14 Novembre 2023

Nel giudizio di opposizione allo stato passivo non sono ammesse domande nuove

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 7 novembre 2022, n. 32750 – Pres. De Chiara – Rel. Campese

Parole chiave: Fallimento – Accertamento del passivo – Opposizione allo stato passivo – Domande nuove ed emendatio libelli – Inammissibilità

[1] Massima: “Il procedimento di opposizione allo stato passivo è un giudizio di carattere impugnatorio e, come tale, in difetto di una previsione espressa nell’art. 99 l.fall. che lo disciplina integralmente, non consente né l’introduzione di domande nuove, né la cosiddetta emendatio libelli, le quali vanificherebbero, d’altronde, l’obiettivo di semplificazione e celerità perseguito dal procedimento in parola nel rispetto dell’art. 24 Cost.”.

Disposizioni applicate: r.d. 267/1942, artt. 98, 99

CASO

Un avvocato proponeva domanda di ammissione al passivo del proprio credito in via privilegiata per corrispettivi maturati a fronte delle prestazioni rese in favore della società poi dichiarata fallita.

Il credito, ammesso in misura inferiore rispetto a quanto richiesto, veniva successivamente ceduto; la cessionaria proponeva opposizione allo stato passivo, instando per l’ammissione non solo dell’intero credito di cui all’originaria insinuazione, ma anche di ulteriori importi, parte in via privilegiata e parte in prededuzione.

L’opposizione veniva accolta solo parzialmente dal Tribunale di Prato, che rilevava come non possa domandarsi, in sede di opposizione, l’ammissione di somme superiori a quelle inizialmente azionate, né una collocazione del credito diversa da quella chiesta in sede di verifica, vigendo il divieto di introdurre domande nuove.

Il decreto veniva impugnato con ricorso per cassazione dalla cessionaria del credito.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la natura impugnatoria del giudizio di opposizione ex art. 98 l.fall., che si innesta in un procedimento diretto alla celere stabilizzazione dello stato passivo, non consente la proposizione di domande nuove, né la mera emendatio libelli, cosicché non è possibile apportare variazioni anche meramente quantitative al credito, né tantomeno chiedere il riconoscimento della prededuzione non richiesta con la domanda presentata ai sensi dell’art. 93 l.fall.

QUESTIONI

[1] Con l’ordinanza che si annota, la Corte di cassazione affronta il tema dell’ammissibilità e dei limiti della emendatio e della mutatio libelli nell’ambito del giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 l.fall.

La controversia scaturiva dal fatto che l’avvocato che aveva chiesto l’ammissione al passivo dei corrispettivi per prestazioni professionali rese in favore della società fallita aveva visto solo parzialmente accolta la propria domanda; la società cui il credito insinuato era stato ceduto, nel proporre opposizione allo stato passivo, ne aveva prospettato una diversa – e maggiore – quantificazione, instando anche per il riconoscimento di una prededuzione che non era stata chiesta con l’originaria domanda di insinuazione.

L’iter argomentativo sviluppato dai giudici di legittimità prende in considerazione la natura del giudizio di opposizione allo stato passivo e le regole che, di conseguenza, vi risultano applicabili.

Dal primo punto di vista, il carattere impugnatorio del giudizio in parola emerge non solo dal dato letterale (visto che al comma 3 dell’art. 99 l.fall. è prescritto che il ricorso deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione), ma pure dal fatto che, se non è proposta l’opposizione, il decreto del giudice delegato che dichiara esecutivo lo stato passivo acquista la stabilità propria del giudicato, sia pure limitatamente all’ambito endofallimentare.

Deve escludersi, peraltro, che l’opposizione allo stato passivo sia assimilabile all’opposizione a decreto ingiuntivo, come affermato da Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 2022, n. 6279, secondo cui la distanza tra le due opposizioni è incolmabile, visto che, nella prima, il contraddittorio si dispiega fin dall’inizio del procedimento, mentre nel procedimento monitorio è soltanto eventuale, instaurandosi nel caso in cui l’ingiunto svolga opposizione; inoltre l’opposizione allo stato passivo è intrapresa dal creditore che ha visto respinta (anche solo parzialmente) la sua domanda, mentre l’opposizione a decreto ingiuntivo è proposta dal debitore ingiunto, a fronte di un provvedimento che ha provvisoriamente accolto la domanda del creditore; infine, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., mentre il rito che disciplina il giudizio di opposizione allo stato passivo è regolato dall’art. 99 l.fall.

Stante, tuttavia, l’essenzialità della disciplina ivi contenuta, occorre verificare quali delle regole dettate in materia di impugnazioni dagli artt. 323 e seguenti c.p.c. siano applicabili all’opposizione allo stato passivo: pur non essendo quest’ultima assimilabile all’appello, che segue a un giudizio di primo grado a cognizione piena nel quale le parti hanno avuto modo di fare integralmente valere, sotto ogni aspetto, le proprie domande ed eccezioni (mentre in sede di verifica dello stato passivo, che si caratterizza per la sommarietà della cognizione, il contraddittorio è assicurato, ma senza che sia prevista la costituzione del curatore con un difensore ed essendo la difesa tecnica del creditore solo eventuale), sono proprio le disposizioni che si occupano di tale mezzo impugnatorio (inteso quale strumento volto a denunciare sia l’illegittimità che l’ingiustizia della decisione gravata) a venire in considerazione, ove non emergano esigenze di specialità e di autonomia della procedura concorsuale che trovino nella relativa disciplina apposita e distinta regolamentazione.

