25 Gennaio 2022

Non può evincersi una diretta responsabilità personale dell’amministratore nei confronti del terzo creditore del condominio, per il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione dei dati personali dei condomini morosi

di Saverio Luppino, Avvocato

Corte d’Appello di Palermo, Sez. II Civile, Sent. n. 2047, ud. 17/12/2021; Presidente G. Lupo, Relatore F. Bellafiore

Per quanto la indicata norma individui espressamente nell’amministratore il soggetto tenuto alla comunicazione dei dati condominiali nei confronti dei creditori insoddisfatti, deve infatti escludersi che ciò esponga l’amministratore, verso il terzo creditore del condominio, a responsabilità personale per il debito condominiale. L’obbligazione imposta dall’articolo 63 disp. att. cc. a carico dell’amministratore si colloca pur sempre, nell’ambito del rapporto contrattuale di mandato che lega l’amministratore stesso al condominio, in forza del quale soltanto egli è in possesso dei dati dei condomini morosi. Anche a voler richiamare il generale dovere di cooperazione e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione, non si vede perché questo dovrebbe gravare sulla persona dell’amministratore in quanto distinto centro di imputazione giuridica, piuttosto che in capo al condominio, salva la possibilità per quest’ultimo di rivalersi, quale mandante nei confronti del mandatario amministratore inadempiente”.

  1. La peculiarità specifica del gravame esaminato dalla Corte d’Appello di Palermo

In forza di un provvedimento giudiziale di condanna, Alfa, in qualità di terzo creditore del condominio, vantava un credito pari ad euro 28000,00 nei confronti del condominio Beta. Onde procedere al recupero forzato della somma, non spontaneamente versata dal debitore, il creditore aveva più volte richiesto all’amministratore del condominio l’indicazione del numero di conto corrente dell’ente di gestione, l’elenco nominativo dei condomini e dei relativi millesimi.

Tuttavia, tale richiesta non veniva adeguatamente soddisfatta dall’amministratore: costui, infatti, aveva provveduto (peraltro tardivamente) alla consegna di un ormai obsoleto elenco nominativo dei condomini con le relative tabelle millesimali. Tale elenco era inoltre sprovvisto di dati anagrafici, codice fiscale e residenza aggiornata e, pertanto, inutilizzabile ai fini dell’azione esecutiva individuale pro quota, stante, peraltro, l’insufficienza dei fondi condominiali. Tali dati venivano ottenuti dal terzo creditore, soltanto in via giudiziale ed in esito ad un procedimento sommario di cognizione ex art 702 c.p.c., con cui si addiveniva alla condanna del condominio alla consegna dei documenti, oltre al risarcimento del danno da ritardo, liquidato in euro 500,00.

In esito al giudizio, il terzo creditore conveniva dinanzi al Tribunale di Palermo l’amministratore del condominio, deducendo la grave responsabilità personale dello stesso amministratore per la scorretta gestione nei rapporti col terzo creditore e la violazione delle pertinenti norme di legge, tra cui quelle ex art 63 disp. att. c.c. (come riformato dalla L. 220/2012) e dall’art 1130 co. 6 c.c..

Pertanto il terzo creditore domandava la condanna dell’amministratore al pagamento della somma di euro 23.903,21 quale credito residuo vantato nei confronti di un condominio e non ancora recuperato, a causa della condotta ostruzionistica tenuta proprio dall’amministratore, in violazione dei predetti obblighi.

Quest’ultimo, costituitosi in giudizio, preliminarmente eccepiva l’improcedibilità della domanda per il mancato esperimento della negoziazione assistita ed inoltre per omessa notifica del ricorso introduttivo del giudizio. Nel merito negava la sussistenza di alcun proprio personale debito verso l’attore, in quanto asseriva altresì di aver compiutamente adempiuto all’ordine impartito dal Giudice e contestava la sussistenza di un nesso di causalità tra il presunto comportamento ostruzionistico e il danno lamentato dall’istante.

Il Tribunale di Palermo riteneva il difetto di legittimazione passiva del convenuto e pertanto rigettava la domanda dell’attore, condannando quest’ultimo al pagamento delle spese processuali.

Il terzo interponeva appello deducendo tre distinti capi di impugnazione.

