29 Novembre 2022

Brevi note sul procedimento di apertura della procedura di liquidazione controllata

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Trib. Verona, 20 settembre 2022, Pres. Attanasio – Est. Lanni

[1] Sovraindebitamento – Liquidazione controllata – Procedimento unitario – Applicabilità.

Massima: “Il procedimento per l’apertura di una procedura di liquidazione controllata, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 65, comma 2, CCII, deve ritenersi soggetto alla disciplina generale del procedimento unitario contenuta nel Titolo III CCII (ed in particolare alla disciplina del procedimento unitario prevista per l’istanza di liquidazione giudiziale), nei limiti di compatibilità”. 

CASO

[1] Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Verona ha dichiarato l’apertura della procedura di liquidazione controllata richiesta, con ricorso depositato in data 31 agosto 2022, da un debitore persona fisica, non esercitante attività d’impresa.

Gli aspetti del provvedimento meritevoli di considerazione, e che subito verranno analizzati, riguardano la risoluzione di una serie di questioni processuali attinenti al procedimento di apertura della procedura, in particolare nel caso in cui la relativa istanza sia presentata dal debitore (in imprenditore), che le scarne disposizioni che il CCII dedica alla materia non consentono di risolvere direttamente.

SOLUZIONE

[1] I principi di diritto che il Tribunale di Verona pronuncia, avendo riguardo al procedimento di apertura della liquidazione controllata avviato su istanza del debitore (non imprenditore), sono molteplici, e appaiono meritevoli di separato approfondimento.

Muovendo dall’art. 65, 2°co., CCII, che afferma l’applicabilità alla liquidazione controllata (oltre che alle altre PCC), nei limiti della compatibilità, delle disposizioni che regolano il c.d. procedimento unitario, il Tribunale dichiara l’applicabilità, nello specifico: a) dell’art. 39 CCII, per identificare i documenti che il debitore deve allegare alla domanda di apertura della liquidazione controllata; b) degli artt. 40 e 41 CCII sulla disciplina dell’udienza di comparizione delle parti, escludendo la necessità di fissazione nel caso di domanda presentata dal debitore e in assenza di contraddittori; infine, il provvedimento chiarisce che c) pur nel silenzio della legge sul punto, in capo al tribunale debba essere riconosciuto un potere di interlocuzione finalizzato a superare eventuali carenze dell’istanza del debitore o della documentazione da questi allegata.

QUESTIONI

[1] Come chiarito sin dalle battute introduttive del presente commento, la fattispecie cui il Tribunale di Verona ha riguardo si identifica con il procedimento di apertura della liquidazione controllata avviato su istanza del debitore (non imprenditore).

L’art. 268 CCII, infatti, identifica quali soggetti legittimati a richiedere l’apertura della procedura in discorso sia il debitore che si trovi in stato di sovraindebitamento, sia, per il caso in cui il debitore versi in stato di vera e propria insolvenza, uno o più creditori, anche in pendenza di procedure esecutive individuali.

Si diceva, altresì, che le disposizioni che il CCII dedica alla disciplina dell’apertura della liquidazione controllata appaiono assai scarne. Il riferimento è all’art. 270 il quale, al suo 1°co., si limita a statuire che il tribunale, rilevata l’assenza di domande di accesso ad altre procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, e verificata la sussistenza dei presupposti richiesti ex lege, dichiari con sentenza l’apertura della liquidazione controllata, senza curarsi di disciplinare in maniera maggiormente analitica i relativi aspetti procedurali.

A tal riguardo, soccorre però il 5°co. del medesimo art. 270 CCII, dove si afferma l’applicabilità alla liquidazione controllata, nei limiti della compatibilità, delle disposizioni sul c.d. procedimento unitario, racchiuse nel Titolo III del CCII (identica disposizione è ripetuta nel precedente art. 65, 2°co., cui anzi fa espresso riferimento il provvedimento in esame).

Al quadro normativo che stiamo tratteggiando occorre ancora aggiungere la previsione di cui al precedente art. 269, che disciplina specificamente la domanda di apertura della liquidazione controllata che sia presentata dal debitore (ossia, la fattispecie considerata dal tribunale veronese).

È proprio tale disposizione a innescare il primo dubbio interpretativo chiarito dal Tribunale di Verona. Tale norma prevede, infatti, che al ricorso presentato, anche personalmente dal debitore, con l’assistenza dell’OCC, debba essere «allegata una relazione, redatta dall’OCC, che esponga una valutazione sulla completezza e l’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda e che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore».

Ora, ciò che la legge non chiarisce è quale sia la documentazione che il debitore è chiamato a depositare a corredo della domanda.

