chiedendo il disconoscimento della firma apposta alla revoca della designazione e di essere indicati come beneficiari.

Il giudice di primo grado rigettava la domanda dichiarando la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti in virtù della natura previdenziale o intuitu personae della polizza vita e il venir meno della disposizione a favore della prima beneficiaria con la premorienza di questa.

Gli eredi della prima beneficiaria proponevano appello avverso la sentenza di primo grado.

Il gravame veniva parimenti rigettato sulla scorta della considerazione che in caso di premorienza del beneficiario il diritto all’indennizzo, che viene a maturare con la morte del disponente, non sarebbe trasmissibile agli eredi del beneficiario premorto perché non ancora venuto in essere, essendo tale diritto collegato all’evento della morte.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso degli eredi della prima beneficiaria, applicando alla fattispecie il secondo comma dell’art. 1412 c.c., ai sensi del quale, con riferimento al contratto a favore del terzo, la prestazione al terzo, dopo la morte dello stipulante, deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente. Secondo la Suprema Corte, tale disposizione è applicabile anche al contratto di assicurazione sulla vita riconducibile alla categoria del contratto a favore di terzo.

QUESTIONI

La pronuncia in commento (già annotata da S. Landini, Polizze vita e diritti degli eredi del beneficiario premorto: la sentenza n. 9948/2021 della Cassazione, in il Quotidiano giuridico, 27.04.2021, in www.quotidianogiuridico.it), affronta, risolvendola in senso positivo, la questione della trasmissibilità, iure hereditatis, del diritto alla prestazione assicurativa in caso di premorienza, rispetto all’assicurato, del beneficiario della polizza vita.

Nel sancire il predetto principio di diritto, la Suprema Corte rigetta la tesi, sostenuta dalla Corte d’appello, a mente della quale il diritto di credito relativo all’indennizzo sorgerebbe in capo al designato quale beneficiario dell’assicurazione sulla vita esclusivamente al momento in cui si verifica l’evento della morte dell’assicurato.

L’art. 1920 cod. civ., dopo aver sancito la validità del contratto di assicurazione sulla vita a favore di un terzo afferma, al terzo comma, che per effetto della designazione il terzo acquista un “diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”.

Tale disposizione costituisce il punto di arrivo del dibattito dottrinale sviluppatosi durante la vigenza del codice civile del 1865, il quale, come è noto, negava cittadinanza nell’ordinamento al contratto a favore di terzi (art. 1128).

Durante la vigenza del codice del 1865, particolarmente dibattuto era l’inquadramento dogmatico della posizione del beneficiario del contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo. Segnatamente, stante l’estraneità del beneficiario al contratto di assicurazione ci si chiedeva se quest’ultimo acquistasse il diritto alla liquidazione della somma assicurata iure proprio, in base alla polizza vita, ovvero iure hereditatis, per effetto della successione dell’assicurato defunto (A. La Torre, Diritto civile e codificazione. Il rapporto obbligatorio, Milano, 2006, 251 ss.; Id., L’assicurazione nella storia delle idee, Milano, 2000, 272 ss.).

La formulazione impiegata dal legislatore all’art. 1920 cod. civ. sembra volta a far intendere che, per effetto della semplice designazione da parte dell’assicurato, il beneficiario diviene titolare non già di una mera aspettativa, bensì di un vero e proprio diritto alla prestazione assicurativa. Tale diritto ha titolo esclusivamente nel contratto di assicurazione sulla vita, senza mai transitare nella sfera giuridica dell’assicurato (in dottrina v., tra gli altri, A. Palazzo, Istituti alternativi al testamento, Napoli, 2003, 102; S. Landini, La situazione giuridica del beneficiario nell’assicurazione sulla vita a favore di terzo, in Dir. priv., 1998, 210 ss.; in giurisprudenza cfr. Cass, 23.3.2006, n. 6531, in Resp. civ. e prev., 2006, 1734; Cass., 5.3.2001, n. 3160, in Foro it., 2001, I, 2871). Si tratta di un diritto di cui il beneficiario può liberamente disporre per atto inter vivos o mortis causa e che, alla sua morte, si trasmette agli eredi, a meno che la designazione non venga revocata (App. Firenze, 6.6.2011, in Assicurazioni, 2011, 555 ss.).