Con il primo motivo di gravame l’appellante si doleva in merito alla valutazione del primo Giudice in ordine alla ritenuta insussistenza della legittimazione passiva dell’amministratore, all’uopo richiamando i principi relativi alla responsabilità dell’amministratore nei confronti dei condomini, responsabilità scaturente dal contratto di mandato conferito al momento dell’accettazione dell’incarico. Sosteneva l’appellante che l’amministratore è responsabile personalmente e direttamente nei confronti dei terzi, a titolo di responsabilità aquiliana, in caso di inadempienza di un obbligo giuridico derivante dalla legge o da un particolare rapporto con il terzo. Con il secondo motivo di impugnazione il terzo creditore ripercorreva le tappe fattuali della vicenda al fine di ulteriormente argomentare quanto sostenuto nel primo gravame. Con il terzo motivo di impugnazione l’appellante richiamava la disciplina di cui agli artt. 63 disp. att. c.c. e 1130 co. 1 nn.6 c.c., deducendo di non essere stato messo nella condizione di recuperare l’integrale proprio credito nei confronti di uno dei condomini, come indicato in epigrafe.

Il convenuto amministratore resisteva in appello, deducendo l’infondatezza del gravame e riproponeva l’eccezione di improcedibilità dell’azione per omessa notifica del ricorso introduttivo del giudizio.

La Corte territoriale rigettava l’appello proposto affermando che il condominio, in qualità di autonomo centro di imputazione, è l’unico a rispondere per il fatto dell’amministratore nei confronti dei terzi rimasti danneggiati. Il Collegio giudicante riteneva assorbito ogni altro motivo di gravame, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.

  1. I profili processuali preliminari dedotti.

In ragione di quanto meglio di approfondirà, appaiono di sicuro interesse anche le eccezioni preliminari sollevate dall’amministratore di condominio, in relazione alla carenza di legittimazione passiva ed all’assenza del procedimento di negoziazione assistita in forza di una specifica domanda di condanna di pagamento some, rientrante nei limiti di competenza della adr, salvo ogni approfondimento in ordine ai profili di applicabilità della mediaconciliazione.

In primo grado, il Tribunale di Palermo non approfondiva il merito della questione accogliendo preliminarmente l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, sollevata dall’amministratore di condominio, istruendo al causa solo per tabulas ed aderendo de plano alle deduzioni di parte convenuta, nella parte in cui l’amministratore non può essere ritenuto personalmente e direttamente responsabile al pagamento di un credito che il terzo vanta nei confronti del condominio, in ragione di omissione di precorsi obblighi “informativi” (l’indicazione del numero di conto corrente dell’ente di gestione, l’elenco nominativo dei condomini e dei relativi millesimi) cui il medesimo fosse rimasto inadempiente.

Secondo entrambe le corti di merito vanno tenuti distinti i piani di responsabilità, poiché il terzo creditore non può vantare il riconoscimento di un proprio credito – anche se credito condominiale – nei confronti personali dell’amministratore, invocando le norme del mandato, che sono quelle che invece costituiscono lo specifico rapporto tra amministratore e condominio e non nei confronti di un terzo.

Da ciò l’accoglimento dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva, in quanto non potendo l’attore invocare l’applicabilità delle norme sul mandato e dovendo invece ricorrere all’applicazione degli articoli 63 e 1130, comma 1, n.6, l’area di applicazione di tali disposizioni si esaurisce nel solo rapporto con il condominio e non personale con l’amministratore, essendo l’ente di gestione munito di autonoma soggettività. 

Anche la soluzione adottata dalla Corte d’Appello di Palermo nella sentenza in commento si colloca nel solco tracciato dalla Suprema Corte in ordine all’individuazione del centro di imputazione giuridica che risponde per danni causati a terzi.

Gli Ermellini individuano nel condominio, munito di autonoma soggettività, colui che risponde per il fatto dell’amministratore nei confronti dei terzi danneggiati[1]. La Suprema Corte fa salva, tuttavia, l’azione di rivalsa del condominio nei confronti dell’amministratore[2].

Anche la predetta sentenza si colloca nel filone di un “abbozzato” riconoscimento giurisprudenziale dell’autonomia soggettiva del Condominio rispetto ai condomini ed una qual certa personalità giuridica ed autonomia patrimoniale “imperfetta” distinta dalla compagine condominiale (ricordiamo le sentenze di merito che hanno ammesso la possibilità di un pignoramento presso terzi del c/c corrente condominiale per il recupero del credito del terzo, prima di agire ai sensi dell’art. 63 nei confronti dei condomini morosi e poi in esito all’escussione di quelle virtuosi)[3].