A tal riguardo, la soluzione proposta dal tribunale veronese appare del tutto condivisibile: l’affermata applicabilità delle disposizioni disciplinanti il c.d. procedimento unitario, infatti, conduce necessariamente a richiamare l’art. 39 CCII (in tal senso, infatti, già A.M. Tedoldi, Crisi insolvenza sovraindebitamento, Pisa, 2022, 339).

Per l’esattezza, il principio affermato nella sentenza in commento è il seguente: “al procedimento per l’apertura della liquidazione controllata si applica l’art. 39 CCII e il vaglio di compatibilità della disposizione con il procedimento di liquidazione controllata instaurato dal debitore consumatore induce a ritenere che al ricorso debbano essere allegati i seguenti documenti: 1) dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; 2) inventario dei beni del ricorrente (dovendosi intendere in questi termini lo stato delle attività, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 270, comma 2, lett. e, della successiva redazione dell’atto previsto dall’art. 272, comma 2, CCII); 3) elenco nominativo dei creditori, con la specificazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che dei terzi titolari di diritti sui beni del debitore, con indicazione, in entrambi i casi, del rispettivo domicilio digitale; 4) elenco degli atti dispositivi compiuti nei cinque anni antecedenti (dovendosi intendere in questi termini il riferimento agli atti di straordinaria amministrazione contenuto nell’art. 39, comma 2, CCII, anche in funzione delle scelte del liquidatore da compiere ai sensi dell’art. 274, comma 2, CCII); 5) lo stato di famiglia e l’elenco delle spese necessarie per il mantenimento del debitore e della sua famiglia (ai fini della tempestiva adozione del provvedimento previsto dall’art. 268 , comma 4 lett. b), CCII)”.

Il Tribunale di Verona, invero, compie anche un passo ulteriore, ritenendo applicabile anche alla procedura disciplinata dal CCII una disposizione dettata dalla previgente l. n. 3/2012, destinata a utilmente intervenire in questa fase temporale del procedimento di apertura. Il riferimento è all’art. 9, comma 3-ter, dove era prevista la possibilità per il giudice investito della domanda di apertura di una PCC di concedere un termine perentorio, non superiore a quindici giorni, per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti: la sentenza in esame, pur in mancanza di una norma generale o della riproduzione nel CCII di una disciplina del tenore di quella appena richiamata, ha ritenuto ammissibile, anche con riferimento alla procedura di liquidazione controllata (e alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore e al concordato minore), un potere di interlocuzione del tribunale finalizzato a superare eventuali carenze dell’istanza o della documentazione allegata, in ossequio a elementari principi di economia processuale e ragionevolezza.

Infine, il Tribunale di Verona si interroga sulla necessità di fissare l’udienza per la comparizione delle parti nell’ipotesi oggetto di decisione, in cui, cioè, la domanda di apertura della procedura è stata presentata dallo stesso debitore.

A tale riguardo, le norme destinate a venire in rilievo sono gli artt. 40 e 41 CCII, dai quali, però, non è possibile desumere immediatamente se l’udienza di convocazione delle parti sia necessaria anche nel caso di ricorso per l’apertura della procedura depositato dal debitore.

Sul punto, il Tribunale richiama il precedente di Cass., 18 agosto 2017, n. 20187, la quale, con riguardo al procedimento di apertura del fallimento, ha affermato che “il debitore può assumere l’iniziativa che avvia il procedimento camerale diretto alla dichiarazione del proprio fallimento senza l’osservanza di peculiari formalità, né con il ministero obbligatorio del difensore […] almeno se e fino a quando la sua istanza non confligga […] con l’intervento avanti al tribunale di soggetti, portatori dell’interesse ad escludere la dichiarazione di fallimento, ciò implicando lo svolgimento di un contraddittorio qualificato, che potrebbe definire diversamente la natura contenziosa del procedimento”.

In altri termini, secondo tale orientamento, il procedimento promosso dal debitore diviene contenzioso in senso proprio, e richiede quindi la convocazione delle parti, solo nell’ipotesi in cui siano individuabili specifici contraddittori.

Il Tribunale di Verona considera tale principio applicabile anche al caso in esame, di ricorso per l’apertura della liquidazione controllata presentato dal debitore sovraindebitato, limitando così la necessità di fissazione di un’udienza di comparizione delle parti all’unica ipotesi in cui emergano specifici contraddittori all’istanza presentata.

Il provvedimento in esame rappresenta una delle prime pronunce della giurisprudenza di merito sulla procedura di liquidazione controllata e, con specifico riferimento alla fase di apertura della stessa, pare aver fissato alcuni principi del tutto condivisibili e senz’altro utili a orientare la prassi successiva.

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