5 Dicembre 2023

Violazione del regolamento condominiale e svolgimento di attività di affittacamere

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale Ordinario di Roma, V sezione civile, Sentenza n. 14050 del 29.09.2022, Giudice dott. Fabiana Corbo

Massima: “È orientamento giurisprudenziale ormai consolidato quello per cui le clausole regolamentari (come lo è quella che pone il divieto di “concedere in affitto camere vuote o mobiliate da farne comunque uso contrario alla tranquillità, al decoro e al buon nome del caseggiato”), che limitano i diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, devono essere approvate da tutti i condomini, in quanto hanno valore negoziale”.

CASO

Il caso descrive una controversia legale complessa che coinvolge gli attori proprietari di immobili all’interno di un condominio, e Sempronio, oltre alla società denominata Alfa S.r.l, in qualità di convenuti. La causa era iniziata atto di citazione regolarmente notificato, in cui gli attori avanzano diverse richieste innanzi al Tribunale di Roma.

Innanzitutto, gli attori richiedevano al Tribunale di ordinare la cessazione immediata di un’attività che consideravano illegittima, ovvero l’attività di affittacamere condotta nell’immobile di proprietà della convenuta Alfa S.r.l.

La richiesta era basata sull’assunto che Alfa S.r.l. stesse violando le disposizioni contenute nel regolamento di condominio dell’edificio. In particolare, gli attori sostenevano che il regolamento di condominio, datato 25.05.1922 e redatto da un notaio, contenesse una clausola che vietava espressamente la destinazione degli appartamenti ad uso affittacamere o attività similari che potessero disturbare la tranquillità ed il decoro del condominio[1].

In data 01.08.2017 Alfa S.r.l., in qualità di conduttrice dell’immobile, comunicava preventivamente all’amministrazione condominiale l’imminente intenzione di avviare un’attività di affittacamere nell’edificio. Tuttavia, tale comunicazione non veniva preceduta da preventiva comunicazione all’amministrazione condominiale né tantomeno all’assemblea. Questo sollevava questioni sul rispetto delle norme condominiali e sulla comunicazione tra le parti coinvolte.

In data 08.01.2018 veniva inviata diffida emessa dal condominio nei confronti della Alfa S.r.l. in cui si richiedeva la cessazione dell’attività di affittacamere e l’esibizione di autorizzazioni e documentazione correlata. A supporto della propria richiesta, il condominio menzionava anche che la tranquillità dei condomini era disturbata dai rumori provenienti dall’immobile in cui è condotta l’attività.

Gli istanti introducevano un tentativo di mediazione attraverso un procedimento conclusosi tuttavia con un verbale negativo. Successivamente si procedeva con atto di citazione e costituitisi in giudizio i convenuti, la causa era trattenuta dal giudice in decisione, concedendo alle parti i termini ex art. 190 cpc per deposito comparse conclusionali e memorie di replica.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Roma rigettava le domande attoree volte ad inibire la prosecuzione dell’attività svolta dalla Alfa S.r.l. poiché non suscettibile di violare alcuna clausola regolamentare, rigettando altresì ogni richiesta di risarcimento avanzata da parte attorea. Le spese seguivano la soccombenza e erano liquidate con condanna degli attori a rifondere, in favore dei convenuti, le spese di lite liquidando, per ciascuno, una somma di euro 6.738,00 per compensi, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge.

QUESTIONI

  • Il caso in questione affronta diverse questioni relative alle clausole regolamentari nei condomini e la loro validità, con riferimento al diritto di proprietà esclusiva degli immobili. Il Tribunale di Roma richiama l’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza secondo cui le clausole regolamentari, come quella che impone il divieto di affittare camere vuote o arredate in modo contrario alla tranquillità e al decoro del condominio, devono essere approvate da tutti i condomini, poiché hanno natura negoziale. In altre parole, tali clausole possono limitare i diritti di ciascun condomino sulla sua proprietà esclusiva, ma solo se sono state concordate da tutti i condomini[2].

