8 Ottobre 2019

Procedure da composizione delle crisi da sovraindebitamento e pagamenti rateali di mutui ipotecari: la Cassazione afferma l’ammissibilità

di Carlo Trentini, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. I, Sent. 3 luglio 2019, n. 22159. Pres. Genovese – Est. Terrusi

Parole chiave

Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento – durata del piano – pagamento delle rate del contratto di mutuo ipotecario secondo l’originario piano di ammortamento – ammissibilità.

Massima

Nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento deve ritenersi ammissibile il piano che preveda il pagamento delle rate di mutuo ipotecario secondo le scadenze del piano di ammortamento originario e quindi una durata della fase esecutiva anche ultradecennale (nel caso di specie, di sedici anni).

Disposizioni applicate: art. 7, co. 1 L 3/2012 – art. 160 l. fall.

Il caso

Un debitore presenta domanda di omologazione di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, nel quale è previsto il pagamento del debito derivante da un contratto di mutuo ipotecario secondo le scadenze dell’originario piano di ammortamento. La domanda viene dichiarata inammissibile dal tribunale (in composizione monocratica) che considera illegittimo un piano che prevede una così prolungata durata della fase esecutiva. Viene proposto reclamo al tribunale in composizione collegiale, che lo rigetta. Il debitore propone ricorso per cassazione.

La questione affrontata

Sul tema della durata del piano nelle procedure da sovraindebitamento, la giurisprudenza precedentemente formatasi (secondo quanto si legge nella stessa sentenza della Cassazione, unicamente di merito) risultava attestata su due orientamenti opposti.

Secondo un primo indirizzo, difforme rispetto all’orientamento diffuso in materia di concordato preventivo, nel quale di regola non si ammettono piani di durata eccedente i cinque, massimo sei anni (per tutta una serie di motivi, tra i quali, principalmente, per evitare di mettere a repentaglio la certezza della fattibilità del piano e per la preoccupazione di non violare le regole in tema di ragionevole durata dei procedimenti giudiziari), sono da considerarsi ammissibili piani che prevedano un’esecuzione protratta nel tempo, con previsione di pagamenti rateali di molti anni, spesso tenendosi conto delle previsioni d’incasso di redditi di lavoro dipendente (Trib. Como, 24 maggio 2018, con nota adesiva di Luigi Amendola, Assenza di limite temporale fisso nel piano del consumatore: ammissibilità ponderata al caso concreto, in Il Fallimentarista, pubb. 24.5.2018; Trib. Verona, 20 luglio 2016, in www.ilcaso.it, pubb. 14.10.2016; Trib. Napoli, 21 ottobre 2015, in www.tribunalenapoli.it).

Gli argomenti su cui si fonda tale orientamento sono i seguenti:

  1. i crediti derivanti da contratti di mutuo fondiario (o semplicemente ipotecario in generale) sono contraddistinti intrinsecamente ed ontologicamente da una lunga durata temporale, e di questi stessi la stessa banca non potrebbe attendersi soddisfazione più celere (Trib. Como, 24 maggio 2018, cit.);
  2. le procedure da sovraindebitamento sono assistite da un particolare favor, giustificato anche dalla ben nota funzione sociale e d’interesse collettivo, e non sarebbe congruente con tale volontà del legislatore – di favorire le composizioni delle crisi da sovraindebitamento e conseguire l’esdebitazione – imporre ai debitori, in stato di palese incapacità a soddisfare regolarmente le loro obbligazioni, di adempiere in termini più ristretti di quelli contrattualmente previsti;
  • il principio sancito dall’ 55 l. fall. (secondo cui tutti i debiti si considerano scaduti all’apertura della procedura), pur costituendo verosimilmente un principio tipico delle procedure concorsuali, non risulta richiamato dalla legge speciale sulle procedure da sovraindebitamento.

L’opposto orientamento, di interpretazione rigorosa, limita la durata del piano ad un massimo di cinque/sei anni. Tale indirizzo si fonda sui seguenti sostegni argomentativi:

  1. i creditori non possono esprimere il loro voto sulla proposta di piano del consumatore ( Ravenna, 10 marzo 2017, in Fall. 2017, 966; Trib. Firenze, 25 maggio 2016, in www.ilsovraindebitamento.it, che ha dichiarato inammissibile un piano del consumatore della durata di 15 anni; Trib. Rovigo, 13 dicembre 2016, in www.unijuris.it, pubb. 9.1.2017; Trib. Napoli, 12 ottobre 2016, in Giur. it., 2017, 1570) e sarebbe quindi del tutto illegittimo imporre loro una soluzione della crisi assai prolungata nel tempo;
  2. i principi generali dell’ordinamento, quale la Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, art. 6 e l’art. 111 Cost. sulla ragionevole durata dei processi (Alessandro Torcini, La verifica della fattibilità giuridica nel piano del consumatore, nota a Trib. Ravenna, 10 marzo 2017, in Fall. 2017, 970);
  • sarebbe contrario alle regole di un procedimento tecnicamente corretto e attendibile attestare dati proiettati su un periodo di tempo che supera i cinque anni (Trib. Ravenna, 1° dicembre 2016, in ilcaso.it, pubb. 1° luglio 2016);
  1. l’orientamento giurisprudenziale in tema di concordato preventivo limita necessariamente la durata delle procedure concordatarie ad un massimo di 5/6 anni (per le ragioni di cui ai punti che precedono) e le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento sarebbero conformate sul modello della procedura concordataria (anche quella di piano del consumatore, che sarebbe un’ipotesi di concordato coatto), di talché, in linea di massima e salva diversa espressa disposizione, dovrebbero ritenersi applicabili anche alle procedure ex lege 3/2012 i principi accolti per la procedura di concordato preventivo.