  1. La responsabilità

In questa cornice si inserisce la sentenza in esame della Corte di merito di Palermo.

Nel caso de quo il terzo creditore del condominio agisce personalmente e direttamente nei confronti dell’amministratore il quale omette di adempiere alla consegna della documentazione condominiale necessaria al terzo per esperire un’azione esecutiva individuale pro quota al fine di veder soddisfatto il suo credito.

Orbene, il terzo creditore sostiene la sussistenza di una responsabilità personale e diretta  a carico dell’amministratore condominiale.

Tale responsabilità, di natura extracontrattuale, troverebbe, a suo dire, fondamento non tanto nel rapporto di mandato che lega l’amministratore al condominio, bensì nelle disposizioni di legge che regolano i poteri, le attribuzioni e i doveri dell’amministratore condominiale, disposizioni che, nella fattispecie, il ricorrente ritiene siano state violate cagionandogli un danno nel recupero del suo credito.

La Corte territoriale rileva tuttavia che i poteri/doveri dell’amministratore, richiamati dalle norme ex artt. 63 disp. att. c.c. e 1130 co. 1 n. 6 c.c., sono funzionali alla cura degli interessi della compagine condominiale e si esauriscono nel rapporto contrattuale di mandato che lega l’amministratore al condominio.

 Da tali norme non discende una diretta responsabilità dell’amministratore nei confronti del terzo creditore in caso di omessa comunicazione dei dati personali dei condomini.

Infatti, se è vero che la norma individua proprio nell’amministratore il soggetto tenuto alla comunicazione dei dati condominiali  ai creditori insoddisfatti, è pur vero che la lettera di tale norma nulla dice in merito alla responsabilità personale per debito condominiale a cui si esporrebbe l’amministratore in caso di inadempimento.

L’obbligazione ex art 63 cit. deriva pur sempre dal rapporto contrattuale tra amministratore (mandatario) e condominio (mandante).

Né tantomeno una tale forma di responsabilità può discendere, nel silenzio della legge, dal generale dovere di cooperazione e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione: se così fosse, non si comprenderebbe il motivo per cui l’inadempimento di tale obbligazione dovrebbe gravare sulla persona dell’amministratore in quanto distinto centro di imputazione giuridica, piuttosto che sul condominio,  quale autonomo ente di gestione, al quale, com’è noto, neppure in forza della riforma di condominio L.220/12, è stata riconosciuta autonomia patrimoniale perfetta e personalità giuridica.

La giurisprudenza di merito, nel solco tracciato dalla Suprema Corte, fa salva l’azione di rivalsa del condominio quale mandante nei confronti dell’amministratore, mandatario inadempiente.

Peraltro, sottolinea la Corte territoriale, tale interpretazione delle norme citate dall’appellante è confermata dall’appellante stesso: costui infatti, nell’autonomo e separato giudizio ex articolo 702 bis cpc, agisce nei confronti del condominio in persona dell’amministratore (e non nei confronti personalmente di quest’ultimo) per ottenere le comunicazioni previste dall’art 63 disp. att. c.c..

D’altra parte la corte di merito rimarca che è corretto agire nei confronti del condominio e non dell’amministratore per ottenere l’obbligo di cooperazione predetto, in quanto diversamente, ove si agisse nei soli confronti personali dell’amministratore e non del condominio, non si supererebbe l’impasse derivante, per esempio dal mutamento della persona dell’amministratore nelle more ed in pendenza dello stesso giudizio.

Orbene, è possibile affermare che né dalla lettera dell’art 63 cit. né dal generale dovere di cooperazione e buona fede può discendere una responsabilità diretta e personale dell’amministratore nei confronti del terzo creditore del condominio per il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione dei dati personali dei condomini morosi e conseguente, per danno subito dal mancato integrale recupero del credito del terzo.

[1] Cass. 859/1981; Cass. Civ. Sent. 1674/2015.

[2] Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 17983, 14/08/2014.

[3] Tribunali di Reggio Emilia 16/5/2014; Milano 27/5/2014; Pescara 8/5/14 e 17/12/13

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Condominio e tutela del credito