7 Luglio 2020

Rispetto del termine di concludere  il contratto preliminare di vendita e di rilasciare la polizza fideiussoria nella disciplina degli immobili in costruzione

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte d’Appello di Bologna, Sezione terza civile, sentenza 11.07.19 n. 2073, Presidente R. Aponte, Consigliere Relatore A. De Cristofaro

Massima Il primo giudice, ha correttamente ritenuto che il termine di 60 giorni indicato dalle parti nel contratto preliminare, in base alla disciplina vigente, non potesse considerarsi perentorio, essendo circostanza dirimente unicamente l’avvenuta consegna della polizza fideiussoria prima del definitivo, ossia in data 2 luglio 2013, come risultava documentatamente provato. […]

Allo stesso modo, appare infondata la censura di nullità fondata sul mancato rispetto del termine di 60 giorni, concordemente stabilito dalle parti: si deve evidenziare, a conferma della motivazione della sentenza, che la finalità della disposizione normativa dell’epoca era proprio quella di cautelare l’acquirente di un immobile in costruzione e di impedire che il decorso del tempo dovuto alla costruzione dell’edificio promesso in vendita si traducesse a suo danno a causa del rischio di insolvenza delle imprese operanti nell’edilizia.”

CASO

Il caso in esame origina da un ricorso con procedimento di cognizione sommaria ex art. 702 bis cpc, promosso al fine di accertare la legittimità del recesso dei promissari acquirenti dal contratto preliminare concluso con una società immobiliare – promittente venditrice – ed il riconoscimento del diritto ad ottenere il doppio della caparra versata ex art. 1385 c.c., comma 2^, a fronte di specifici inadempimenti della società immobiliare, consistenti:

  1. nel mancato rispetto del termine ad adempiere il definitivo;
  2. mancato rilascio di polizza fideiussoria, come previsto per legge Decreto legislativo 122/05, per gli immobili in costruzione.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Forlì rigettava il ricorso ritenendone infondati i motivi, in quanto il termine per la conclusione del definitivo non era determinato come perentorio, né era stato posto in essere da parte degli acquirenti, alcun atto di messa in mora per indurre la controparte alla stipulazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1454 c.c.

Circa la polizza fideiussoria invece, il Tribunale riteneva che la stessa fosse stata consegnata nei tempi consentiti dalla legge nell’osservanza della disciplina introdotta dal decreto legislativo 122/2005, all’epoca vigente.

I soccombenti impugnavano la sentenza in Appello, ma il gravame veniva rigettato per le motivazioni che di seguito si esamineranno.

QUESTIONI

Le questioni sottese al caso in esame si riferiscono alla disciplina delle trattative precontrattuali, con particolare attenzione alla disciplina del contratto preliminare di compravendita.

Il contratto preliminare è caratterizzato di per sé da un accordo vincolante, che determina, in seguito alla sua stipula, importanti conseguenze per le parti, nel caso in cui decidano di venir meno alle pattuizioni ivi contenute.

I passaggi propedeutici al perfezionamento del contratto definitivo sono caratterizzati da specifici effetti giuridici, in particolare per quel che riguarda i termini a contrarre, strettamente stabiliti nella sede del preliminare, che possono qualificarsi come perentori o ordinatori.

La Corte d’Appello di Bologna, chiamata a statuire circa la legittimità del recesso da un contratto preliminare di vendita, si occupa di delineare alcuni profili relativi ai termini pattuiti per la stipula del definitivo.

Sul tema, occorre precisare che ai sensi dell’art 1351 c.c, con il contratto preliminare, le parti si obbligano l’una nei confronti dell’altra a concludere un futuro contratto definitivo, del quale predeterminano il contenuto essenziale.

Nel caso del contratto di vendita, in particolare, non vi è un trasferimento della proprietà della cosa da una parte all’altra ma è fonte dell’obbligazione per l’una, di vendere, e per l’altra di comperare.[1]

L’art. 2932 c.c. prevede, a tal proposito che, qualora una delle parti non adempia il preliminare, l’altra parte possa rivolgersi al Giudice al fine di ottenere l’esecuzione forzata dell’obbligazione di concludere il contratto.

Nella fattispecie in esame, particolare interesse suscita la questione legata al termine indicato nel contratto preliminare per la stipula del definitivo.

Infatti, la difesa dei ricorrenti verte sulla ipotesi che tale termine sia da considerarsi essenziale, e dunque in caso di scadenza, determini la risoluzione di diritto del contratto con efficacia automatica, come previsto dall’art. 1457 c.c.; viceversa nell’ottica della resistente, trattasi di termine semplice, ordinatorio e perentorio, senza effetti sulla risoluzione del contratto, in caso di mancato rispetto dello stesso.

Sulla natura di tale termine, la giurisprudenza si è pronunciata più volte, e a tal riguardo ha di recente affermato che: “il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo”.[2]

Nella sentenza di primo grado, il termine stabilito per la stipula del rogito nel contratto preliminare di vendita, stipulato dagli impugnanti, non è giudicato perentorio e a parere del tribunale di Forlì, il decorso dello stesso, avrebbe determinato un “inadempimento modesto” e non tale da legittimare l’accoglimento della domanda di recesso giustificato o di quella subordinata di risoluzione.