L’astratta revocabilità della designazione effettuata non incide peraltro sulla posizione soggettiva del beneficiario, il quale è a tutti gli effetti titolare di un diritto proprio e autonomo, seppur sottoposto alla condizione – risolutiva o sospensiva negativa, a seconda della qualificazione operata – dell’eventuale revoca ex art. 1921 cod. civ. Il diritto in parola è destinato a consolidarsi definitivamente con l’estinzione del potere di revoca al momento della morte dell’assicurato (M. Stolfi, L’assicurazione sulla vita a favore di terzi, Milano, 1937, 41 ss.).

Sotto questo primo profilo emerge l’assoluta coerenza, rispetto alla lettera della norma, della soluzione ermeneutica adottata dalla Suprema Corte con la pronuncia in commento.

Successivamente all’entrata in vigore del codice civile del 1942, con il quale il legislatore ha risolto in senso affermativo la questione della validità della figura del contratto a favore di terzi, disciplinandola espressamente agli artt. 1411 ss., la dottrina si è interrogata sul rapporto intercorrente fra la fattispecie di cui all’art. 1920 cod. civ. e lo schema generale del contratto a favore di terzo disciplinato dagli artt. 1411 ss. cod. civ.

Un primo orientamento, minoritario, esclude che l’assicurazione sulla vita possa essere ricondotta alla categoria del contratto a favore di terzi. Secondo i sostenitori di questa tesi, nell’assicurazione sulla vita a favore di terzo – essendo materialmente impossibile che la stipulazione sia rivolta a vantaggio dello stipulante, la cui morte costituisce l’evento assicurato – la designazione di un terzo al quale devono essere rivolti i vantaggi previsti dal contratto costituisce un elemento indefettibile della fattispecie in questione (G. Volpe Putzolu, Assicurazioni sulla vita, disposizioni a causa di morte e atti di liberalità, in Studi in memoria di Gorla, III, Milano, 1994, 2100 ss.; R. Nicolò, Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, in Notariato, 1971, 152 ss.; B. Biondi, Le donazioni, nel Trattato Vassalli, XXII, 4, Torino, 1961, 971 ss.).

A tale ricostruzione si contrappone l’orientamento della dottrina maggioritaria, accolto dalla pronuncia in commento, secondo cui l’assicurazione sulla vita a favore di terzo è inquadrabile nell’ampio genus del contratto a favore di terzo, perlomeno in tutte le ipotesi in cui si abbia una pattuizione a favore del terzo, costituendo tale clausola un elemento normale ma non essenziale della fattispecie assicurativa (A. Genovese, Gli obblighi del terzo beneficiario nell’assicurazione sulla vita, in Giur. it., 1953, 895 ss.; L. Coviello Jr., L’assicurazione sulla propria vita a favore di terzo e l’attribuzione per testamento della somma assicurata, in Assicurazioni, 1952, 34 ss.).

Osservano i fautori di questa tesi che, con il contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo, il terzo designato quale beneficiario acquista un diritto proprio e autonomo alla prestazione assicurativa, derivante direttamente dalla stipulazione fatta in suo favore dall’assicurato, in forza della quale l’assicuratore si obbliga, a fronte della corresponsione dei premi, a pagare al beneficiario il capitale assicurato al verificarsi dell’evento garantito. La modalità con cui il beneficiario della polizza vita acquista il diritto al capitale assicurato è dunque pienamente sussumibile nello schema del contratto a favore di terzo, con riguardo al quale parimenti ricorre una scissione soggettiva fra soggetto contraente e beneficiario del contratto. Dall’assimilazione fra contratto di assicurazione sulla vita e contratto a favore di terzi viene poi fatta discendere l’applicabilità al contratto di assicurazione sulla vita, in via sussidiaria e per quanto non espressamente derogato dalla disciplina di parte speciale, degli artt. 1411 ss. cod. civ. (V. Ferrari, I contratti di assicurazione contro i danni e sulla vita, Napoli, 2011, 443 ss.).