L’introduzione di domande nuove in appello, fatta eccezione per limitatissimi casi (che riguardano richieste meramente consequenziali in tema di accessori e danni maturati dopo la sentenza impugnata), è esclusa dall’art. 345 c.p.c.; è invece ammessa la diversa quantificazione o specificazione della pretesa, fermi restando i fatti costitutivi addotti in primo grado, non comportando ciò la prospettazione di una nuova causa petendi (e, quindi, una mutatio libelli), ma una mera emendatio libelli.

Tuttavia, volgendo lo sguardo alla disciplina fallimentare, il carattere impugnatorio dell’opposizione allo stato passivo, in assenza di un’espressa previsione – nell’art. 99 l.fall. – della facoltà dell’opponente di proporre domande nuove, è già di per sé indice significativo dell’inammissibilità non solo di domande nuove, ma, più in generale dello ius variandi dell’opponente.

Infatti, dall’art. 99, comma 2, n. 3), l.fall., a mente del quale il ricorso deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni, si evince che l’atto introduttivo non è destinato a ospitare domande o sue modifiche, bensì solo circostanze di fatto e argomenti di diritto finalizzati all’accoglimento dell’impugnazione, vale a dire censure dirette a sollecitare l’accoglimento della domanda che, nella fase precedente, il giudice ha disatteso (in tutto o in parte).

Ciò si pone in perfetta coerenza con il sistema delineato dall’art. 93 l.fall., il cui comma 3 stabilisce che la domanda di ammissione al passivo di un credito si propone con ricorso contenente la determinazione della somma che si intende insinuare (cioè il petitum), nonché la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda (cioè la causa petendi che sostiene quel petitum), trattandosi degli elementi caratterizzanti gli atti introduttivi delle domande proposte in procedimenti a cognizione piena.

L’art. 94 l.fall., d’altro canto, prevede che l’istanza di insinuazione produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento, ossia per la durata dell’intera procedura concorsuale, traendosi conferma del fatto che non vi è altra sede per proporre una domanda idonea a produrre analoghi effetti nei confronti del fallimento.

L’art. 95 l.fall., inoltre, afferma che il curatore esamina le domande dei creditori e deposita il progetto di stato passivo, mentre il giudice decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate e avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati: è in questa sede, pertanto, che si cristallizza la decisione, in ossequio al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fatte salve le eccezioni rilevabili d’ufficio.

Il fatto, poi, che, secondo quanto stabilito dall’art. 98 l.fall., l’opposizione allo stato passivo consentita al creditore che abbia visto disattesa la sua domanda di insinuazione sia proponibile nei confronti del solo curatore, conferma ineluttabilmente, sul piano sistematico, l’inammissibilità di domande nuove o anche di una mera emendatio libelli, giacché gli altri creditori non avrebbero la possibilità di interloquire, come, invece, hanno diritto di fare secondo l’art. 95 l.fall.

La necessità – evincibile dalla disciplina dettata dagli artt. 98 e 99 l.fall. – che l’opposizione allo stato passivo sia quanto più possibile semplificata (essendo prevista l’adozione di un decreto, provvedimento che esige un minimo supporto motivazionale) e scevra da complicazioni procedurali non indispensabili, esclude l’ammissibilità di attività volte alla successiva definizione del thema decidendum e del thema probandum e, dunque, domande nuove o anche solo modificate.

Occorrendo che lo stato passivo trovi al più presto una definitiva stabilità, quale condizione indispensabile affinché il procedimento fallimentare possa conseguire il suo esito, se si ammettesse la proposizione di domande nuove o anche una mera emendatio libelli con l’opposizione allo stato passivo, la stessa utilità della precedente fase verrebbe a esserne travolta, dal momento che il creditore potrebbe mutare radicalmente il petitum o la causa petendi, oppure apportare maggiorazioni quantitative alla sua domanda, pur lasciandone inalterati i fatti costitutivi, costringendo a ripetere lo scrutinio di fondatezza già effettuato dal giudice delegato nella fase di verifica, peraltro senza contraddittorio con gli altri creditori che hanno chiesto l’insinuazione.

Anche la mera modifica quantitativa della domanda, dunque, non può considerarsi ammessa, essendo inapplicabili, per la descritta peculiarità che caratterizza il giudizio di opposizione allo stato passivo, i poteri di mutatio ed emendatio libelli attribuiti alle parti nel procedimento di cognizione ordinaria.

Nel caso di specie, pertanto, è stata correttamente disattesa la pretesa dell’opponente di vedere ammessi crediti superiori a quelli oggetto della domanda di insinuazione originariamente proposta, ovvero in prededuzione senza che una tale richiesta (che, attenendo a un elemento costitutivo della causa petendi, implica l’introduzione nel giudizio di un diverso tema di discussione e d’indagine, visto che credito privilegiato e credito prededucibile hanno presupposti differenti) fosse stata avanzata dal creditore con la domanda ex art. 93 l.fall.

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