27 Marzo 2018

Assenza ingiustificata dal posto di lavoro

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 16 gennaio 2018, n. 836

Dipendente adibito a mansioni inferiori – Assenza dal servizio per più giorni – Subito dopo la diffida al datore di lavoro – Licenziamento – Legittimità – Motivi

MASSIMA

Legittimo il licenziamento del dipendente adibito a mansioni inferiori che si assenta dal servizio subito dopo aver inviato una diffida al datore di lavoro. Il rifiuto della prestazione, infatti, può essere giustificato solo se l’inadempimento dell’imprenditore è totale; laddove, invece, l’imprenditore assolva a tutti gli altri propri obblighi quali il pagamento della retribuzione, la copertura previdenziale e assicurativa e l’assicurazione del posto di lavoro, non c’è spazio per l’applicazione dell’articolo 1460 c.c.

COMMENTO

La controversia sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione riguarda un licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore per essersi reso assente ingiustificato dal lavoro per oltre i quattro giorni consecutivi previsti dal CCNL applicato. Più precisamente, nel caso di specie, la Corte d’Appello, in riforma della pronuncia del Giudice di prime cure, aveva ritenuto legittima la condotta del lavoratore che, adibito a mansioni inferiori e richiesto alla società di riassegnarlo a quelle precedentemente svolte, si era assentato dal posto di lavoro a far data dal giorno successivo alla predetta diffida. Avverso la sentenza della Corte d’Appello ha quindi proposto ricorso per Cassazione la società datrice di lavoro, lamentando in particolare la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. per aver ritenuto la Corte territoriale integrati i profili di gravità dell’inadempimento richiesti, ai sensi del citato articolo, dall’exceptio inadimplenti non est adimplendum. La Suprema Corte, ritenuto provato il parziale inadempimento del datore di lavoro nell’assegnare il lavoratore a mansioni inferiori per oltre due mesi, ha quindi rivolto la propria attenzione alla proporzionalità del comportamento tenuto dallo stesso lavoratore in relazione alla condotta aziendale. A tal fine, dunque, pur considerando il rifiuto della prestazione lavorativa una legittima forma di autotutela a fronte di un “inadempimento datoriale complesso”, la Cassazione ha precisato che, nel caso in esame, tale non poteva definirsi il comportamento della società, la quale invero, eccezion fatta per l’assegnazione a mansioni inferiori, aveva assolto tutti gli altri obblighi sulla stessa gravanti (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa, assicurazione del posto di lavoro). Del resto, come più volte affermato dalla stessa Corte, anche a fronte dell’adibizione a mansioni inferiori, il lavoratore, potendo adire in via d’urgenza l’autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento cautelare nei confronti del datore di lavoro, non può aprioristicamente rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa, “in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartito dall’imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall’art. 41 Cost. e può legittimamente invocare l’art. 1460 c.c., rendendosi inadempiente, solo in caso di totale inadempimento dell’altra parte”. A tal proposito, la Suprema Corte ha quindi ulteriormente precisato come, assentatosi il dipendente dal posto di lavoro dal giorno immediatamente successivo alla diffida inviata alla società, il totale rifiuto di svolgere mansioni non corrispondenti all’inquadramento contrattuale, oltre che non proporzionato al comportamento del datore di lavoro, deve altresì considerarsi non conforme a buona fede e, pertanto, in contrasto con quanto disposto dal secondo comma dell’art. 1460 c.c.. A fronte delle precedenti considerazioni, la Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso promosso dalla società datrice di lavoro e, decidendo nel merito, ha rigettato le domande di accertamento dell’illegittimità del licenziamento e di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro formulate dal lavoratore.

Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”