Tuttavia, la difesa dei soccombenti sceglie di non censurare la decisione in appello sul tema della qualificazione del termine del rogito, sul quale, come premesso, la Corte d’Appello ha comunque ritenuto di doversi soffermare, ma impugna la sentenza per due diversi motivi, inerenti la presunta consegna nei termini della polizza fideiussoria (obbligatoriamente collegata al contratto di vendita di immobili in costruzione) e sull’esistenza di una nullità, collegata alla mancata consegna della polizza fideiussoria nel termine di legge di 60 giorni, non rilevato dal giudice di prime cure.

Con il primo motivo, gli appellanti affermano l’illegittimità della sentenza, laddove dà per assodata la consegna nella data pattuita, di una valida polizza fideiussoria da parte dell’impresa, in quanto sarebbe emerso dagli atti, che la stessa avrebbe dovuto invece essere consegnata entro 60 giorni dalla sottoscrizione del preliminare e che ciò non fosse avvenuto.

La polizza fideiussoria è un contratto attraverso il quale una compagnia assicurativa o una banca si obbligano a garantire l’adempimento di una prestazione del debitore nei confronti del creditore.

Tale contratto è, come il contratto preliminare, caratterizzato dall’assunzione di un impegno a termine da parte dell’assicuratore di ristorare il beneficiario in caso di inadempimento della prestazione da lui dovuta dal contraente e da parte del venditore.

La Corte d’Appello di Bologna dà atto del fatto che nel preliminare di vendita era stabilito il termine di 60 giorni per la consegna di una fideiussione alla parte acquirente, ma che lo stesso non era da ritenersi perentorio. La data ultima di consegna della fideiussione coinciderebbe, invece, ad avviso della Corte, con quella prevista per la sottoscrizione del preliminare, essendo circostanza dirimente, unicamente l’avvenuta consegna della polizza fideiussoria prima del definitivo.

Si aggiunga anche, precisa la Corte, che la condotta relativa al superamento del termine di consegna di 60 giorni, non è neppure contraria alla disciplina all’epoca vigente del Dlgs. 122/2005, a tutela dell’acquirente di immobili in fase di costruzione dall’insolvenza del venditore, nel periodo di tempo intercorrente tra il preliminare e la vendita.

All’art 2 del decreto legislativo citato, circa la garanzia fideiussoria infatti, si stabilisce che: “all’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, il costruttore e’ obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione [..].”[3]

Il termine ultimo per la consegna della fideiussione era dunque quello della stipula del definitivo.

Stante la censura relativa ai termini, gli impugnanti sollevavano dubbi sulla validità e regolarità formale della polizza fideiussoria, in quanto recante un testo “standard” e privo della valida sottoscrizione dell’assicurazione.

La Corte di merito sostiene invece la validità della fideiussione in tutti i suoi elementi, sia con riferimento alla forma della stessa, in quanto il testo contiene le parti, l’importo, i dati della compravendita e la finalità della polizza, che al contenuto, strettamente attinente alla compravendita oggetto di causa.

Viene dunque confermata l’autenticità del testo sottoscritto, così come aveva già sostenuto il Tribunale di prime cure, anche con riferimento alla sottoscrizione regolarmente apposta da parte dell’assicurazione e alla peculiare circostanza processuale che gli appellanti, nel corso del giudizio di primo grado, non avevano sollevato contestazioni sulla conformità del documento all’originale, “ragion per cui l’autenticità del documento deve ritenersi assodata” .

Ciò nondimeno, la Corte d’Appello di Bologna esamina e rigetta anche il secondo motivo di gravame,

relativo alla censura di nullità, fondata sul mancato rispetto del termine di 60 giorni per la consegna della fideiussione.

Dopo aver sottolineato che tali censure relative alla regolarità e alla validità della fideiussione sono prive di fondamento, in quanto sono state mosse per la prima volta in appello; con riferimento alla derogabilità del termine, la Corte di merito precisa che la normativa vigente all’epoca della stipula del preliminare e della polizza fideiussoria risultava meno stringente rispetto a  quella attuale e che le parti avrebbero potuto decidere sinanche di rinunciare alla fideiussione, trattandosi peraltro di una nullità relativa, come tale eccepibile solo dalla parte.

 Per questo motivo infatti, le parti avevano deciso autonomamente, di differire la consegna della fideiussione ad un momento successivo rispetto alla stipula del preliminare.

Solo nel 2014 infatti legislatore ha modificato la disposizione in oggetto, colpendo con la nullità assoluta, l’eventuale clausola di rinuncia da parte dell’acquirente alle tutele previste nel decreto legislativo 122/2005 e così garantendo al compratore una tutela sicuramente più adeguata, demandando il rilevo di nullità, anche d’ufficio.

[1] Galgano, Diritto privato, p. 265 e s.

[2] Cass. 17.3.2005, n. 5797; altresì Cass. 6.12.2007, n. 25549; Cass. 26.4.1983, n. 2870

[3] Art 2 Decreto Legislativo 20 giugno 2005, n. 122

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto immobiliare e real estate