8 Novembre 2016

Il nuovo pegno mobiliare non possessorio

di Giacomo Pescatore Scarica in PDF

L’art. 1 del d.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla L. 30 giugno 2016, n. 119[1], ha introdotto nel novero delle garanzie reali la nuova figura del pegno mobiliare non possessorio, che può essere costituito dagli imprenditori iscritti nel registro  delle  imprese su  beni  mobili destinati all’esercizio dell’impresa, ad esclusione  dei  beni  mobili registrati. I beni mobili possono essere esistenti o futuri, determinati o determinabili, anche con riferimento ad una o più categorie merceologiche o ad un valore complessivo.

A differenza della generale figura di pegno regolata dagli artt. 2786 e ss. c.c., che impone al debitore la consegna della cosa (o del documento che conferisce l’esclusiva disponibilità della cosa) al creditore[2], il nuovo istituto permette al soggetto costituente la garanzia, ove non diversamente disposto nel contratto, di continuare ad utilizzare il bene, nel rispetto della sua destinazione economica, nonché di disporne; in quest’ultimo caso, il pegno si trasferisce al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al  bene  sostitutivo acquistato  con  tale  corrispettivo, senza che ciò comporti la costituzione di una nuova garanzia[3]. E’ dunque ammessa la c.d. rotatività dei beni oggetto di pegno.

Ai fini della costituzione del pegno mobiliare non possessorio, occorre, a pena di nullità, che il relativo contratto risulti da atto scritto, e che tale contratto, ai fini dell’opponibilità ai terzi, sia successivamente iscritto in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate e denominato «registro dei pegni non possessori»[4]. L’iscrizione nel registro ha durata di dieci anni (rinnovabile mediante nuova iscrizione prima della scadenza) e deve indicare: il creditore, il debitore, l’eventuale terzo concedente il pegno, la descrizione  del  bene dato in garanzia, il credito garantito, l’indicazione  dell’importo massimo garantito, e per il pegno non possessorio che garantisce il  finanziamento  per l’acquisto di un bene determinato, la  specifica  individuazione  del medesimo bene. La cancellazione dell’iscrizione può essere chiesta di comune accordo dal creditore e dal datore del pegno, o essere domandata giudizialmente.

Al verificarsi di un evento che determina  l’escussione  del pegno, il creditore è tenuto ad una previa notifica (anche a mezzo posta elettronica  certificata) al debitore e all’eventuale terzo concedente il pegno, nonché ad un preventivo avviso scritto al datore della garanzia e agli eventuali titolari di un pegno non possessorio trascritto successivamente. Successivamente, il creditore ha alternativamente la facoltà di procedere: (i) alla vendita dei beni oggetto  del  pegno  trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del credito fino a concorrenza  della somma garantita; (ii) all’escussione o cessione dei crediti oggetto di pegno fino a concorrenza della somma garantita, dandone comunicazione al datore della garanzia. Inoltre, laddove previsto nel contratto di pegno ed iscritto nel registro delle imprese, il creditore può procedere: (iii) alla locazione del bene oggetto di pegno imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito fino a concorrenza della somma garantita, a  condizione  che  il  contratto preveda  i  criteri  e  le  modalità  di   determinazione del corrispettivo della locazione; (iv) all’appropriazione dei beni oggetto del pegno  fino  a concorrenza della somma garantita,  a  condizione  che  il  contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità di  valutazione del valore del bene oggetto di pegno e  dell’obbligazione  garantita.

Si prevede inoltre che, nel caso (sebbene piuttosto remoto) in cui più beni sottoposti a pegno mobiliare non possessorio si combinino tra loro mediante unione o commistione, ciascuno dei creditori pignoratizi può agire sul prodotto così ottenuto in caso di inadempimento dell’imprenditore-debitore, devolvendo agli altri una somma corrispondente al valore del bene dagli stessi pignorato[5].

In caso di fallimento del debitore, il creditore può procedere all’escussione del pegno solamente dopo che il suo credito sia stato ammesso al passivo con prelazione[6].

Il debitore e l’eventuale terzo concedente il pegno hanno diritto di proporre opposizione entro cinque giorni dall’intimazione del creditore; inoltre, ove concorrano gravi motivi, il  giudice, su istanza dell’opponente, può con provvedimento d’urgenza inibire al creditore di procedere con l’escussione.

Infine, entro tre mesi dalla comunicazione da parte del creditore relativa all’escussione del pegno, il debitore può agire in giudizio per il risarcimento del danno laddove la vendita sia avvenuta in  violazione  dei  criteri e  delle modalità stabiliti della legge.

 

[1] Il testo completo è consultabile al sito <http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/07/02/16A04966/sg>.

[2] Si ricordino, tuttavia, altri precedenti di contratti di pegno senza spossessamento nel nostro ordinamento, quali ad esempio il pegno sui prosciutti a denominazione di origine tutelata (L. n. 401/1985), che non presuppone alcuno spossessamento del debitore. Sul punto, v. R. Brogi, D.L. 59/2016: prime annotazioni sul pegno mobiliare non possessorio, in Quotidiano Giuridico, 6 maggio 2016.

[3] F. Chiarenza, Un nuovo modo per ottenere finanziamenti: il pegno mobiliare non possessorio, in Quotidiano Giuridico, 22 giugno 2016.

[4] P. Bonolis, Pegno non possessorio e Patto Marciano – Legge di conversione del “decreto sofferenze” (D.L. 59/2016), in Diritto 24, 19 luglio 2016.

[5] G. Di Marco, Convertito in legge il Decreto Banche: pregi e criticità del pegno mobiliare non possessorio, in Quotidiano Giuridico, 30 giugno 2016.

[6] Sempre con riferimento alla legge fallimentare, si noti altresì che, agli effetti di cui agli articoli 66 e 67 in tema di azione revocatoria, il pegno non possessorio viene equiparato alla fattispecie generale di pegno.