La soluzione della riforma

Mette conto precisare che la soluzione accolta nel c.c.i.i. è quella di affermare la compatibilità del piano che preveda pagamenti rateali delle rate di mutuo, a condizione – alternativa – che: i) alla data del deposito del ricorso, il debitore sia in regola con il pagamento delle rate scadute; ii) il giudice autorizzi il pagamento del capitale e degli interessi scaduti a tale data (art. 67, comma 5, per la procedura di ristrutturazione dei debiti (del consumatore sovraindebitato) e art. 75, comma 3, per il concordato minore – per il quale, peraltro, sono previste ulteriori tre diverse condizioni: i) che sia prevista la “continuità aziendale”; ii) che i beni su cui gravano i diritti di prelazione siano “beni strumentali all’esercizio dell’impresa del debitore”; iii) che l’occ attesti che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente dalla vendita del bene a valori di mercato e che il rimborso rateale non lede gli interessi degli altri creditori.

La soluzione della Cassazione

Il giudice di legittimità, dopo aver dichiarato l’ammissibilità del ricorso (ricordando i precedenti circa l’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti negativi, in tema di omologazione dei procedimenti da sovraindebitamento), accoglie il ricorso dopo aver risolto positivamente la questione dell’ammissibilità della procedura sotto il profilo della prolungata durata del piano seguendo un percorso argomentativo, così articolato:

  1. a) le procedure di composizione del sovraindebitamento sono procedure concorsuali e quelle di accordo (e di piano) sono modellate secondo lo schema del concordato preventivo;
  2. b) alle stesse vanno quindi applicati, salvo diversa norma espressa, i principi elaborati in materia di concordato preventivo;
  3. c) è pacifico che nel concordato preventivo possa prevedersi un pagamento parziale dei creditori prelatizi (nel caso dell’art. 160, secondo comma, l. fall.) e che, in tale contesto, possa anche prevedersi un pagamento dilazionato degli stessi crediti, avendo, in tal caso, i creditori diritto di voto;
  4. d) quindi, applicando tale principio alla procedura di accordo di composizione da sovraindebitamento, è ben possibile prevedere che un credito prelatizio sia pagato non immediatamente, ma con dilazione;
  5. e) non varrebbe opporre la questione della durata eccessiva della procedura, posto che tale considerazione sarebbe “eccentrica”, finendo per sostanziarsi in una valutazione di convenienza che spetta, per definizione, ai creditori.

Conclusioni

Se è consentita una considerazione finale, possiamo senz’altro convenire con il Supremo Collegio quanto ai principi sopra espressi alle lettere a), b), c) e d). Non ci pare, invece, di poter consentire con l’affermazione sub e), quella secondo cui la durata della procedura è questione di valutazione di merito, i.e. di convenienza, che spetta ai creditori. Senz’altro è questione che attiene alla convenienza quella della durata della fase esecutiva e del tempo previsto per la soddisfazione dei creditori; ma, ed è questo il punto, è anche una questione che riguarda il principio della ragionevole durata dei processi, questione d’interesse generale, che interest rei publicae, la cui violazione ha comportato e continua a comportare sanzioni comunitarie alla Repubblica. E, se vogliamo avere un minimo di coerenza, allorquando si afferma che alle procedure negoziali da sovraindebitamento si devono ritenere applicabili i principî in tema di concordato preventivo, sarebbe forse bene ricordare la giurisprudenza che, in tema di concordato preventivo (ma ve n’è anche in tema di accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall.) ha escluso l’ammissibilità di procedure concordatarie con fasi esecutive di durata superiore ai cinque, massimo sei anni: Trib. S. Maria Capua Vetere, 15 maggio 2014, in www.ilcaso.it, pubb. 26.5.2014 (in cui il tempo di esecuzione del piano era di nove anni; il termine massimo viene indicato in sei); Trib. Siracusa, 15 novembre 2013, in www.ilcaso.it, pubb. 4.12.2013 (termini di pagamento di dieci anni); Trib. Modena, 13 giugno 2013, in Il Caso.it, pubb. 13.6.2013 (che ha ritenuto inammissibile una proposta concordataria accompagnata da un piano che prevedeva la soddisfazione dei creditori in un tempo previsto di cinque anni); Trib. Bari, 3 giugno 2013, in www.ilcaso.it, pubb. 22.7.2013 (in cui il tempo di adempimento era imprevedibile).