 

  • Inoltre, il Tribunale di Roma, ricordando che tali clausole danno luogo a servitù reciproche atipiche, richiama l’articolo 2643 cc, n. 4, che richiede la trascrizione dei contratti che costituiscono o modificano servitù prediali per renderli opponibili ai terzi acquirenti di diritti reali incompatibili con tali servitù. In questo contesto, il Tribunale enuncia che la mancanza di menzione delle servitù costituite nel regolamento di condominio nell’atto di trasferimento della proprietà non le rende opponibili ai terzi acquirenti, a meno che non siano state specificamente menzionate nell’atto di trasferimento[3]

 

  • In conseguenza di ciò, il Tribunale ricorda che “poiché i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell’ambito delle servitù, ove il regolamento di condominio non sia richiamato nell’atto di acquisto dell’immobile o non sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto acquirente, per poter opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene non è sufficiente la trascrizione del regolamento ma è altresì necessario che, nella nota di trascrizione, sia fatta specifica menzione della servitù”.

 

  • Nel caso di specie, il regolamento condominiale prodotto dagli attori, che ne affermavano la sua natura contrattuale, era privo dei requisiti per poter essere opponibile. Esso infatti, non risulta va essere stato trascritto[4]. Nel caso di specie il giudice di prima istanza esaminava nel dettaglio la documentazione prodotta in giudizio rilevando che le pagine che riportavano il contenuto del regolamento non recavano riferimenti circa la data o il numero di trascrizione, ma solo timbri e sottoscrizioni del notaio. E non vi era nemmeno la prova della necessaria nota di trascrizione (non prodotta) con l’inserimento delle clausole limitative dei diritti dei condomini ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c. Inoltre, non risultava che il regolamento di condominio e la clausola invocata fossero stati espressamente accettati da parte del convenuto al momento dell’acquisto dell’immobile[5].

 

  • In conclusione, Il Tribunale di Roma, rigettava le domande attoree tendenti ad impedire la prosecuzione dell’attività svolta dalla Alfa S.r.l. poiché la stessa non violava alcuna clausola del regolamento condominiale. I giudici di primo grado rigettando altresì le richieste degli attori al risarcimento del danno, condannavano gli stessi alla soccombenza delle spese.

[1] Il regolamento condominiale riportava il divieto di destinare gli immobili a diverse attività, enunciando al’art. 1: “E’ vietato destinare gli appartamenti ad una qualsivoglia industria o di ambulanza, sanatori, gabinetti per la cura di malattie infettive o contagiose, agenzie di pegni, case d’alloggio come pure di concedere in affitto camere vuote o mobiliate da farne comunque uso contrario alla tranquillità, al decoro e al buon nome del caseggiato”.

[2] Il Tribunale ricorda che, “come chiarito dalla Corte di Cassazione, infatti, tali clausole danno luogo a servitù reciproche atipiche consistenti, fra l’altro, nell’assoggettare al peso della non modificabilità della destinazione tutti i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva a vantaggio delle altre proprietà immobiliari (Cass. n. 21024/2016).

[3] Ricorda i Tribunale che “l’art. 2643, n. 4, c.c. richiede la trascrizione dei “contratti che costituiscono o modificano servitù prediali” al fine di renderli opponibili ai terzi acquirenti di un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. Pertanto, la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà -senza alcuna menzione delle servitù costituite a favore dell’immobile trasferito – non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi acquirenti del fondo servente, tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cass. n.5158/2003)”.

[4] Nel caso di specie il giudice di prima istanza esamina nel dettaglio la documentazione prodotta in giudizio asserendo che: “Le pagine che riportano il contenuto del regolamento non recano stampigliatura alcuna in ordine alla data ed al numero di trascrizione, ma solo timbri e sottoscrizioni del notaio. E non vi è nemmeno prova della necessaria nota di trascrizione (non prodotta) con l’inserimento delle clausole limitative dei diritti dei condomini ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c.”.

[5] Il convenuto aveva acquisito pro quota l’immobile in qualità di erede legittimo del de cuius

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