26 Aprile 2016

Mutuo e ristrutturazione del credito

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

            Si segnala una recente decisione della Cassazione (Cass. 15.3.2016, n. 5087), secondo cui l’erogazione di un mutuo ipotecario non destinato a creare un’effettiva disponibilità nel mutuatario, già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, non integra necessariamente né le fattispecie della simulazione del mutuo (con dissimulazione della concessione di una garanzia per un debito preesistente) né quella della novazione (con la sostituzione del preesistente debito chirografario con un debito garantito).

            Essa può integrare, invece, – e normalmente integra – una fattispecie di procedimento negoziale indiretto, nel cui ambito il mutuo ipotecario viene erogato realmente e viene utilizzato per l’estinzione del precedente debito chirografario.

            In questo caso, ove il mutuo ipotecario risulti stipulato a copertura di un’esposizione debitoria pregressa, il fallimento, sussistendone i presupposti, ha la possibilità di impugnare l’intera operazione, ai sensi dell’art.67 1.f., in quanto diretta ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione, e pure le rimesse effettuate con la provvista in quanto abbiano avuto carattere solutorio (Cass. 5265/2007).

            Il ricorso al credito come strumento di ristrutturazione del debito – cui del resto si rivolge l’attuale normativa a mezzo degli istituti di cui agli artt. 182bis, 182quater, 182quinquies 1.f. – consente invero di rinegoziare i finanziamenti bancari anche nei riguardi di debiti scaduti, condizione che in sé, involgendo ambiti di diffusa economia reale e meritevolezza causale ormai tipicizzata, non può assumere alcuna riprovevolezza ordinamentale, nemmeno sul piano concorsuale.

            L’elemento caratteristico di siffatto tipo di ricorso al credito consiste tuttavia in un’operazione di effettiva erogazione di nuova liquidità da parte della banca, funzionale non solo (e non tanto), quindi, all’azzeramento o consistente diminuzione della preesistente esposizione debitoria, con tutela rafforzata della banca mediante ipoteca configurabile come garanzia non contestuale, ma alla rimodulazione, per il tramite di nuove condizioni negoziali – per esempio afferenti il tasso di interesse – o rinnovate tempistiche dei pagamenti, dell’assetto complessivo del debito nel contesto di una nuova veste giuridico-economica degli anteriori rapporti.

            In ciò, evidenzia la Cassazione,  può concretamente stabilirsi il discrimine tra le due tipologie di operazioni utilizzate nella prassi, costituito dalla preesistenza o meno del rischio di credito effettivamente assunto dalla banca: laddove essa eroghi effettivamente nuova liquidità al debitore, nel contesto di un’operazione non piegata all’unico obiettivo del rientro né dunque preordinata ad estinguere semplicemente l’obbligazione pregressa ripianando, con l’ipoteca, il rischio di credito già mal apprezzato al momento della sua insorgenza, si conforma alla sua funzione economica istituzionale, munendo l’impresa di nuove risorse suscettibili di rifinanziarla.

Si tratta di funzione in tal caso connaturata all’essere il finanziamento, cui accede l’ipoteca, destinato per l’appunto ad assicurare ulteriori disponibilità al debitore in conformità alle regole di corretta gestione di un rischio contestualmente assunto e, per questo, nuovo.