20 Febbraio 2018

Sul riparto dell’onere probatorio nel «nuovo» giudizio di accertamento dell’obbligo del debitor debitoris

di Giacinto Parisi Scarica in PDF

Trib. Monza, Sez. III, 17 luglio 2017 (ord.)

[1] Espropriazione forzata presso terzi – Accertamento dell’obbligo del terzo – Identificazione del credito pignorato – Onere della prova – Creditore procedente –Sussiste (C.p.c., art. 549)

[1] L’onere della prova circa la sussistenza o gli elementi di esatta identificazione del credito pignorato nell’ambito del giudizio di accertamento dell’obbligo del debitor debitoris grava sul creditore procedente.

 CASO

[1] La società M. s.r.l. pignorava le somme e i crediti dovuti dallo Stato italiano alla società G.B.C. – e, tramite la stessa, alla Libia – in forza di un titolo esecutivo vantato dalla creditrice nei confronti della predetta società di diritto libico.

A fronte della mancata comparizione del terzo a rendere la dichiarazione, la M. s.r.l. formulava dapprima istanza ai sensi dell’art. 548, comma 1°, c.p.c. e, quindi, all’esito della verifica della regolarità della notifica, chiedeva al tribunale di Monza – in funzione di giudice dell’esecuzione – di identificare esattamente il credito vantato dal debitore esecutato nei confronti dell’Italia, nell’ambito del giudizio di cui all’art. 549 c.p.c.

SOLUZIONE

[1] Il giudice adito ha innanzitutto chiarito – invero, senza compiere alcun approfondimento sul punto – che l’onere di provare la sussistenza o gli elementi di esatta identificazione del credito pignorato gravava in capo al creditore.

Alla luce di tale premessa, il tribunale ha quindi rilevato che, nel caso di specie, il creditore non aveva offerto elementi che consentissero di identificare crediti pecuniari della società debitrice verso lo Stato italiano. Conseguentemente, ha respinto l’istanza promossa dal creditore procedente, disponendo, per l’effetto, la chiusura della procedura esecutiva.

QUESTIONI

[1] A seguito delle modifiche introdotte dalla l. 228/2012 al giudizio di accertamento dell’obbligo del debitor debitoris nell’ambito dell’espropriazione forzata presso terzi, la dottrina e la giurisprudenza si sono divise circa l’applicabilità, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 549 c.p.c., dei principi ordinari in materia di riparto dell’onere della prova sanciti dall’art. 2697 c.c.

Per un primo orientamento, l’attività istruttoria svolta dal giudice dell’esecuzione nell’ambito del procedimento in esame sarebbe «svincolata» dall’osservanza del principio dell’onere della prova e del principio dispositivo (Trib. Milano, 3 marzo 2015, Foro it., Rep. 2015, voce Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 116).

A tale proposito si è innanzitutto osservato che l’art. 115 c.p.c., nella parte in cui stabilisce che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove richieste dalle parti, contempla un’eccezione qualora risulti applicabile una diversa previsione di legge, come ad esempio l’art. 549 c.p.c., dove attribuisce al giudice dell’esecuzione il potere di compiere «necessari accertamenti» per la decisione incidentale sull’esistenza e l’ammontare del credito (Trib. Milano, 3 marzo 2015, cit.).

Inoltre, sempre secondo tale orientamento, il potere inquisitorio del giudice dell’esecuzione deriverebbe dall’art. 185 disp. att. c.p.c. e dalla natura camerale del procedimento, avendo riguardo al tradizionale orientamento per il quale, nell’ambito dei procedimenti in camera di consiglio, il giudice procede anche in via officiosa nell’assunzione di sommarie informazioni, ai sensi dell’art. 738, comma 3°, c.p.c. (Trib. Milano, 3 marzo 2015, cit.).

Altro orientamento – cui aderisce l’ordinanza in commento – si è invece pronunciato in senso opposto, evidenziando che non sono derogati nel procedimento endo-esecutivo di accertamento dell’obbligo del terzo il principio dispositivo, né le regole in materia di riparto dell’onere probatorio (Trib. Latina, 26 aprile 2014, Giustiziacivile.com, 24 settembre 2014, con nota adesiva di C. Trapuzzano, nonché, in motivazione, Cass. 4 agosto 2017, n. 19485, Foro it., Le banche dati, archivio Cassazione civile; in tal senso, inoltre, v. R. Giordano, Considerazioni sul procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo, in Riv. es. forz., 2016, 644; G. Tota, Individuazione e accertamento del credito nell’espropriazione forzata presso terzi, Napoli, 2014, 290 s., che tuttavia prospetta la possibilità di una «attenuazione della regola di giudizio ex art. 2697 c.c.», in ragione dell’assenza di decisorietà del provvedimento che risolve la contestazione).

Tale ultima tesi si pone in linea di continuità con l’orientamento seguito dalla Suprema Corte con riferimento al giudizio a cognizione piena che aveva luogo – prima della riforma di cui alla l. 228/2012 – al fine di accertare la sussistenza dell’obbligo del terzo: per il giudice di legittimità, infatti, spettava al creditore l’onere di provare il fatto costitutivo dell’obbligo del terzo, mentre quest’ultimo doveva limitarsi a dimostrare di aver estinto la sua obbligazione prima del pignoramento, con la conseguenza del venir meno dell’esistenza del credito asserita dal pignorante (tra le più recenti, v. Cass. 4 agosto 2017, n. 19485, cit.; 12 aprile 2017, n. 9364, Foro it., Le banche dati, archivio Cassazione civile; 21 marzo 2014, n. 6760, id., Rep. 2014, voce Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 53).

A sostegno di tale secondo orientamento si è affermato che, anche nell’esecuzione, restano ferme le regole generali in tema di riparto dell’onere probatorio tra le parti di cui all’art. 2697 c.c., poiché il creditore agisce in virtù di un diritto proprio alla soddisfazione in sede esecutiva. In ogni caso, il giudice dell’esecuzione può comunque disporre, a prescindere dalle istanze delle parti onerate della relativa prova, gli accertamenti che, eccezionalmente, sono demandati, anche nel processo di cognizione, ai poteri officiosi dell’autorità giudiziaria, come, ad esempio, la consulenza tecnica d’ufficio o la richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione (R. Giordano, Considerazioni, cit., 644 s.; G. Tota, Individuazione, cit., 291).

Infine, la circostanza per cui il procedimento segue le regole del rito camerale consente di ritenere che il giudice dell’esecuzione sia svincolato dalle regole processuali del giudizio ordinario di cognizione. Da qui l’operatività della piena deformalizzazione della fase istruttoria, mediante l’assunzione di prove tipiche secondo modalità atipiche, nonché di prove atipiche purché non illegittime (R. Giordano, Considerazioni, cit., 645).