21 Marzo 2023

Videosorveglianza in condominio e maggioranze

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte Suprema di Cassazione, sez. II, Civile, Ordinanza n.14969 dell’11 maggio 2022, Pres. Dott. D’Ascola Pasquale, Relatore Dott. Tedesco Giuseppe

Massima: “In tema di condominio negli edifici, le spese relative alle opere ed ai manufatti deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, secondo e terzo comma, cod. civ. (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte del merito, confermando la decisione di primo grado di rigetto dell’impugnazione proposta sul punto dalla condomina ricorrente, aveva ritenuto corretta la ripartizione delle spese effettuata dall’assemblea in base ai millesimi di proprietà, non essendo stata fornita la prova che l’intercapedine oggetto di causa, invero funzionale all’intero stabile, fosse, in concreto, destinata al servizio soltanto di taluni condomini)”.

CASO

Tizia, residente presso il Condominio (OMISSIS) in via (OMISSIS) a Torino, impugnava due distinte delibere dall’assemblea condominiale.

La prima delibera, del 27 gennaio 2011, riguardava la ripartizione, in base ai millesimi di proprietà, del canone da pagare al Comune per l’anno 2010 e la spesa per l’installazione di un sistema di videosorveglianza, mentre la seconda, del 15 febbraio 2012, riguardava la ripartizione del canone per l’anno successivo e la spesa per il completamento dell’impianto già installato.

Il tribunale dichiarava inammissibile l’impugnativa della prima decisione per decorso del termine e rigettava l’opposizione alla seconda poiché ritenuta infondata.

Tizia appellava la decisione del giudice di prime cure, sostenendo che entrambe le delibere fossero nulle e non annullabili. In particolare, la condomina ecccepiva i criteri di suddivisione assunti dalle delibere.

Con specifico riferimento all’impianto di videosorveglianza, sosteneva che la materia ricadesse al di fuori della competenza dell’assemblea ordinaria e richiedesse, oltretutto, il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.

La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione, sostenendo che l’intercapedine fosse in realtà elemento funzionale a tutto l’edificio e che la destinazione, così come indicata da Tizia non fosse stata dimostrata. Inoltre, era altresì riconosciuta la legittimità della decisione dell’assemblea del condominio (OMISSIS) riguardo all’impianto di videosorveglianza, nonostante fosse stata assunta solo a maggioranza.

Tizia presentava ricorso in Cassazione, basato su due motivi, il Condominio resisteva con controricorso; seguiva poi il deposito di memorie da parte di entrambe le parti costituite.

SOLUZIONE

La Suprema Corte rigettò il ricorso di Tizia, condannò la soccombente al pagamento in favore del Condominio delle spese del giudizio di legittimità.

QUESTIONI

Attraverso il primo motivo, la sentenza fu oggetto di censura nella parte in cui la Corte d’appello ritenne che non fosse stata fornita la prova che l’intercapedine in questione fosse in realtà destinata a servizio solo di alcuni condomini. Infatti, a parere della ricorrente, tale destinazione sarebbe stata provata giacché non efficacemente contestata dal Condominio, il quale si sarebbe limitato a indicare che “l’intercapedine, lungi dall’essere funzionale ad alcune parti dell’edificio condominiale, è necessaria per l’intero stabile condominiale, perché consente l’areazione dello stesso proteggendolo dall’umidità e garantendo, in definitiva, un ambiente più salubre a tutti i condomini“.

Con riferimento a tali affermazioni, Tizia sostenne che tale deduzione sarebbe fondata solo in via teorica, poiché sul piano pratico, presupporrebbe almeno la contiguità tra edificio comune e intercapedine, mentre, come si evincerebbe dal caso concreto, proprio quello è l’elemento mancante al primo piano interrato: “al primo interrato l’intercapedine, al più, può servire alle piscine, che sono estranee al condominio”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ritenne il motivo infondato posto che sarebbe stato in più occasioni chiarito che è funzione tipica dell’intercapedine quella di fare circolare l’aria ed evitare la formazione di umidità e infiltrazioni d’acqua a vantaggio di tutto il fabbricato[1]. Tanto premesso, il Condominio avrebbe sollevato una contestazione chiara, specifica e in linea con il principio per cui “le spese concernenti, le opere e ai manufatti deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’articolo 1123 c.c., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’articolo 1123 c.c., commi 2 e 3”[2]; è pertanto conseguente alle deduzioni suesposte che  la pretesa della ricorrente di ravvisare nella difesa del Condominio (OMISSIS) l’esistenza di una “non contestazione”, tale da esimerla dall’onere di dimostrare una funzione dell’intercapedine diversa da quella consueta, è del tutto priva di giustificazione e non consente l’accoglimento del motivo.

In secundis, riguardo all’art. 360 c.p.c., comma I, n.3, Tizia sostenne che il riconoscimento in positivo da parte della Corte d’Appello della possibilità dell’assemblea dei condomini di deliberare in ordine all’impianto di videosorveglianza, lasciava aperta la questione se occorresse l’accordo unanime dei condomini. In tal senso, la Corte territoriale “avrebbe dovuto porsi il problema delle maggioranze occorrenti, non essendo sufficiente, prima della riforma del condominio, la maggioranza semplice” e che “si doveva inoltre riconoscere che la delibera non era vincolante per i dissenzienti, trattandosi di innovazione voluttuaria ed eccessivamente costosa”.

Anche con riferimento a tale motivo, gli Ermellini rigettarono il motivo di impugnazione, specificando che, al fine di offrire una disciplina chiara in materia, il legislatore della novella L. 220/12 ha introdotto il nuovo art.1122 ter c.c. prescrivendo che le deliberazioni concernenti l’installazione su parti comuni di impianti volti a consentire la videosorveglianza di essi sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., comma I[3].

Al fine di offrire maggior chiarezza al ricorrente, venne inoltre precisato in motivazione che, in merito alle obiezioni sul carattere voluttuario o gravoso dell’innovazione, “deve ricordarsi che le innovazioni per le quali e consentito al singolo condomino, ai sensi dell’articolo 1121 c.c., di sottrarsi alla spesa relativa, per la quota che gli compete, sono quelle che riguardano impianti suscettibili di utilizzazione separata e che hanno natura voluttuaria, cioè sono prive di utilità, ovvero risultano molto gravose, ossia sono caratterizzate da una notevole onerosità, da intendere in senso oggettivo, dato il testuale riferimento della norma citata alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio. Si precisa che l’onere della prova di tali estremi grava sul condomino interessato, vertendosi in tema di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali”[4].

Ad avvalorare ulteriormente il rigetto del motivo presentato dalla ricorrente, si aggiunse la circostanza per cui Tizia non avrebbe indicato alcun elemento concreto, relativo alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, che avrebbe dovuto indurre la corte di merito a ritenere l’innovazione scarsamente utile o eccessivamente gravosa.

[1] Così Cass. n. 7889/2000; n. 4391/2005.

[2] Così Cass. n. 64/2013; n. 10371/2021.

[3] L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.

[4] Così Cass. n. 2408/1981.