Non contemplando gli artt. 1920 ss. cod. civ. un’apposita disciplina per l’ipotesi di premorienza del terzo designato quale beneficiario rispetto all’assicurato, per tale situazione occorre fare riferimento all’art. 1412, comma 2, cod. civ. ai sensi del quale, qualora il terzo premuoia allo stipulante, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo (A. Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, III, Milano, 1956, 601 ss.; V. Salandra, Assicurazione, nel Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1966, 392 ss.).

Rileva la Suprema Corte come gli effetti del contratto assicurativo sulla vita non dipendano dall’accertamento della finalità dell’attribuzione patrimoniale (previdenziale, gratuita o onerosa), proprio perché la ragione sottesa al contratto avrebbe una causa propria ritenuta ex lege meritevole di tutela.

La conferma della sostanziale autonomia del contratto di assicurazione a favore del terzo rispetto ai rapporti sottostanti al contratto si riscontra nell’art. 1413 c.c., quale espressione di un principio generale, là dove indica che il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale il terzo deriva il suo diritto, ma non anche quelle fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante.

Ecco, dunque, che nel caso di premorienza del terzo i suoi eredi succederanno nel diritto acquistato da questi in virtù della stipulazione in suo favore, con tutti i limiti, però, del diritto del loro dante causa. L’acquisto degli eredi sarà sottoposto anche al potere di revoca del contraente, a meno che questi non vi abbia rinunciato e il terzo abbia dichiarato di volerne profittare (C. A. Funaioli, Sulla impignorabilità del diritto del beneficiario, in Assicurazioni, 1958, 33 ss.; L. Buttaro, Assicurazione sulla vita a favore di terzi e fallimento, in Riv. dir. comm., 1965, 46 ss.). Come accennato in apertura, infatti, la designazione del beneficiario è sempre revocabile. Peraltro, contrariamente a quanto accade nell’ambito del contratto a favore di terzo, non osta alla revoca il fatto che, prima che si realizzi l’evento assicurato, il soggetto designato quale beneficiario abbia dichiarato di voler profittare della designazione.

Precludono la revoca della designazione del beneficiario la morte del contraente; il verificarsi dell’evento, purché il terzo abbia dichiarato di voler profittare del beneficio; la rinunzia del contraente al potere di revoca, anche in tal caso purché il beneficiario abbia dichiarato o dichiari di voler profittare della disposizione in suo favore.

In ordine alle modalità di designazione e relativa revoca, parte della dottrina ha affermato, conformemente con la previsione di cui all’art. 679 c.c., che la designazione per testamento è sempre revocabile. In tal caso, infatti, il terzo verrà a conoscenza della propria posizione di beneficiario, e dunque potrà dichiarare di voler profittare della disposizione in suo favore, soltanto dopo che sia morto il contraente e gli sia stato comunicato il contenuto del testamento e quindi soltanto dopo che la designazione è divenuta irrevocabile ex art. 1921, comma 1, cod. civ. per morte del contraente (così da ultimo, S. Landini, Polizze vita, cit.). Tale designazione sarà pertanto revocabile fino alla morte del contraente anche nel caso in cui con la designazione testamentaria stessa il contraente abbia dichiarato di rinunziare al potere di revoca posto che tale rinunzia per determinare irrevocabilità della designazione dovrà essere accompagnata dalla dichiarazione del terzo che per l’appunto non potrà essere compiuta prima della morte del contraente.

Quanto, infine, al quesito se la diversa forma della designazione, possa modificare la natura dell’acquisto del terzo, ossia se l’acquisto del terzo possa dirsi mortis causa ove la designazione sia stata compiuta per testamento, se si ritiene che il diritto del terzo sorga con il contratto di assicurazione e che la morte non rappresenti che una condizione sospensiva dell’esigibilità di tale diritto, deve concludersi che l’acquisto del terzo sarà comunque inter vivos anche ove la designazione sia compiuta per testamento, come affermato dalla pronuncia in commento.

In conclusione, l’impostazione adottata dalla Corte di Cassazione nell’interpretare il contratto oggetto di causa e nel determinare gli effetti a favore del terzo nominato come beneficiario al momento della morte del disponente si mostra in linea con la disciplina in materia di assicurazione sulla vita a favore di terzo adottata dal codice del 1942, e più in generale, con quella del più ampio genus del contratto a favore di terzo cui detto negozio risulta riconducibile.

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